Corriere del Mezzogiorno (Campania)
PRESUNTI STRATEGHI A SINISTRA
Vicenda singolare quella di Sandro Ruotolo, eletto senatore nelle suppletive di domenica scorsa. Il trionfalismo dei suoi sostenitori è fuori luogo. Ha poco senso enfatizzare una vittoria del 48% su meno del 10% di votanti. L’affluenza irrisoria è un grave vulnus della democrazia. E imbarazzanti sono le giustificazioni per mitigarne la portata: sempre pochi votanti alle suppletive; napoletani recalcitranti alla partecipazione democratica causa ignoranza, indifferenza, qualunquismo, pigrizia ecc. Vero, ma l’affluenza così bassa pesa e preoccupa. Non si dubita che di quel collegio Ruotolo abbia la legittima «rappresentanza», ma la poca affluenza equivale a ridotta «rappresentatività» politica. Non sorretta dall’intenzione di Ruotolo d’iscriversi al gruppo misto del Senato, sebbene a favore del governo. Egli però a Napoli preferisce non scegliere e mantenersi equidistante da quanti l’hanno sostenuto, tutti in guerra tra loro (Pd; Italia Viva; Leu; cespugli locali come DeMa ecc.). In effetti la vicenda di Ruotolo oltrepassa l’elezione suppletiva e s’immerge nella lotta a sinistra sule regionali di maggio.
Si spiega così il trionfalismo di de Magistris, che per primo si è autocelebrato per la vittoria di Ruotolo: «suo» il candidato; «suo» il laboratorio dell’alleanza vincente; «suo» il successo nella «sua» riserva elettorale (Vomero-Arenella). Naturale ergersi a demiurgo della consultazione regionale e pretendere che il Pd, all’opposizione in Comune, accetti il suo progetto: «coalizione civica» coi cinquestelle e «candidato condiviso», quindi non Vincenzo De Luca antipatico e divisivo. E’ probabile che, in quest’operazione, de Magistris tenterà di utilizzare il «suo» senatore Ruotolo, che ha fatto eleggere. La fantasia di de Magistris pare non avere limiti. L’aspirazione a inventare strategie o, meglio, tattiche politiche è legittima, ma sproporzionata per eccesso rispetto ai frutti delle sue esperienze, a cominciare proprio dal fatto che Ruotolo è stato eletto col 9,5% dei votanti. Vero è che, a suo tempo, de Magistris fu eletto sindaco dalla maggioranza di una minoranza di votanti: molto meno del 50%. Eppure è rimasto lungamente sulla cresta dell’onda. Forse però, dopo il disastro di nove anni di governo di Napoli, non è amato quanto pensa, se non è riuscito a far votare nemmeno i suoi fan vomeresi e ora non controlla più il Consiglio comunale, nonostante i tanti rimpasti. Che dire poi dell’infelice iniziativa con Ingroia? Acqua passata, ma Ruotolo se ne ricorda.
Infine alcuni cronisti dicono che de Magistris ha sì proposto Ruotolo, ma poi la vera campagna l’ha fatta il Pd. Non si capisce allora la sua pretesa di dettare le regole per la candidatura regionale. Parlare con Zingaretti e Franceschini bypassando il segretario dem napoletano Sarracino, più che la sua alta statura politica, rivela il suo strano concetto della democrazia nei partiti. Anche il suo legame col presidente della Camera Fico non è detto che gli serva a molto, giacché lo stesso M5S non gode buona salute.
Conquistato nel 2018 il collegio ora di Ruotolo, alle suppletive ha sbagliato i conti e con la solita supponenza ha sostenuto un suo candidato arrivato addirittura terzo, dopo la destra. Stante quell’infima affluenza, una débàcle senza precedenti. Che però non pare avergli insegnato molto: imperterrito, per la regione propone presidente il ministro Costa e pretende che il Pd lo sostenga, eventualmente scambiandolo — tramite un vertice OrlandoCrimi — col candidato di un’altra regione. In pratica in Campania sogna l’annessione. Poco meglio sta il Pd. E’ vero che per l’elezione di Ruotolo un certo trionfalismo l’ha mostrato anche Sarracino — pur sempre fuori posto, visto che nemmeno lui ha portato alle urne molti votanti — ma, se il Pd è il primo partito ed è in risalita, un po’ di soddisfazione si può capire. Se non altro perché ha in mano qualche carta in più da giocare se saprà agire con fermezza cautela e un pizzico di scetticismo. Per adesso, ribadito il sostegno del Pd a De Luca, Sarracino vuole allargare il campo della sinistra partendo dai programmi. Una pia illusione: M5S e DeMa di programmi di solito o non parlano o li millantano con la tipica vaghezza dei populisti.
Insomma ciascuno degli attori recita per se stesso e la divisione ora è profonda. Difficile che il Pd possa cedere su De Luca. Sia perché lo statuto ne prevede la candidatura automatica. Sia perché non candidarlo vorrebbe dire rinnegare cinque anni di governo Pd, tutto sommato non cattivo. Sia perché De Luca dice chiaramente che si ricandiderà in ogni caso. Intenzione prematura e temeraria che, se attuata, farebbe male a lui e al Pd e proprio mentre il partito sta risalendo nei sondaggi. Per completare il quadro, non si può escludere un accordo tra de Magistris e M5S. Solo che il primo, non ricandidabile a sindaco, pensa al suo futuro politico. Che fa? Si candida direttamente o sostiene il candidato dei 5S? E in cambio di che? Sui termini di un tale accordo è impossibile ogni previsione, benché a prima vista appaia difficile che due mezze-forze riescano a fare una forza intera. A questo punto, in Campania, le possibilità di vittoria di un centrodestra «unito» — altra ipotesi ardita — aumentano per le divisioni del centrosinistra. Al quale potrebbe anche giovare la terapia d’urto dell’opposizione: avrebbe il tempo di far ragionare taluni suoi presunti leader che si ritengono grandi strateghi, ma non hanno truppe. Come dire: mire da generale e mezzi da soldato!