Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Vi racconto cos’è la gioia al tempo del Covid-19
Cos’è la gioia? Dico, normalmente, quand’è che possiamo dire d’essere felici? La vittoria della squadra del cuore, una serata con gli amici, incontrare l’amore.
I grandi classici, quelli che tutti conosciamo. Ma ora, in questo periodo, cos’è la gioia? Le partite sono sospese, le serate con gli amici vietate da decreto legge, l’amore — a meno che non ce l’abbiate dentro casa con voi in quarantena — fuori non lo potete incontrare, perché ora, semplice, un fuori non c’è. C’è solo un dentro. Mi sono sorpreso a sentirmi in colpa, ieri, perché mentre pulivo il lavandino della cucina ho accennato un ancheggiamento sinuoso (per quanto possa essere sinuoso un maschio europeo, bianco, 35 anni, che ancheggia), iniziando a cantare una canzone. Ero sovrappensiero, rilassato, tutto preso nell’opera di smacchiamento delle gocce d’acqua dal lavabo.
A un certo punto, dieci, quindici secondi dopo, mi sono fermato. Ho bloccato il bacino, fatto tacere la voce in falsetto, cancellato dal volto l’espressione da cantante. Il senso di colpa mi ha invaso le vene, caldo come una trasfusione di cattivo umore. Mi sono detto: ma ti pare il caso, in questo momento, metterti a cantare a squarciagola in casa? Per di più un brano di Tony Tammaro, neanche di un cantautore impegnato. Tieni il contegno, non farti sentire dai vicini. Sono giorni delicati.
Poi sono tornato nel mio studio, dove ho la postazione con il computer sempre acceso, il balcone per guardare il cielo, il gatto nero addormentato sulla solita sedia e il dispositivo con la voce femminile al quale chiedo di riprodurre le canzoni. Le ho chiesto di riprodurre il brano di Tony Tammaro che stavo canticchiando poco prima. Poi, ho aggiunto: volume massimo. Ho ripreso a ballare. Finanche il gatto ha aperto un occhio per guardarmi. Ridicolo, e felice. Magari solo per qualche minuto, ma per ricominciare va bene.