Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La crisi del turismo investirà anche i vini
Siamo nella fase più incerta della diffusione del virus Covid-19 nel nostro Paese. Eppure non abbiamo alcun elemento per ritenere che si sia toccato il culmine della crisi. Nelle strade regna un silenzio surreale. La vita si va spostando entro le mura domestiche. Le relazioni esterne si svolgono con la rarefazione e la circospezione che caratterizza eventi gravi.
Le attività di studio dei più giovani sono confinate in casa, come durante la guerra. Oggi per fortuna abbiamo strumenti più potenti, che non richiedono contatti personali. Eppure quel clima riaffiora dai racconti dei nostri anziani. Gli effetti che si stanno producendo non sono purtroppo soltanto quelli che oggi percepiamo. Ve ne sono altri che vanno maturando sottotraccia. E alla fine verranno in superficie, come in un altrettanto surreale dopoguerra, in cui avremo l’onere di ricostruire un’economia che nel frattempo si sarà ulteriormente indebolita.
In questi giorni si è dibattuto sui disastri patiti dal comparto turistico. Il mondo del vino presenta caratteristiche almeno altrettanto preoccupanti. In primo luogo, è noto il legame dei consumi dei vini di pregio con l’andamento del turismo. Essi sono commercializzati ampiamente attraverso i canali HoReCa, dunque un blocco di attività di alberghi, ristoranti e spostamenti in genere produce un impatto negativo immediato sugli ordinativi indirizzati ai produttori. Il rallentamento delle consegne provoca un appesantimento delle giacenze, peraltro proprio nella fase di avvio dell’anno commerciale, che dovrà quest’anno rinunciare alle aperture pasquali.
Il nostro settore non può, come altri comparti, congelare le attività e attendere la ripresa dei mercati. I vini in cantina sono in fase di élevage, le loro lavorazioni non possono essere interrotte, e analogo discorso vale per le attività di gestione della vigna. Non dar corso alle pratiche agronomiche significa porre a rischio i raccolti successivi. Non bisogna esser maghi del management per comprendere che i costi nei prossimi mesi continueranno a lievitare, a fronte di ricavi che si contraggono.
Ci sono poi ulteriori vincoli connessi agli investimenti in corso. Gli impianti di vigneti vanno realizzati entro i termini imposti, a pena di decadenza dall’autorizzazione pubblica. Dunque anche quegli impegni non possono essere elusi. Così accade pure per gli investimenti in promozione, soggetti a scadenze rigide, che stanno decorrendo nell’impossibilità per gli operatori di attuare i propri programmi, a causa dei blocchi in atto sui mercati e della ridotta mobilità internazionale. Gli operatori stranieri hanno cancellato le trasferte italiane, i più importanti eventi fieristici sono stati annullati, dagli Stati Uniti sono pervenuti messaggi chiari di indisponibilità ad accogliere visite di produttori italiani.
L’effetto combinato di tutti questi segnali, pericolosamente convergenti, non può che essere un appesantimento per l’intero comparto. Quando si giungerà a ridosso della nuova vendemmia, i ritardi nella commercializzazione dei vini e l’aumento delle giacenze si riverbereranno anche sulla fase di raccolta delle uve, con rischi di crisi anche alla produzione agricola. Questa dinamica, s’intuisce, avrà effetti oltre l’orizzonte dell’anno in corso.
La filiera vino è senza dubbio bella e affascinante, ma ad un tempo vulnerabile e complessa. E il vino è un bene voluttuario, non possiamo dimenticarlo. È un’economia ramificata, presente in tutto il territorio nazionale, con un impatto occupazionale rilevantissimo in buona parte fra i giovani. È bene che la filiera istituzionale metta in campo le sue migliori professionalità per far fronte a questi scenari a breve e medio termine, perché per il comparto si prospetta una stagione non semplice.