Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Note di Napoli nelle acque del Mississippi
Usare la canzone napoletana come se fosse uno scrigno di possibili standard all’americana. Brani cioè da rileggere e riarrangiare, partendo dalla potenza del dettato melodico originario ma eseguendolo in strutture armoniche più complesse come quelle del jazz o della musica sudamericana. È esattamente ciò che fa la cantante Marina Bruno con la sua ultima fatica discografica, «Parthenoplay», che già nel titolo dichiara le ragioni di un connubio moderno e di straordinaria forza espressiva. D’altra parte Marina per compiere questo viaggio, prodotto da MB Concerti e distribuito da Phonotype Record, si è fatta accompagnare da un ottimo quartetto: Giuseppe Di Capua al piano, Gianfranco Campagnoli alla tromba e flicorno soprano, Davide Costagliola al basso e Claudio Romano alla batteria. Così «Munasterio ‘e Santa Chiara» si trasforma in una sorta di Cuban jazz stile Avana Club, «‘A Rumba d’e scugnizz’» di Raffaele Viviani abbraccia l’incalzante «Caravan» di Duke Ellington, «Funiculì Funiculà» si incrocia con il cadenzato «Nostalgia in Times Square» di Charles Mingus, o la struggente «Voce ‘e notte» si cala nelle atmosfere di «Fever». Mentre nella non meno suadente «Io te voglio bene assaje», la voce dell’allieva di Maria Pia De
Vito, Michael Aspinall e Cristina Florio, è accompagnata al pianoforte da Alessio Busanca, col quale entro la fine di quest’anno dovrebbe nascere sulla stessa linea attuale il nuovo progetto discografico intitolato «Parthenope’s Songbook». Capitolo a parte poi per la ridondante e spesso abusata «‘O surdato ‘nnammurato», che chiude la tracklist qui però introdotta dalle parole di Mariano Rigillo e poi condotta sulle rive del Mississippi con un’atmosfera decisamente dixieland. Tutti meticciati musicali sottolineati anche da i sottotitoli ironici scelti da Marina: «Munasterio all’Havana», «Rumbacaravan», «Nostalgia of Funiculì», «Freva ‘e night», «’Nnammurato a New Orleans» e così via.