Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ciò che c’è e ciò che manca
L’ Alla fine il film su Bettino Craxi arrivò. Tanta attesa in parte delusa. Ciò che non delude. Lo straordinario combinato disposto della capacità tecnica dei truccatori e della capacità recitativa di Favino. Il trucco estremo, in pratica una maschera, non si sovrappone all’attore. Ne esalta, al contrario, l’anima professionale. Postura e movenze perfette riescono a comunicare efficacemente la densità emotiva del personaggio. Ed esaltano la parte migliore del film. Quella in cui si esprime il rapporto d’amore padre-figlia. È l’interpretazione di Favino che tiene in piedi il rapporto, colmando anche buchi di sceneggiatura e di regia. Trasuda tenerezza anche quando i contrasti si fanno aspri. Partner adeguata di questa «relazione amorosa» è Livia Rossi nella parte di Anita, alias Stefania Craxi. La parte buona del film è tutta qui. Per il resto, sul piano generale, il film delude. Manca di tensione, manca di ritmo. Questo accade anche quando ci sono le brevi parentesi di vita politica. Criptico e fintamente complesso appare il dialogo con il segretario amministrativo durante il congresso del Partito socialista. Un bravissimo e addolorato Giuseppe Ceserna non è sufficiente perché il film faccia un salto di qualità. Altrettanto accade nel dialogo con l’amico politico che si reca ad Hammamet. C’è Renato Carpentieri, non di più. La parte più carente del film è poi il rapporto con Fausto, il figlio del segretario amministrativo morto suicida. Questo rapporto, secondo l’intenzione del regista e degli sceneggiatori, dovrebbe essere la ciliegina psicoanalitica. Anche per la recitazione del Fausto attore il tentativo fallisce. Abbiamo amato Gianni Amelio in molti suoi film. Siamo certi che riprenderemo ad amarlo in futuro. Dobbiamo comunque ringraziarlo poiché nella chiusura felliniana del film ci ha regalato l’ultima recita del grande Omero Antonutti.