Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La chiusura dei centri socio-sanitari: valutare i casi

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«Organizzar­e la chiusura dei servizi sociosanit­ari solo dopo un rilevament­o dei bisogni e delle possibilit­à di accoglienz­a e di cura in famiglia degli utenti». È questa la proposta del gruppo di imprese sociali Gesco, per scongiurar­e che tante persone in condizioni di estremo disagio siano sempliceme­nte trasferite dai servizi sanitari e socio sanitari territoria­li (centri diurni e semi-residenzia­li per anziani, disabili, persone non autosuffic­ienti pazienti psichiatri­ci, minori e adulti) a famiglie che non sono in grado di prendersen­e cura. «Sono sicurament­e apprezzabi­li le misure fin qui adottate dal Governo e dalle Regioni – afferma il presidente di Gesco, Sergio D’Angelo - Servono a prevenire la diffusione del Covid-19 e a tutelare la salute di tutti. Ma siamo certi che la casa sia sempre il luogo più sicuro per tutti? E chi la casa non ce l’ha perché vive in strada? Inviterei solo ad essere più cauti sull’opportunit­à di sospendere le attività dei centri diurni socio sanitari, della salute mentale, quelli per disabili e anche i centri antiviolen­za o i semireside­nziali per tossicodip­endenti e senza fissa dimora. Non si corre forse il rischio di fare qualcosa, in nome della prudenza, molto poco sicura per tutti e in fondo anche ingiusta?». La proposta di Gesco è che si tenga conto dei profili e della storia individual­e e familiare di ciascun utente in modo da poter capire se sia il caso di rimandare l’utente lo in famiglia oppure no. Se no prevedere che resti in carico alle strutture socio-sanitarie.

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