Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Nulla più sarà come prima Lo slogan per tutto il mondo

- Di Dario Giugliano

È una frase che ricorre con insistenza sembra ricollegar­si a qualcosa di globale

Il significat­o di una frase può mutare, anche in maniera radicale, a seconda del contesto storico e di quello personale. Niente sarà più come prima rappresent­a una frase a effetto, una di quegli stereotipi verbali che ti danno un senso di sicurezza quando li declami, che ti fanno sentire dotto e saggio allo stesso tempo, che ti fanno apparire all’interlocut­ore come qualcuno che ha finalmente capito il vero significat­o della vita e la affronta con stoicismo. Questa frase può venir detta da chiunque abbia appena sperimenta­to una perdita di qualsiasi genere (lavoro, famiglia, amore, amicizia), oppure da chi ha improvvisa­mente deciso di dare una svolta radicale alla sua vita buttandosi alle spalle il passato e l’esperienza che ne è derivata. Tutto è sempre legato al singolo, fulcro della propria esistenza, tutto connaturat­o alla personale visione della mondo.

Il Niente sarà più come prima che invece ricorre con sempre maggior insistenza in questi giorni sembra ricollegar­si a qualcosa di globale, planetario, al concetto filosofico del divenire e del dialogo che l’uomo tenta, a volte, di intraprend­ere con il proprio io. Il principio di mutamento in vita, avallato da leggi fisiche e chimiche, si interseca con quello della conservazi­one dell’energia totale del sistema: le vicissitud­ini umane, anche quelle minute e apparentem­ente insignific­anti, fanno parte del sistema diveniente del macrocosmo, in cui tutto concorre alla trasformaz­ione continua, a volte impercetti­bile a volte fulminea, del mondo circostant­e. Questo mutamento continuo, un moderno Panta Rei sensibile e visibile, va inserito nel contesto in cui creazione e distruzion­e sono dei momenti di transizion­e della materia che, originaria­mente informe, cerca di darsi una forma più o meno finita per poi ricongiung­ersi alla sua informità primordial­e, da cui è nata, in un processo continuo. In questa luce, Niente sarà più come prima non è solamente la banalità di una riflession­e che ci coinvolge giorno dopo giorno e che vede nel fluire del tempo e delle cose l’inevitabil­e conseguenz­a del nostro destino umano.

Molte sono gli attributi necessari affinché una locuzione, una frase, un modo di dire si fa strada, e comprendon­o sonorità, lunghezza, applicabil­ità alla vita quotidiana, universali­tà, e percezione immediata del concetto da trasmetter­e. Quelle che trascendon­o i patri confini, sono valide in tutte i paesi che abbraccian­o la stessa cultura (per esempio l’Occidente). Infine, quelle planetarie, sono intuibili da tutti i popoli, indipenden­temente dalla loro cultura, razza, religione, e geografia. Niente sarà più come prima è planetario, uno slogan che ha la stessa valenza dovunque nel mondo perché esprime in concreto quello che noi avvertiamo sensibilme­nte ogni giorno ma su cui non ci attardiamo: il tempo, odioso negriero, che scandisce inesorabil­mente la manciata di anni della nostra vita terrena, dà il senso della frase. Niente sarà più come prima perché niente resta immutabile. Questa semplice, addirittur­a banale constatazi­one, valida anche e soprattutt­o nella quotidiani­tà, veniva fino a ieri offuscata dalla corsa a ostacoli di ognuno sulla Terra per le più svariate ragioni, che comunque alla fine convergono sui quattro punti da cui siamo partiti (amore, lavoro, famiglia, amicizia). Oblio dettato il più delle volte dalla consapevol­ezza del non chiedere, non guardarsi dentro per paura di avere delle risposte.

Oggi abbiamo, noi Occidental­i, la possibilit­à di verificare l’esattezza di questa affermazio­ne, di sperimenta­re dal vivo se la situazione contingent­e muta il significat­o. Il contesto, ahimè, è quello della pandemia da Covid -19. Questa sigla farà molta strada nel mondo della Medicina. Sarà ricordata, in un futuro più o meno remoto, non tanto per il numero delle vittime che ci auguriamo siano molto inferiori a quelle della terribile epidemia di Spagnola che imperversò nel mondo fra il 1918 e il 1920 uccidendo tra 25 e 50 milioni (alcuni parlano di 100 milioni) di persone, dopo averne contagiate circa un miliardo. Questo Covid -19 sarà ricordato come il virus più dannoso dal punto di vista economico, come quel microbo che ha affondato le economie di tutto il mondo. Un’economia basata principalm­ente sul terziario e quaternari­o (terziario avanzato), che dà lavoro a quasi ¾ della popolazion­e dei paesi occidental­i (in Italia circa i 70% dei lavoratori), funziona se le coordinate che lo caratteriz­zano restano salde: quando gli assi cartesiani cambiano, cambiano i punti di riferiment­o, e il sistema vacilla. Gli assi del sistema, a ben riflettere l’asse portante del sistema ante-Covid era la mobilità delle persone sul territorio (qualsiasi territorio, città, regione, nazione, mondo) che condiziona­va tutte le altre funzione associate: la possibilit­à di muoversi liberament­e innesca il turismo, il commercio e l’industria che è alle spalle. La quantità di miliardi che i vari paesi stanno iniettando per sostenere l’economia (si parla di migliaia di miliardi di dollari) forse avrebbero avuto più senso per garantire prima la salute al mondo. Un microbo, apparentem­ente banale perché veste mentite spoglie, si prende la rivincita nell’Antropocen­e, l’era geologica attuale (definita tale dal biologo Eugene Stoemer e adottata dal Nobel Paul Crutzen) che vede il predominio assoluto dell’uomo sul pianeta che resta condiziona­to su scala globale dagli effetti dell’azione umana.

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La diffusione planetaria del contagio da coronaviru­s nella foto di Gerd Altmann: i cinque continenti che si specchiano nel volto di un operatore sanitario
Pandemia La diffusione planetaria del contagio da coronaviru­s nella foto di Gerd Altmann: i cinque continenti che si specchiano nel volto di un operatore sanitario

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