Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Vuol fare jogging, ricorre al Tar Respinta l’istanza dell’avvocato
Il legale: «Diritti violati». Ad aprile nuova discussione
Aveva fatto ricorso al Tar contro la rigida ordinanza di De Luca (la n.15 del 13 marzo scorso) che vieta l’attività motoria nei parchi, ma ha perso: per il giudice amministrativo Santino Scudeller, infatti, in questo momento «va accordata prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica» senza entrare nel merito. Ma l’avvocato Alfredo Imparato, 49 anni, di San Nicola la Strada, non si arrende e valuta il ricorso al Consiglio di Stato: «Sono convinto — spiega — che un presidente di Regione non possa emanare direttive più rigide di quelle del Governo». Il 21 aprile, intanto, la vicenda sarà discussa nel merito in camera di consiglio.
L’avvocato Imparato premette innanzitutto di rispettare le disposizioni sul Coronavirus in maniera ferrea: «Vivo e lavoro chiuso in casa con mia moglie e i miei tre figli. Ritengo che tutti dobbiamo impegnarci al massimo per contenere il contagio, ma anche che, proprio in un momento di emergenza, i diritti dei cittadini non debbano essere violati». Nel ricorso che al momento è stato respinto, il legale, dopo avere premesso di essere un appassionato di attività motoria all’aperto, eccepisce che «l’autorità regionale non può, nel nostro sistema costituzionale, adottare –– per di più in assenza di ogni base scientifica –– misure idonee ad annichilire la libertà personale di un cittadino, e in particolare, non può decidere se, come, quando e per quanto tempo una persona deve essere ristretta in casa e sottoposta a non meglio specificate forme di sorveglianza». Inoltre «l’autorità regionale può motivatamente attuare interventi utili a fronteggiare delle criticità in ambito locale, ma di certo non può adottare provvedimenti a contenuto generale orientati a vietare/sanzionare condotte esplicitamente ammesse dal Governo (nella specie, l’attività motoria all’aria aperta) nè decidere, in luogo dei competenti organi statali o addirittura in contrasto con le indicazioni degli stessi, se una determinata condotta (di nuovo: l’attività motoria all’aria aperta) deve essere inibita/sanzionata siccome idonea ad alimentare il rischio di trasmissione di agenti virali».
Anche perché, spiega Imparato,
il rischio che si corre è di avere regole diverse in ciascuna delle 21 regioni italiane. La conseguenza è che «in un momento nel quale i cittadini, improvvisamente precipitati in una crisi epocale, avvertono l’esigenza di indicazioni chiare, univoche, non contraddittorie, l’autorità regionale ha immesso nel sistema un elemento di grave confusione, incertezza e disorientamento».
Le perplessità dell’avvocato che ha presentato il ricorso sono condivise da molti, anche in ambito politico, ma il giudice del Tar, come è prassi, per ora non le ha affrontate: si è limitato a respingere la richiesta di annullare l’ordinanza. Nelle prossime settimane la questione sarà esaminata da un collegio di magistrati in maniera approfondita e si deciderà.