Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA NORMALITÀ DI RINO E IL RIFIUTO DELLA FILOSOFIA
Gattuso non riesce neanche a pronunciarla la parola «gattusismo», ed è un segnale positivo. Il suo imbarazzo è palese rispetto a un marchio che non gli appartiene. Del resto, piace per la sua semplicità, per l’ostentazione della normalità. Per il rifiuto di una filosofia che innalzerebbe un concetto di gioco che in questo momento è ancorato soltanto a criteri di funzionalità e non esprime dettami tattici codificati. L’allenatore del Napoli ha la sua idea di gioco, oggi però ha un interesse preminente: far punti. Le vittorie ultime nascono infatti da una squadra che è dovuta ripartire da zero, con umiltà e sempre con il massimo rispetto degli avversari. Si è detto tanto di strategia difensiva, dell’intramontabile catenaccio, in realtà il modo in cui Gattuso schiera i suoi uomini è l’unico possibile in questo momento. Certo, la squadra che inizia a giocare da dietro, che insiste nel palleggio, che si trova (tutta) a dover svolgere la doppia fase, è il risultato di un lavoro rigoroso e soprattutto asfissiante. Ma non c’è nulla di filosofico in un contesto in cui si è passati dal sarrismo all’ancelottismo. Meno male, viene da dire. Perché se Gattuso dovesse perdere la sua normalità (o semplicità) svilirebbe il ruolo per il quale è stato chiamato e anche la mission che si è prefissato. La sfida con il Torino aggiungerà un ulteriore tassello al mosaico che ha appena cominciato a comporre, ma l’altra buona notizia (oltre al rifiuto del gattusismo) è la serenità nell’approccio all’ambiente e al club. Ha detto che a Napoli sta bene e ha auspicato anche di restare a lungo. Ma non può fare affidamento sul contratto che è breve (il 31 maggio il club potrebbe liberarlo con una piccola penale) ma sui punti che la squadra avrà conquistato. Con normalità.