Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA NORMALITÀ DI RINO E IL RIFIUTO DELLA FILOSOFIA

- Di Monica Scozzafava

Gattuso non riesce neanche a pronunciar­la la parola «gattusismo», ed è un segnale positivo. Il suo imbarazzo è palese rispetto a un marchio che non gli appartiene. Del resto, piace per la sua semplicità, per l’ostentazio­ne della normalità. Per il rifiuto di una filosofia che innalzereb­be un concetto di gioco che in questo momento è ancorato soltanto a criteri di funzionali­tà e non esprime dettami tattici codificati. L’allenatore del Napoli ha la sua idea di gioco, oggi però ha un interesse preminente: far punti. Le vittorie ultime nascono infatti da una squadra che è dovuta ripartire da zero, con umiltà e sempre con il massimo rispetto degli avversari. Si è detto tanto di strategia difensiva, dell’intramonta­bile catenaccio, in realtà il modo in cui Gattuso schiera i suoi uomini è l’unico possibile in questo momento. Certo, la squadra che inizia a giocare da dietro, che insiste nel palleggio, che si trova (tutta) a dover svolgere la doppia fase, è il risultato di un lavoro rigoroso e soprattutt­o asfissiant­e. Ma non c’è nulla di filosofico in un contesto in cui si è passati dal sarrismo all’ancelottis­mo. Meno male, viene da dire. Perché se Gattuso dovesse perdere la sua normalità (o semplicità) svilirebbe il ruolo per il quale è stato chiamato e anche la mission che si è prefissato. La sfida con il Torino aggiungerà un ulteriore tassello al mosaico che ha appena cominciato a comporre, ma l’altra buona notizia (oltre al rifiuto del gattusismo) è la serenità nell’approccio all’ambiente e al club. Ha detto che a Napoli sta bene e ha auspicato anche di restare a lungo. Ma non può fare affidament­o sul contratto che è breve (il 31 maggio il club potrebbe liberarlo con una piccola penale) ma sui punti che la squadra avrà conquistat­o. Con normalità.

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