Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La Maschera in mascherina, Pulcinella sfida il virus Appello civico in terracotta dei pastorai Quagliarella
«Ragazzi, fate come lui: rispettate ogni regola»
La Maschera e la mascherina. Ieri Pulcinella ha coperto il suo naso adunco, fallico e apotropaico con il presidio sanitario. Decumanus
maior spettrale: a pochi metri dal punto in cui via dei Tribunali s’apre in piazza San Gaetano, facendo spazio alla discesa di San Gregorio Armeno, i maestri pastorai Quagliarella, benché nella solitudine da quarantena, senza un turista nemmeno a regalargli un litro di Amuchina, hanno trovato la sintesi simbolica del preciso momento storico che attraversa il mondo e Napoli città-mondo. Di questa urbe il furbo ma altruista, fannullone ma eroico, ribelle ma sottomesso personaggio acerrano o atellano è personificazione nel senso etimologico del temine (dal latino persona, ovvero maschera). E se Napoli si riscopre capace di rispettare le regole imposte dal governo — signò nun mo’ spettavo che rimaneven ‘a casa, ha detto un tassista orgoglioso — Pulcinella alza il vessillo della nuova battaglia, inforca il presidio medico e Maschera su maschera affronta la nuova emergenza. Lui che era un «pollecino» appena nato durante la peste del 1656 — la prima commedia che lo vede protagonista viene pubblicata nel 1632 — ora sfida il Coronavirus rispettoso sì ma beffardo, come chi è uscito da catastrofi peggiori e incoraggia gli altri a farcela. E lo fa attraverso i maestri Quagliarella, unici insieme a un altro paio, a restare in bottega con tanto di mascherina sul viso: «Vogliamo testimoniare che Napoli ce la farà e lanciamo un appello: manteniamo le distanze di sicurezza e laviamo bene le mani. E lo diciamo soprattutto ai giovani che sottovalutano l’emergenza. Cerchiamo di essere solidali con noi stessi e con gli altri».
Per questo i Quagliarella hanno anche scritto un cartello che accompagnerà il Pulcinella appena sarà cotto: ieri era ancora in argilla viva, appena plasmato dalle loro sapienti mani. Dovrà, poi, essere laccato ed esposto con queste parole: «Siamo tutti sani in questa bottega, ma responsabilmente indossiamo la mascherina per limitare il contagio del virus. Fatelo anche voi, è un gesto di amore e di rispetto».
Mentre s’accende il forno per il Pulcinella di terracotta s’accendono anche le suggestioni interpretative. La vitalissima relazione tra la Maschera e la cronaca: Pulcinella non poteva rimanere fuori da questo pandemonio di pandemia.
Il suo rapporto con il divino, il soprannaturale, la vita sempre sull’orlo della morte sbeffeggiata con la voce nasale, querula e impenitente di un maschio che è anche femmina, di un uomo che è anche pulcino e uovo stesso su cui si regge la sua città. Pulcinella, non personaggio ma «collezione di personaggi» secondo Benedetto Croce, rappresenta anche la metamorfosi per eccellenza e la capacità di rinascere da se stessi. E se il filosofo ne aveva intravisto la fine, ora la Maschera con la mascherina, già risorta mille volte, pare rispondergli con la voce roca del Pino Daniele ventiduenne in Suonno d’aiere: «Ma nun è u vero\ Ca ie so’ fernuto».