Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Nulla più sarà come prima Lo slogan per tutto il mondo
È una frase che ricorre con insistenza sembra ricollegarsi a qualcosa di globale
Il significato di una frase può mutare, anche in maniera radicale, a seconda del contesto storico e di quello personale. Niente sarà più come prima rappresenta una frase a effetto, una di quegli stereotipi verbali che ti danno un senso di sicurezza quando li declami, che ti fanno sentire dotto e saggio allo stesso tempo, che ti fanno apparire all’interlocutore come qualcuno che ha finalmente capito il vero significato della vita e la affronta con stoicismo. Questa frase può venir detta da chiunque abbia appena sperimentato una perdita di qualsiasi genere (lavoro, famiglia, amore, amicizia), oppure da chi ha improvvisamente deciso di dare una svolta radicale alla sua vita buttandosi alle spalle il passato e l’esperienza che ne è derivata. Tutto è sempre legato al singolo, fulcro della propria esistenza, tutto connaturato alla personale visione della mondo.
Il Niente sarà più come prima che invece ricorre con sempre maggior insistenza in questi giorni sembra ricollegarsi a qualcosa di globale, planetario, al concetto filosofico del divenire e del dialogo che l’uomo tenta, a volte, di intraprendere con il proprio io. Il principio di mutamento in vita, avallato da leggi fisiche e chimiche, si interseca con quello della conservazione dell’energia totale del sistema: le vicissitudini umane, anche quelle minute e apparentemente insignificanti, fanno parte del sistema diveniente del macrocosmo, in cui tutto concorre alla trasformazione continua, a volte impercettibile a volte fulminea, del mondo circostante. Questo mutamento continuo, un moderno Panta Rei sensibile e visibile, va inserito nel contesto in cui creazione e distruzione sono dei momenti di transizione della materia che, originariamente informe, cerca di darsi una forma più o meno finita per poi ricongiungersi alla sua informità primordiale, da cui è nata, in un processo continuo. In questa luce, Niente sarà più come prima non è solamente la banalità di una riflessione che ci coinvolge giorno dopo giorno e che vede nel fluire del tempo e delle cose l’inevitabile conseguenza del nostro destino umano.
Molte sono gli attributi necessari affinché una locuzione, una frase, un modo di dire si fa strada, e comprendono sonorità, lunghezza, applicabilità alla vita quotidiana, universalità, e percezione immediata del concetto da trasmettere. Quelle che trascendono i patri confini, sono valide in tutte i paesi che abbracciano la stessa cultura (per esempio l’Occidente). Infine, quelle planetarie, sono intuibili da tutti i popoli, indipendentemente dalla loro cultura, razza, religione, e geografia. Niente sarà più come prima è planetario, uno slogan che ha la stessa valenza dovunque nel mondo perché esprime in concreto quello che noi avvertiamo sensibilmente ogni giorno ma su cui non ci attardiamo: il tempo, odioso negriero, che scandisce inesorabilmente la manciata di anni della nostra vita terrena, dà il senso della frase. Niente sarà più come prima perché niente resta immutabile. Questa semplice, addirittura banale constatazione, valida anche e soprattutto nella quotidianità, veniva fino a ieri offuscata dalla corsa a ostacoli di ognuno sulla Terra per le più svariate ragioni, che comunque alla fine convergono sui quattro punti da cui siamo partiti (amore, lavoro, famiglia, amicizia). Oblio dettato il più delle volte dalla consapevolezza del non chiedere, non guardarsi dentro per paura di avere delle risposte.
Oggi abbiamo, noi Occidentali, la possibilità di verificare l’esattezza di questa affermazione, di sperimentare dal vivo se la situazione contingente muta il significato. Il contesto, ahimè, è quello della pandemia da Covid -19. Questa sigla farà molta strada nel mondo della Medicina. Sarà ricordata, in un futuro più o meno remoto, non tanto per il numero delle vittime che ci auguriamo siano molto inferiori a quelle della terribile epidemia di Spagnola che imperversò nel mondo fra il 1918 e il 1920 uccidendo tra 25 e 50 milioni (alcuni parlano di 100 milioni) di persone, dopo averne contagiate circa un miliardo. Questo Covid -19 sarà ricordato come il virus più dannoso dal punto di vista economico, come quel microbo che ha affondato le economie di tutto il mondo. Un’economia basata principalmente sul terziario e quaternario (terziario avanzato), che dà lavoro a quasi ¾ della popolazione dei paesi occidentali (in Italia circa i 70% dei lavoratori), funziona se le coordinate che lo caratterizzano restano salde: quando gli assi cartesiani cambiano, cambiano i punti di riferimento, e il sistema vacilla. Gli assi del sistema, a ben riflettere l’asse portante del sistema ante-Covid era la mobilità delle persone sul territorio (qualsiasi territorio, città, regione, nazione, mondo) che condizionava tutte le altre funzione associate: la possibilità di muoversi liberamente innesca il turismo, il commercio e l’industria che è alle spalle. La quantità di miliardi che i vari paesi stanno iniettando per sostenere l’economia (si parla di migliaia di miliardi di dollari) forse avrebbero avuto più senso per garantire prima la salute al mondo. Un microbo, apparentemente banale perché veste mentite spoglie, si prende la rivincita nell’Antropocene, l’era geologica attuale (definita tale dal biologo Eugene Stoemer e adottata dal Nobel Paul Crutzen) che vede il predominio assoluto dell’uomo sul pianeta che resta condizionato su scala globale dagli effetti dell’azione umana.