Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Bottone e la storia dell’editor «sedotto» dalla sua allieva
Appena pubblicato il nuovo romanzo di Vladimiro Bottone, storia di una sottile (e talvolta pericolosa) seduzione tra maestro e allieva
Vladimiro Bottone lascia da parte la materia storica, che pure ha mostrato di padroneggiare nei suoi ultimi fortunati romanzi Vicaria e Il
giardino degli inglesi, e si produce in un affresco dei nostri tempi, declinato dalla prospettiva della geometria amorosa. In realtà quello al centro di Non c’ero mai stato (appena pubblicato dalle edizioni Neri Pozza) non è proprio o non solo un rapporto d’amore. C’è molto altro nel legame che prende forma tra Ernesto, editor di valore alle soglie della pensione, e la seducente Lena Di Nardo, enigmatica figura che piomba nella vita metodica del professionista della scrittura.
Con un suo stile elegantemente démodé, l’editor cinquantanovenne conduce una esistenza lontana da passioni troppo incandescenti e coinvolgimenti eccessivi. Non trascura i piaceri sensuali, che placa tra le braccia della vivace brasiliana Jucara e della più algida (almeno fino a un certo punto del libro) Eliana, posillipina altoborghese. Donne che non pretendono esclusività di attenzioni. Lena invece approda da Ernesto per dargli in lettura il suo romanzo. Dopo un primo rifiuto, è lui a richiamare la ragazza dalla chioma rossa, efelidi e carnagione lattea, e a proporle una sorta di apprendistato, un rapporto «pedagogico», per trarre dal libro di Lena il nucleo di talento e ripulirlo da quello che narrativamente «non funziona». Lena, fin dalle prime battute, non si mostra per nulla una discepola umile e pronta a subire la seduzione del maestro, anzi è Ernesto a diventare via via succube della ragazza, nonché del singolare rapporto.
Del resto è proprio lui a mettersi spesso in condizione di sudditanza verso donne che non gli dimostrano alcuna affezione, a partire dalla signora delle pulizie, malmostosa e ribelle. E da una zona d’ombra del passato emerge a tratti un’altra figura femminile che ha segnato la vita dell’uomo.
Bottone scandaglia la progressiva, vertiginosa caduta di Ernesto nelle maglie della fascinazione di Lena, e parte di questo itinerario viene svelato in parallelo a un altro percorso, quello che avviene «dentro» l’officina dello scrittore, chiarendo certi meccanismi che portano alla configurazione di un prodotto adatto ad affrontare le librerie, in un sofisticato gioco metaletterario. All’inizio Lena difende la propria identità e la propria visione del mondo, alle quali non è disposta a rinunciare in nome delle esigenze di mercato. Una posizione che Ernesto giudica acerba e presuntuosa, ma poi sarà proprio Lena a portare l’editor nel suo territorio, quello dove lui «non era mai stato», sia sul piano artistico sia su quello esistenziale. L’«iniziazione» di Ernesto avviene attraverso l’esplorazione di un mondo percorso da forze telluriche e trasgressive, un mondo periferico e dionisiaco, contrapposto a quello apollineo dove l’editor abita, nel paradiso luminoso della sua terrazza affacciata su corso Vittorio Emanuele e sul panorama del golfo. La presenza di Napoli nel romanzo è discreta ma significativa: la città non è mai solo una quinta teatrale e riesce a connotare situazioni e luoghi con la sua doppia natura, lazzara e aristocratica. È uno dei tanti elementi di forza in qualche modo dichiaratamente inattuale perché lontano da mode, sperimentalismi e strizzatine d’occhio al lettore. Bottone tira dritto per la sua strada, a costo di evitare soluzioni narrativamente facili o troppo comode: lo dimostrano anche la corposità del libro e l’ampiezza delle parti argomentative. Il risultato è forte e di un’autenticità che convince, confermando la vena versatile e il talento dell’autore napoletano, spesso ironico e apparentemente distaccato, ma pronto a farsi sorprendere dalla vita e a sorprendere noi con il suo racconto.