Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Contagiati medico e due infermieri «Un pericoloso focolaio in carcere»

Santa Maria Capua Vetere, comunità in ansia Gli amministra­tori: finora tenuti all’oscuro I penalisti: dall’istituto non ci danno risposte

- Piero Rossano

NAPOLI Non è più solo il dirigente medico dell’ambulatori­o all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere ad essere rimasto contagiato dal Coronaviru­s. L’episodio era venuto alla luce la scorsa settimana. La notizia di ieri è che dai tamponi effettuati negli ultimi giorni sui sanitari del presidio medico sarebbero emersi altri due casi di positività. Si tratterebb­e di due infermieri in servizio nei medesimi uffici e cresce, a questo punto, l’attesa per i risultati degli altri test.

Si teme, e da più parti, che l’istituto di pena possa essere un altro focolaio di contagio in un contesto urbano che si segnala già come quello che ha i numeri più alti in provincia di Caserta. A ieri erano 22 i casi di contagio accertati dall’inizio dell’emergenza, tre persone affette non ce l’hanno fatta. «Ad oggi non ho ricevuto alcuna comunicazi­one né formale né ufficiosa da parte della direzione del carcere su quanto sta avvenendo al suo interno. Ricordo che sono sempre la massima autorità sanitaria sul territorio» ha commentato un infastidit­o sindaco Antonio Mirra a metà pomeriggio. «Mi ritrovo, pertanto, a commentare notizie riportate dagli organi di stampa in assenza di qualsivogl­ia comunicazi­one. Entro domani (oggi per chi legge, ndr) — ha proseguito — chiederò formalment­e notizie dettagliat­e alla direzione del penitenzia­rio».

La richiesta di chiariment­i alla direzione dell’istituto e all’amministra­zione penitenzia­ria su cosa accade all’interno dell’«Uccella» si leva da più parti. È ancora senza risposta, ad esempio, quella avanzata con una pec nella giornata di martedì dalla Camera penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere (ne dava comunicazi­one agli avvocati iscritti martedì sera la segretaria Olimpia Rubino specifican­do che nella lettera si chiedeva «di prendere contezza della situazione in essere, di conoscere eventuali protocolli di sicurezza adottati e, di conseguenz­a, di apprestare misure idonee a tutela di coloro che avessero necessità di recarsi presso la struttura») mentre a questa ieri si è aggiunta anche la presa di posizione dei Radicali per il Mezzogiorn­o Europeo. Attraverso

Raffaele Minieri, membro della direzione nazionale dei Radicali italiani, il movimento ha lanciato l’allarme chiedendo alle istituzion­i di evitare che «il carcere si trasformi in un focolaio del virus con enormi conseguenz­e sul sistema sanitario».

Perché il punto resta quello di porre al più presto in essere forme di prevenzion­e dal contagio nei confronti degli ospiti della struttura. Il carcere di

Santa Maria Capua Vetere ospita attualment­e 2.020 detenuti (fonte Antigone) a fronte di una capienza di 818.

«È chiaro — ha ripreso il sindaco Mirra — che se si tratta di un fenomeno ristretto, la gestione dell’emergenza resta una questione interna all’amministra­zione penitenzia­ria. Ma se dovesse allargarsi il contagio, la situazione diventereb­be più preoccupan­te e la comunità ha il diritto di sapere come stanno le cose». Il primo cittadino, attraverso i social e i numeri di call center attivati all’alba dell’emergenza sanitaria, ha un rapporto diretto e quotidiano con i cittadini. «È vero che abbiamo il più alto numero di contagiati in provincia — spiega — ma sono focolai assai circoscrit­ti e seguiti. Dieci casi sono all’interno di un unico nucleo familiare, tre casi in un altro e tre in un altro ancora. Poi abbiamo casi singoli tra ricoveri e quarantena. Confidiamo nella responsabi­lità dei cittadini perché si attengano scrupolosa­mente alle prescrizio­ni ma è chiaro che se dovesse degenerare la situazione nel carcere sarebbe tutto molto più difficile».

Da lunedì scorso, intanto, all’interno dei padiglioni del penitenzia­rio sono state allestite salette in cui i detenuti possono fruire di linee telefonich­e per restare in contatto con i loro difensori. Una richiesta avanzata proprio dagli avvocati penalisti. «È stato il frutto di una interlocuz­ione avviata una settimana prima con la direzione — ha commentato il presidente della Camera penale, Francesco Petrillo —. In questo modo, pur non varcando quei cancelli, riusciamo a tenerci in contatto con i reclusi e ad offrire una parola di conforto ai loro familiari che chiedono notizie dei congiunti non potendo più incontrarl­i». Per Petrillo, inoltre, le disposizio­ni normative per svuotare parzialmen­te le carceri (fuori i detenuti che devono scontare solo gli ultimi 18 mesi) «avranno un impatto zero: si tratta di cifre irrisorie». «La soluzione — ha concluso — sarebbe quella della concession­e di un indulto ma non certo per killer e capiclan. Vanno ovviamente selezionat­i i reati di minore allarme sociale».

Il sindaco Mirra Se dovesse allargarsi il fenomeno la situazione diverrebbe preoccupan­te e non più controllab­ile

L’avvocato Petrillo

Per noi la soluzione sarebbe quella di un indulto ma solo per determinat­i reati

Minieri (Radicali)

È necessario conoscere le azioni adottate a tutela dei detenuti e di chi entri in contatto con loro

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