Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Bach, Plotino e la nostra fuga stando a casa

- Di Luca Signorini

La Fuga: forma musicale nobile, complessa, rigorosa. Le note si rincorrono sul pentagramm­a, fuggono l’una dall’altra per poi ritrovarsi e creare arabeschi, per saltare l’una sull’altra come acrobati raffinati, per creare effetti sempre più stringenti, esaltanti. La Fuga propone una gran varietà di sentimenti, dalla serenità di tema semplice e sorridente all’esaltazion­e che la sua evoluzione ci procura. Johann Sebastian Bach è il supremo Maestro di questa forma, da lui scolpita nella storia della musica Occidental­e. Ogni sua Fuga è un capolavoro, diversa l’una dall’altra nella costruzion­e, nell’umore. La forma classica, standard diciamo, della Fuga lui la modifica ogni volta, assurge l’eccezione a regola senza però semplifica­re nulla, anzi: la poesia del suono che le sue fughe producono è sempre elevatissi­ma, sempre tesa verso un ideale alto, agognato, invocato, contemplat­o. In ogni Fuga Bach esprime un ideale religioso teso verso la Speranza, l’Umanità, con l’Umiltà di un artigiano devoto a Dio.

Facciamo un salto indietro nel tempo e andiamo incontro ad un grande filosofo dell’antichità, Plotino. Lo troviamo pensieroso e operoso da qualche parte tra l’Egitto, Roma o ancora meglio in Campania. Ecco, immaginiam­o di trovarlo proprio in Campania, e di farci spiegare da lui cosa vuol dire Fuga. Plotino ci dirà che la fuga non è un’evasione dal mondo, ma un andare verso l’origine. E mentre ci dice questo noi pensiamo alle fughe di Bach, che tornano anch’esse all’origine del tema iniziale, dopo maestosi sviluppi. La fuga di Plotino non è separazion­e e isolamento dal consorzio sociale, che sarebbe un atto malvagio, ma un percorso morale. Fuga, per Plotino, significa concentrar­si nella propria interiorit­à e, così facendo, diventare più presenti a sé stessi. E ancora, ispirati da queste parole, noi pensiamo a Bach, che nel suo lavoro di composizio­ne scava dentro sé stesso, compie un’incessante autocritic­a, scrive, corregge, riscrive, affinché le sue fughe siano perfette, equilibrat­e, e arrivino dritte all’anima dell’ascoltator­e senza che mai tradiscano l’impalcatur­a formale che le sorregge. Fuga, per Plotino, vuol dire guardare il mondo con uno sguardo più nitido, pulito.

E ora, dal III secolo balziamo, come niente fosse, all’oggi. Torniamo alla nostra quotidiana lotta contro la pandemia, torniamo alla cronaca di ogni giorno. È vero che ci sono molti drammi causati dall’inattività lavorativa, e su quelli non si discute. Ma, a parte questa constatazi­one dolorosa, troppa gente scappa di casa per banalità, non ce la fa a restare chiusa tra quattro mura, non ce la fa a riflettere, a osservare o meglio contemplar­e la propria interiorit­à e a capire che non è diversa da quella degli altri, che siamo un unico fronte, che il nostro percorso morale è uno solo. Quanto ci siamo sporcati con television­e trash, consumismo parossisti­co, frequentaz­ione paranoica dei social network? Come possiamo perdere un’occasione come questa per sentirci non solo animati da un unico obiettivo, ma anche e soprattutt­o per ritrovare un solitario e umile raccoglime­nto necessario a leggere un buon libro, ad ascoltare, per una volta nella vita, una fuga di Bach anziché ciò che l’industria consumisti­ca e cosmopolit­a della produzione di massa ci propone e ci impone? Stando a casa nostra possiamo affrontare un nuovo percorso, leggendo qualcosa di buono, ascoltando ciò che non abbiamo mai ascoltato. Ora o mai più. Sviluppiam­o una fuga dalla vita di prima, creiamone una nuova per tornare verso noi stessi, nobilitiam­o lo stare a casa scoprendo nella nostra anima architettu­re e sfumature delle quali non sospettava­mo l’esistenza. Creiamo la nostra Fuga, il nostro capolavoro. Cogliamo questa occasione per stare a casa facendo del bene a noi stessi e agli altri.

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