Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Le forche caudine della paura Perché tenere le scuole chiuse alimenta la psicosi nel Sannio
Carissimi amici del Corriere del Mezzogiorno, se vengo in redazione mi fate entrare o mi considerate un appestato? No, non sono impazzito; semmai, è il mondo che mi circonda che dà evidenti segnali di squilibrio.
Io sono di Sant’Agata dei Goti e abito in questo «centro di studi e d’arte antica culla» ma i santagatesi al tempo del Coronavirus non sono graditi al di là delle Forche caudine.
Infatti, come titolava l’altro giorno il quotidiano beneventano Il Sannio - «Sei di Sant’Agata? Non venire in clinica» -, il personale di una struttura sanitaria irpina ha invitato i parenti di una donna lì ricoverata a non recarsi in ospedale. Qualche giorno fa, invece, l’avvocato santagatese Lucrezia d’Abruzzo era stata isolata in tribunale «perché viene da Sant’Agata». Cosa c’è a Sant’Agata dei Goti che fa paura? Nulla. Ci sono semplicemente, come in tutta la Campania e in gran parte d’Italia, le scuole chiuse. Allora, siccome un’epidemia si vince usando la ragione e non perdendo la testa, conviene raccontare bene la storia che attraverso Sant’Agata dei Goti ci parla dell’Italia intera.
Il sindaco santagatese, Giovannina Piccoli, ha deciso di chiudere le scuole per due motivi. Primo: perché un compaesano insegna a Casalpusterlengo e la settimana scorsa è stato in visita a Sant’Agata. Secondo: perché, sempre la settimana scorsa, due scolaresche sono state a Verona ed a Milano.
La scelta di chiudere le scuole non è esagerata ma immotivata: bastava, infatti, tenere in quarantena le scolaresche ed i docenti accompagnatori e lasciar trascorrere come sempre la vita del paese. Quanto poi al santagatese che insegna in Lombardia, è acclarato che sta bene e non è infettato da nulla. Purtroppo, il sindaco si è adeguato al clima nazionale in cui il virus più letale non è il
” La prima vittima è la vita sociale, qualcuno è visto come untore e inizia il terrore
Coronavirus ma il panico generato da una bolla mediatico-politica che non ha permesso fin da subito di focalizzare l’attenzione su i due fattori determinanti per tenere sotto controllo e per debellare la diffusione dell’infezione: la perimetrazione dei focolai e lo stop dell’epidemia che si ha quando una persona infetta ne contagia meno di un’altra.
Il caso santagatese è universale. Proprio i ragazzi delle scuole chiuse sanno, per averlo letto forse nei romanzi di Manzoni e di Boccaccio, che al tempo del contagio pestilenziale la prima vittima è la vita sociale: nessuno si fida più dell’altro e qualcuno è visto come untore e qualcun altro come capro espiatorio.
Ma per comportarsi in questo modo irrazionale davvero non c’è alcun motivo. Al contrario, è necessario conservare il «ben dell’intelletto» e conoscere la logica del contagio che così si argina, circoscrive e smonta.
Le istituzioni, da quelle nazionali a quelle regionali per giungere ai comuni, non devono compiere scelte immotivate, come la chiusura delle scuole, altrimenti loro stesse generano insicurezza e panico che, scendendo per li rami, instupidisce e imbarbarisce la vita civile. Dunque, prima cosa: si ritorni a scuola.