Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Spinacorona e la fontana delle «Zizze»
Secondo la guida del Parrino, già nel 1139 fu qui posta una fontana, in occasione di un incendio o, forse, di un’eruzione; di nuovo, nel 1498, dalla Platea delle Acque si sa che qui esisteva una fonte. Forse intorno al 1546, quando intervenne presso la vicina chiesa, don Pedro da Toledo incaricò Giovanni da Nola di progettare la fontana, e la fece costruire: fu detta «delle Zizze», perché vi era rappresentata una sirena che, con le mani, premeva le mammelle, dalle quali usciva l’acqua per spegnere l’eruzione del Vesuvio. Alisio ricorda un restauro di Beniamino Cali, forse nel 1870. Venne riportata in sito nel 1911, dopo essere stata smontata e tradotta altrove al tempo del Risanamento.
Nell’ambito di lavori di restauro eseguiti dallo scultore Cerino, un altro scultore, Achille D’Orsi, nel 1920, esegue una copia della sirena, mentre l’originale, nel 1925, è donato dal Comune al museo di San Martino. Filomena Sardella, da cui abbiamo appreso gran parte di queste notizie, riferisce di lavori di manutenzione anche nel 1931.
Oltre la fontana la chiesa di Santa Caterina Spinacorona, che per le notizie documentarie, la probabilità che sia stata costruita su una preesistente sinagoga ebrea è data dalla sua forma quadrangolare, rara negli edifici religiosi napoletani, per esempio nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano, in quel caso perché nata su una loggia mercantile.
Fu costruita come tempio cristiano nel 1354 per iniziativa dei nobili del seggio di Portanova, secondo G. Alisio, o, come tutti gli altri autori riportano, del seggio di Nilo. Vi era annesso un piccolo monastero e, nel 1440, l’arcivescovo Alessandro Carafa dispose il trasferimento delle monache in altri monasteri dello stesso Ordine di San Benedetto, a causa della ristrettezza dei locali a disposizione. La situazione perdurava nei primi anni del viceregno quando, per il medesimo motivo, il viceré don Pedro da Toledo, trasferì del tutto il conservatorio per orfane presso il monastero di Sant’Eligio, cosicché, nel 1546, rimase la sola chiesa.
Questa fu completamente rifatta nel 1623 per iniziativa del viceré duca d’Alba: quattro colonne nel particolare vano quadrangolare, spartiscono le tre navate, mentre l’ambiente fu coperto da una cupola moderatamente ellittica.
Nel 1850, affidata all’Arciconfraternita di Santa Maria della Purificazione fu ancora rinnovata, su progetto dell’architetto Enrico Marrone. I lavori del Risanamento rielaborarono, del tutto, testo e contesto: sulla nuova via Guacci Nobile, la chiesa, accanto all’antica fontana, conserva nella facciata l’ingresso da un portale architravato in marmo, della seconda metà del ‘400.