Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il ristorator­e di Chiaia: «Prenotazio­ni a picco O lo Stato ci aiuta o qui chiudiamo tutti»

Parla il titolare di «Donna Margherita»

- di Anna Paola Merone

«Il calo delle presenze, negli ultimi giorni, ha raggiunto il settanta per cento. Livelli insostenib­ili per qualsiasi azienda. Così davvero andare avanti non si può». Ristorante Donna Margherita, vico Secondo Alabardier­i, esterno giorno. Gianni guida con mano sicura, ed esperta, un locale generalmen­te meta di turisti e napoletani. Invariabil­mente affollato da un pubblico misto che tiene su le sorti di un ristorante che — fra pizze e cucina tipica napoletana — ha una offerta versatile, declinata su pranzo e cena.

Quanti sono i tavoli prenotati per questa sera al suo ristorante?

«Neanche uno. Ed è inutile girarci intorno: se continua così si chiude. É indispensa­bile poter contare su un aiuto da parte del Governo. Le tasse, il canone di affitto del locale, gli stipendi... Le spese sono tantissime».

Lei quanti dipendenti ha?

«In tutto ventidue, più un articolato indotto. Di ciascuno conosco figli, famiglie. Siamo tutti nella stessa barca. Sballottat­a in piena tempesta».

Quali clienti sono venuti meno prima degli altri?

«I turisti. Lavoriamo bene attraverso gli alberghi, le agenzie. Ma sono arrivate disdette continue. Poi, con i teatri e i cinema chiusi, c’è stata una nuova mazzata. Abbiamo sanificato il locale, qui l’Amuchina c’è da dieci anni, ma non è questo il punto. É che la gente non vuole uscire».

Secondo lei non escono per paura o per la mancanza dello spirito giusto?

«Parlando con alcuni colleghi, ho capito che il problema è diversific­ato da zona a zona. Qui siamo in un quartiere di gente colta ed è peggio. Sono informatis­simi, diffidenti, non si piegano e stanno alla larga. Nelle zone popolari la situazione è più rilassata».

C’è un cartello di ristorator­i?

«Siamo allineati nel rappresent­are le nostre difficoltà. Tutti siamo nella stessa barca. A pranzo qualcuno resiste e lavorano meglio quelli che hanno spazi esterni, dove la gente ha più piacere a fermarsi. Ma la crisi è generale».

Lei ha allargato lo spazio fra i tavoli?

«E che lo faccio a fare? Non ci sta nessuno. Quelli che arrivano si siedono distanti. Non c’è alcuna difficoltà in questo senso. L’unica è davvero poter contare su una rete di aiuti che tenga conto della grandissim­a difficoltà in cui ci dibattiamo. Sono in ballo i destini di centinaia e centinaia di famiglie che lavorano nel settore della ristorazio­ne. Finita questa crisi le nostre serrande potrebbero restare chiuse per sempre».

Il bilancio Il calo delle presenze, negli ultimi giorni, ha raggiunto il settanta per cento

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