Corriere del Mezzogiorno (Campania)
QUANTO CI MANCA LA NORMALITÀ
Poi tutto ritornerà alla normalità, tutto come scorreva prima. E ci riprenderemo la «nostra vita di sempre» come scriveva ieri Antonio Polito sul Corriere della Sera di mercoledì scorso. Oggi ci mancano gli abbracci, i baci sulle guance, il calore dei luoghi affollati, la vita di strada. Tutto è stato fermato, finanche i corsi di formazione e le presentazioni di libri laddove il virus ancora non ha colpito: a Napoli come a Milano anche la cultura è diventata fonte di contagio. O forse lo è sempre stata, per definizione. E noi meridionali, noi che abbiamo il Mediterraneo nel sangue e una canzone sempre nella testa, ne soffriamo ancora di più, e in questi giorni di quarantena sociale rivalutiamo il senso di uno stile di vita che davamo per scontato. Aspettando il dopo virus mi chiedo però se è davvero un ritorno alla normalità ciò che auspichiamo in questa città immobile, che mai è stata «normale». Oppure se questa lezione che ha allentato le maglie sociali del mondo disidratando le relazioni, qualcosa ci avrà insegnato. Qualcosa che reclama una nuova e diversa normalità: ritrovare il senso della comunità, il valore del bene comune, riappropriarci degli spazi pubblici, piantare alberi, rigenerare la città per fare strade più linde, trasporti più affidabili, trasformare movide e caos in allegra leggerezza presidiata da regole condivise. Tornare per le strade e cominciare a costruire l’amore per la bellezza. Una bellezza che non è il lungomare, ma un modo di essere città, centro e periferia, sopra e sotto, dentro e fuori. Dopo il virus l’ambiente di domani sarà differente? Avremo compreso quanto la corsa all’accaparramento, alla speculazione, il culto dell’ignoranza amplificato dai social, annientano il nostro diritto di cittadinanza, e quanto valore invece hanno la responsabilità, il rispetto delle competenze, la corretta informazione? Perché è proprio nelle emergenze e nei momenti di crisi che viene fuori il meglio o il peggio di un popolo.
Se la nostra tendenza si è rivelata quella di scatenarci nella caccia all’amuchina e lasciare bambini senza asilo e ragazzi senza scuole, se è stata quella di disertare clamorosamente le urne e di affollare uno stadio, o peggio ancora di vendicarci dell’atavico razzismo subìto, rovesciandolo verso il Cinese o il Milanese e chiudere le nostre isole al Veneto e al Lombardo, il corona virus ci offre l’opportunità di fermarci un attimo per riflettere se domani potrà essere differente.
A Napoli il ritorno alla normalità sarà riprendersi una città intessuta di relazioni, di caffè sospesi e di abbracci e baci per strada. Ma non lasceremo i materassi a marcire sotto i palazzi, depositeremo i rifiuti negli orari previsti, pagheremo tutti le tasse comunali e saliremo su bus, tram e treni nuovi di zecca. Andremo a votare un nuovo Governatore e un nuovo Sindaco con percentuali sardiniche, ma questa volta non voteremo per leader senza umiltà, né sceglieremo l’onestà senza la competenza.
Caro amico del Corriere del Mezzogiorno ti scrivo, “e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò. Qualcosa ancora qui non va. Si esce poco la sera compreso quando è festa, e c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra, e si sta senza parlare per intere settimane”. Grazie Lucio Dalla, per ricordarci che il dopo virus dovrà portarci «una trasformazione, e tutti quanti stiamo già aspettando…».
I virus mutano e gli umani no? Nell’eterna lotta tra virus e umani vincerà chi fa del cambiamento e non dell’inerzia il proprio modo di essere. Ma come accade nei virus il cambiamento comincia da dentro. Non dal Sindaco o dal Governatore, ma da ciascuno di noi.