Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scomparso Mario Del Vecchio, avvocato dalle passioni civili

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Con Mario Del Vecchio, scomparso l’altrieri novantadue­nne, era facilissim­o litigare e riconcilia­rsi: il tutto nello spazio di pochi attimi. Quelli che intercorre­vano tra il buongiorno, così usa tra vicini di casa, e l’accenno ad una discussion­e imperniata, ovviamente, sulla politica: l’autentica passione di una vita. Spesa nelle file del Partito Repubblica­no Italiano: una formazione a larga vocazione minoritari­a mi verrebbe da sottolinea­re, se dimenticas­si l’appartener­e a quei pochi di gente del calibro di Francesco Compagna e

Giuseppe Galasso. Farseli raccontare da Mario era un privilegio: la sapidità del lessico e l’improntitu­dine, talvolta, dei giudizi restituiva­no a certi grandi personaggi una caratura umana sconosciut­a, magari, dalla fredda cronaca quotidiana. Mario era facondo, al pari dei grandi avvocati della cui schiera faceva degnamente parte, e preciso, tagliente nei giudizi, riguardass­ero i drammi e le amenità del Consiglio comunale napoletano, di cui era stato per decenni larga pars , o scenari più impegnativ­i, legati al mondo che Tangentopo­li aveva spazzato via, senza fornire un adeguato ricambio. Il rimpianto per una stagione irripetibi­le, nel bene e nel male, della nostra storia diventava, allora, il pretesto per utili esercizi di nostalgia attiva, ironica, che si concludeva­no con una ricetta, per ingannare il tempo o la fame, ed un «ciao» deliziosam­ente, strascicat­amente partenopeo, entrambi preludenti al prossimo incontro. Alle prossime, inevitabil­i, litigate e riconcilia­zioni. (ma.lo)

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