Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«CONTAGIO» DOPO 20 ANNI DIVENTA REALTÀ
Carlo Cerciello parla del suo spettacolo tratto da «Cecità» di Josè Saramago «Molte le similitudini, a partire dalla comunità che misteriosamente inizia ad ammalarsi con un progressivo aumento di infetti, poi rinchiusi in isolamento»
C’è una sorprendente coincidenza, addirittura profetica, fra il «Contagio», che Carlo Cerciello mise in scena vent’anni fa, e la realtà che si vive in questi giorni. Lo spettacolo era tratto dal romanzo «Cecità» dello scrittore portoghese Josè Saramago, scomparso dieci anni fa e non a caso, prima che le librerie venissero chiuse, è risultato fra i volumi più venduti, come se la gente volesse proiettare in una dimensione fantastica la realtà che si è trovata improvvisamente a vivere. Cerciello conosce bene il testo.
Come vede questo ripetersi «dal vero» delle situazioni che lei portò in scena all’Elicantropo?
«Certo è singolare, ma non mi stupisce. Perché la forza del racconto di Saramago stava nel creare una metafora sulla cecità esistenziale degli uomini, con il loro cinismo, il loro egoismo. Condizioni negli ultimi tempi più presenti che mai e quindi la realtà attuale finisce anch’essa col vestirsi di simbolicità».
L’itinerario del racconto quanto ricalca ciò che accade con il coronavirus?
«Molto. Abbiamo una comunità che misteriosamente inizia ad ammalarsi agli occhi con un progressivo aumento di infetti, poi rinchiusi in isolamento. La loro clausura, però, assomiglia più a una quarantena in cui trascorrere il tempo con i propri familiari che ai ricoveri in terapia intensiva attuali, dove si resta soli nelle mani dei medici che ti curano. Mentre è simile nei due casi lo scatenarsi del peggio dei comportamenti umani, penso al razzismo iniziale nei confronti dei cinesi o a episodi come l’incosciente che ha sputato contro i medici. Ma dove la realtà travolge la fantasia è in questa prospettiva allucinante accennata da alcuni, per cui finiti i posti ricovero, si dovrebbe scegliere fra la vita dell’uno o dell’altro. Una cosa inaccettabile nel 2020, e in una società occidentale avanzata, dovuta ai tagli progressivi alla Sanità pubblica».
All’epoca venne anche Saramago a vedere lo spettacolo, come reagì?
«Gli piacque molto al punto di chiedermi di farne anche un film, vista la visionarietà del testo. Ma non c’erano i mezzi, ci riuscì nel 2008, ma senza troppo successo, Fernando Meirelles con “Blindness”. Tornando al rapporto con Saramago, ricordo la sua insistenza perché facessi anche la seconda parte in cui ritorna la vista regalando a tutti la speranza. Ecco spero che quando saremo usciti da questa brutta storia, la gente cambi atteggiamento e recuperi il valore della vita e delle cose veramente importanti, smarrito negli ultimi tempi».
Magari potrebbe ricordarlo con la ripresa dello spettacolo.
«Mi piacerebbe molto, ma essendo per 20 spettatori alla volta avrebbe bisogno di una produzione importante. Me lo chiedono in tanti, vedremo se sarà possibile».