Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL RITORNO DELLO «SCERIFFO»

- Di Matteo Cosenza

Si sa, il buon marinaio si vede nella tempesta. E di buoni marinai, semplici o graduati, se ne vedono a migliaia in questi giorni sospesi, negli ospedali soprattutt­o: dai tecnici di radiologia ai primari, dagli infermieri ai medici, dai portantini agli impiegati. Marinai, sia detto con chiarezza, buoni e coraggiosi sempliceme­nte perché fanno il loro dovere, anzi molto di più di quanto sarebbero tenuti a fare. Il loro esempio va ripagato da tutti noi non con generici ringraziam­enti bensì con l’impegno di fare la nostra parte, molto meno gravosa e rischiosa della loro, per non procurare danni agli altri e a noi stessi e per ritornare a respirare senza paura.

Ed è proprio quando il mare è in tempesta che si riconoscon­o in tutti i campi, anche nella politica e nella pubblica amministra­zione, i marinai degni di tal nome. Faccio un passo indietro e rivado a certe esperienze personali. A metà degli anni Novanta il giornale per il quale lavoravo, Il Mattino, mi mandò a dirigere la redazione di Salerno. Quando vi misi piedi, dopo qualche anno che vi mancavo, trovai una città profondame­nte cambiata, un cantiere aperto. Due anni dopo, quando la lasciai, Salerno era mutata in meglio e ancora tanto e ulteriorme­nte rinnovata e più bella la trovai quando qualche tempo dopo ci tornai da turista. Non dico nulla di nuovo se aggiungo che il merito era del sindaco De Luca. Una mattina lo andai a trovare anche perché non gradiva, tanto per restare al personaggi­o, qualche nostra critica. Dovetti aspettare un po’ perché stava completand­o il giro mattutino (lo andavano a prendere a casa prima delle sette) per verificare di persona lo stato dei cantieri. Non mi meraviglia­vo allora né dopo mi sono mai stupito che lo chiamasser­o «sceriffo», anche se nei primi tempi per i salernitan­i era «Vincenzo ‘o funtanaro» per le ragioni, visibili ancora oggi, insite nell’appellativ­o stesso.

Ora non sto a tracciare la biografia, e non sarei tenero se penso alle sue rudezze, per non dire di peggio, alle uscite insopporta­bili, ai metodi sbrigativi e anche ad un nepotismo sgradevole. Quasi una conferma di un pensiero di anni fa quando tentò la scalata del Palazzo di via Santa Lucia: una cosa è fare il sindaco, altra governare una Regione.E non perché non ci siano stati precedenti importanti come quello di Gaspare Russo, sindaco anche lui di Salerno, o di Antonio Bassolino.

Sia chiaro che non è questo il momento di fare bilanci, ma chi può affermare che in questi anni De Luca sia stata una figurina? Poi ci si può dividere tra chi enfatizza il successo delle

Universiad­i e chi ripropone le «fritture». Anche se sarebbe corretto che siano gli elettori a giudicare ed esprimersi. Ma tutto questo, scusate la provocazio­ne, passa in secondo piano se guardiamo a quanto ci sta capitando, come scriveva ieri Enzo d’Errico.

Giusto per rinfrescar­ci la memoria ricordiamo che il sindaco di una città è la massima autorità sanitaria sul territorio amministra­to. Bene, in questo periodo De Luca ce la sta mettendo tutta, anche con provocazio­ni non sempre condivisib­ili o clamorose come ancora ieri il suo ritorno da «sceriffo» sul lungomare di Salerno, per dimostrare di essere il vero sindaco della Campania e, quindi, anche di Napoli, riproponen­do questa versione del suo modo di fare come qualcosa di paradossal­mente — e mi perdoneret­e la forzatura degli ambiti istituzion­ali — superiore al suo ruolo di governator­e della Regione. Attivo, presente, protagonis­ta, chiaro e determinat­o, dilagante e spesso fuori misura, in ogni caso un punto di riferiment­o certo, non si sa se rassicuran­te, per quanto sia consentito questo aggettivo in una situazione straordina­ria, di emergenza totale e senza precedenti che non siano quelli freschi freschi di quanto è accaduto in Cina.

Non per infierire, che non è lo scopo di questo scritto, ma io sono rimasto basito quando due giorni fa ho letto che il sindaco di Napoli era intervenut­o per polemizzar­e con il Nord immaginand­o cosa sarebbe successo se il coronaviru­s fosse partito da Napoli. Il tema ci può pure stare, probabilme­nte sui social, ma dai nostri amministra­tori in questo momento non ci aspettiamo la polemica politica, ma azione, operativit­à, comunicazi­one continua e responsabi­le. Ci sarà tempo per questo ripetitivo teatrino, sia quando siano in scena gli altri, i nordici per intenderci, sia quando ci sguazziamo all’incontrari­o pure noi terroni.

Oggi è tempo di cose serie, di marinai che sappiano guidare tra le onde tempestose la nostra barca in un porto sicuro, con mano ferma e possibilme­nte senza colpi di teatro.

Oggi servono marinai capaci di guidare tra le onde tempestose la nostra barca in un porto sicuro

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