Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ciro e Irina, l’amore come Romeo e Giulietta

Ciro, Irina e il diktat dei coniugi Parascanda­lo «Tu da qua non ti muovi»

- di Giovanna Mozzillo

«Don Peppino mio, io tengo troppa disperazio­ne in cuore! Ma come? Giusto mo’ doveva esplodere questo inghippo del virus cinese? Giusto mo’ dovevamo diventare “zona rossa”? Giusto mo’ che finalmente Irina mi ha detto sì? E adesso la signora Parascando­lo non vuole più farla uscire».

È il Decamerone rimodulato ai tempi del Coronaviru­s. Così la comunità di scrittori, editoriali­sti e intellettu­ali del Corriere del Mezzogiorn­o si ritroveran­no a proporci, ogni giorno, una loro novella. Perché Covid-19 ha cambiato, lo si voglia o no, i nostri stili di vita. E in certi frangenti un racconto aiuta a far passare la nottata. Riprendiam­o lo schema di Boccaccio, prima giornata: novella (prettament­e) a tema religioso.

«Don Peppino mio, io tengo troppa disperazio­ne in cuore! Ma come? Giusto mo’ doveva esplodere questo inghippo del virus cinese? Giusto mo’ dovevamo diventare “zona rossa”? Giusto mo’ che finalmente Irina mi ha detto sì? E adesso la signora Parascando­lo non vuole più farla uscire, né il giovedì né la domenica! Ma vi pare giusto? Come stessimo ancora al tempo degli antichi, quando le padrone potevano fare il brutto e il cattivo tempo e le serve, povere guaglione, dovevano solo starsi zitte! Mentre adesso è l’epoca moderna, e allora io non mi capacito perché Irina alla signora sua non dice papale papale: “Signora bella, io sono collaborat­rice familiare con tutti i diritti sindacali, a me non mi potete tenere rinchiusa tra quattro mura, a me i giorni di uscita non me li toglie nessuno!”».

«Ciro, datti una calmata, e stammi bene a sentire: la signora Parascando­lo tiene ragione. Lei e l’ingegnere hanno l’età che hanno e poi l’ingegnere, lo sai, soffre di asma bronchiale. E allora con questi chiari di luna devono starsi accorti. Non li ascolti i telegiorna­li? Irina, se esce e va zonzoliand­o con te per tutta Napoli, può portare in casa il contagio. E loro, se si infettano, vanno spediti all’altro mondo. Irina, che, a differenza tua, non tiene la capa all’erta, ma è tipo che riflette, si è resa conto. Ha capito che, se non rinuncia a uscire, la signora la licenzia e si piglia a una anziana che non ha il problema dell’innamorato. E lei dove la trova un’altra casa dove la trattano così bene?».

Beh, che i Parascando­lo Irina la trattano come si deve è la pura verità. Anzi, è per questo che lui l’ha conosciuta. L’anno scorso a maggio: allora è stato. È andata così: che la signora stava facendo le pulizie di primavera e, siccome da una vita è cliente di don Peppino (la salumeria sta di faccia al suo palazzo), gli ha chiesto: «Peppino, non è che, quando smonta, mi fareste salire il garzone vostro? Vorrei aiutasse la mia nuova cameriera a sbattere il tappeto del salotto. Perché è un tappeto che pesa, e lei è tanto caruccia, ma delicata». Lui è salito e, come l’ha vista, gli si è squagliato il cuore in petto. Ma per forza. Perché lei è un incanto: bionda bionda, con gli occhi che splendono, la pelle chiara e liscia che pare quella degli angeli dipinti nelle chiese, e un modo di muoversi che è come se non camminasse, ma danzasse.

E tuttavia, malgrado che, per fortuna, anche a lei lui è piaciuto, subito e assai, per arrivare a fidanzarsi, Madonna Santa, ci son voluti mesi. Perché fin da piccerella Irina era stata promessa dai genitori a uno del suo paese, là si usa ancora a questo modo, e, certo, in fondo lei lo sapeva di non averlo mai amato, magari gli voleva bene, ma come a un fratello, però una cosa così mica si può comunicarl­a per lettera, e neppure per cellulare, e allora aveva detto a Ciro: «Abbi pazienza, aspetta che vado a casa per le ferie, gli parlo, mi libero, e, appena rientro, ci fidanziamo». Sennonché, siccome era da poco che l’avevano assunta, e poi i signori Parascando­lo l’estate l’hanno passata a Sorrento, in autunno hanno fatto i lavori nell’ appartamen­to, e per Natale hanno ospitato i parenti di Firenze, insomnunci­ando ma per le ferie lei ha dovuto attendere il mese scorso.

Finché è tornata. Bellissima! Col completo da viaggio che, prima di partire, aveva preso al mercato di Poggioreal­e, ma che, addosso a lei, pareva un capo di Dior. È scesa dal taxi, gli è andata incontro, lui stava in piedi sotto al portone (quando lei ha telefonato con don Peppino stavano calando la saracinesc­a del negozio, era giusto l’orario di chiusura, e don Peppino gli ha strizzato l’occhio: «Giovanotto, calorosiss­imi auguri»), e lo ha baciato. Prima d’allora mai lo aveva fatto. In quanto, diceva, non stava bene, finché era legata a un altro. Lo ha baciato, e la sua bocca profumava di rose. E lui ha pensato: «Così deve essere stare in Paradiso». Poi si son dovuti separare, pure i Parascando­lo la stavano aspettando, ma tanto l’indomani, aveva detto lui, avrebbero avuto il giorno intero per stare insieme: avrebbero raggiunto il lungomare, si sarebbero seduti a mangiare una pizza e avrebbero brindato alla loro felicità. Così lei è entrata nel palazzo, lui è montato sul motorino e si è avviato verso Ponticelli, è là che sta di casa. E guidando sorrideva, pensando a come lei il giorno dopo gli avrebbe buttato le braccia al collo per il regalo che le avrebbe dato: cioè una borsetta troppo sfiziosa, e comprata non su una bancarella, ma in un negozio carestoso a via Chiaia. Sennonché, a un certo punto, gli ha traversato la strada un gatto nero. Madonna Santa, gli è scorso un brivido sulla schiena, perché, anche se ha fatto le scuole, a queste cose un poco ci crede. Ma poi si è detto: «Macché, figuriamoc­i, adesso tengo Irina, e niente può andarmi storto».

E invece: proprio allora la television­e stava anle nuove misure. Cioè la quarantena collettiva. E adesso Irina non riesce a salutarla nemmeno quando porta la spesa. Perché la signora vuole che lasci la busta sul ballatoio, senza metter piede in casa. Ma forse è meglio. Perché si è dovuto imbavaglia­re con la mascherina, e, così combinato, si mette scorno. Si vedono solo da lontano: lui in mezzo al viale, di fronte al palazzo, e lei, sporgendos­i dal terrazzino del terzo piano.

«Facciamo come Giulietta e Romeo», gli ha gridato l’altro giorno. «Anche loro si parlavano a distanza. Lui da giù. E lei dal balcone». «Giulietta e Romeo, e chi sono?».

«Ma come, non li conosci? Non hai mai letto la loro storia?».

E gliel’ha voluta riassumere, gridando per farsi sentire, ma la sua voce è dolce anche quando grida. Sicché un signore, passando, ha commentato: «Ma come racconta bene questa ragazza!».

Lui però, con la mano dietro la schiena, per non esser visto, ha fatto le corna. Perché una iella come quella di questi due mette paura.

Ma fa paura anche il corona-virus. Lui finora non se n’era reso conto, ma adesso la paura se la sente addosso. Se potesse stare con Irina gli passerebbe. Ma non può.

Anche ora ha paura. Anche se è nel suo letto. Nella stanza che divide col fratello Antonino. Antonino russa, ma si spiega: è guaglione, non capisce. Lui invece non riesce a dormire. Perché? Perché, se un virus cinese da un giorno all’altro tiene la capacità di scombinare la vita, a lui, e a tutti quanti, allora vuol dire che non c’è sicurezza di niente, che può capitare qualunque cosa. Per esempio: gli alieni possono sbarcare da un’astronave e in meno che niente mettere a ferro e fuoco la terra, i morti possono risuscitar­e, emergere dalle tombe e stravaccar­e per le città, come succede in un telefilm in cui c’è una ragazza che, mentre si lima le unghie, alza la testa e vede uno zombie nello specchio, oppure, come succede in un cartone giapponese, che gli animali, pure i cani, i gatti, i sorci, i pollastri, d’improvviso diventano mostri gigantesch­i, e tutti impazzisco­no di spavento e si ammazzano l’un l’altro… oh, Madonna santa, no, deve smetterla con questi pensieri, gli tremano le mani, gli tremano come ai vecchi, gli sbattono pure i denti… e mo’, mo’ che è ?, chi telefona a quest’ora? Oh, Irina, una videochiam­ata di Irina: eccola, eccola che gli sorride, come gli stesse vicino, azzeccata al suo petto.

«Ciro, vedi, per darti la buona notte, mi son messa la blusa rosa, quella che piace a te, e mi son fatta pure lo shampoo. Dormi tranquillo, tesoro, che questo guaio passa, e torna tutto come prima».

È vero: ora si sente calmo. Ma come gli era venuta quell’arteteca da fifone?

Comunque: sia benedetto l’amore! Sia benedetto il cellulare!

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