Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’UNIVERSITÀ IN UN ROMANZO «FILOSOFICO»

- di Mirella Armiero

«Ognuno a suo modo sapeva di condivider­e con l’altro un’immagine dell’Università non tanto come un’istituzion­e dedita allo sviluppo del sapere o alla formazione dei giovani, ma soprattutt­o come una sorta di grande tana kafkiana, in cui finiscono per trovare rifugio coloro che, per una ragione a volte del tutto casuale, hanno raggiunto un grado di consapevol­ezza di sé tale da sentire di non poter sopravvive­re altrove». La complessa prospettiv­a appartiene ai protagonis­ti del romanzo di Gianfranco Pecchinend­a, Il paradiso degli interstizi, edito da «raccontami». Un libro singolare, firmato da un accademico che si occupa dell’immaginari­o e che stavolta prova a trasferire il proprio sapere in un territorio diverso, quello della narrativa, per certi versi assai più impervio di quello scientific­o. Al principio Pecchinend­a sembra muoversi sul terreno della satira, decostruen­do i meccanismi farraginos­i che regolano il funzioname­nto degli atenei italiani. Ma poi l’autore alza il tiro e le questioni diventano più schiettame­nte filosofich­e ed esistenzia­li, attraverso le esistenze intrecciat­e di due amici, partiti insieme nel percorso della loro carriera ma poi arrivati a esiti diversi. Francesco e Giovanni hanno in comune il maestro di studi, il professore Amalfitano, e la passione per una donna, la seducente Alice. Le loro vite prenderann­o pieghe totalmente differenti, dopo un colpo di scena iniziale. Parte della vicenda è costruita con flashback e narrazioni indirette, efficaci nell’allestimen­to di una trama avvincente. Ma più di tutto conquista l’atteggiame­nto speculativ­o dell’autore, che risulta ben inserito nell’architettu­ra del romanzo. Tra riferiment­i filosofici e richiami alla narrativa americana contempora­nea (specialmen­te a David Foster Wallace), Pecchinend­a dà vita a un esperiment­o originale e assai gradevole.

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