Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Bach, Plotino e la nostra fuga stando a casa
La Fuga: forma musicale nobile, complessa, rigorosa. Le note si rincorrono sul pentagramma, fuggono l’una dall’altra per poi ritrovarsi e creare arabeschi, per saltare l’una sull’altra come acrobati raffinati, per creare effetti sempre più stringenti, esaltanti. La Fuga propone una gran varietà di sentimenti, dalla serenità di tema semplice e sorridente all’esaltazione che la sua evoluzione ci procura. Johann Sebastian Bach è il supremo Maestro di questa forma, da lui scolpita nella storia della musica Occidentale. Ogni sua Fuga è un capolavoro, diversa l’una dall’altra nella costruzione, nell’umore. La forma classica, standard diciamo, della Fuga lui la modifica ogni volta, assurge l’eccezione a regola senza però semplificare nulla, anzi: la poesia del suono che le sue fughe producono è sempre elevatissima, sempre tesa verso un ideale alto, agognato, invocato, contemplato. In ogni Fuga Bach esprime un ideale religioso teso verso la Speranza, l’Umanità, con l’Umiltà di un artigiano devoto a Dio.
Facciamo un salto indietro nel tempo e andiamo incontro ad un grande filosofo dell’antichità, Plotino. Lo troviamo pensieroso e operoso da qualche parte tra l’Egitto, Roma o ancora meglio in Campania. Ecco, immaginiamo di trovarlo proprio in Campania, e di farci spiegare da lui cosa vuol dire Fuga. Plotino ci dirà che la fuga non è un’evasione dal mondo, ma un andare verso l’origine. E mentre ci dice questo noi pensiamo alle fughe di Bach, che tornano anch’esse all’origine del tema iniziale, dopo maestosi sviluppi. La fuga di Plotino non è separazione e isolamento dal consorzio sociale, che sarebbe un atto malvagio, ma un percorso morale. Fuga, per Plotino, significa concentrarsi nella propria interiorità e, così facendo, diventare più presenti a sé stessi. E ancora, ispirati da queste parole, noi pensiamo a Bach, che nel suo lavoro di composizione scava dentro sé stesso, compie un’incessante autocritica, scrive, corregge, riscrive, affinché le sue fughe siano perfette, equilibrate, e arrivino dritte all’anima dell’ascoltatore senza che mai tradiscano l’impalcatura formale che le sorregge. Fuga, per Plotino, vuol dire guardare il mondo con uno sguardo più nitido, pulito.
E ora, dal III secolo balziamo, come niente fosse, all’oggi. Torniamo alla nostra quotidiana lotta contro la pandemia, torniamo alla cronaca di ogni giorno. È vero che ci sono molti drammi causati dall’inattività lavorativa, e su quelli non si discute. Ma, a parte questa constatazione dolorosa, troppa gente scappa di casa per banalità, non ce la fa a restare chiusa tra quattro mura, non ce la fa a riflettere, a osservare o meglio contemplare la propria interiorità e a capire che non è diversa da quella degli altri, che siamo un unico fronte, che il nostro percorso morale è uno solo. Quanto ci siamo sporcati con televisione trash, consumismo parossistico, frequentazione paranoica dei social network? Come possiamo perdere un’occasione come questa per sentirci non solo animati da un unico obiettivo, ma anche e soprattutto per ritrovare un solitario e umile raccoglimento necessario a leggere un buon libro, ad ascoltare, per una volta nella vita, una fuga di Bach anziché ciò che l’industria consumistica e cosmopolita della produzione di massa ci propone e ci impone? Stando a casa nostra possiamo affrontare un nuovo percorso, leggendo qualcosa di buono, ascoltando ciò che non abbiamo mai ascoltato. Ora o mai più. Sviluppiamo una fuga dalla vita di prima, creiamone una nuova per tornare verso noi stessi, nobilitiamo lo stare a casa scoprendo nella nostra anima architetture e sfumature delle quali non sospettavamo l’esistenza. Creiamo la nostra Fuga, il nostro capolavoro. Cogliamo questa occasione per stare a casa facendo del bene a noi stessi e agli altri.