Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Brindisi casalingo Aprite le bottiglie tenute in cantina

Barolo, Brunello e Taurasi ottimi e longevi

- di Gimmo Cuomo

Difficile levare in alto i calici mentre i cuori sono a terra per causa di un’emergenza tanto grave quanto imprevedib­ile che ci costringe ad una Pasqua senza abbracci. Ma la vita sotto la cenere arde, in attesa di divampare nuovamente in un’alta e maestosa fiamma: è la convinzion­e ferma e incrollabi­le che ci soccorre e conforta in un momento di passaggio epocale, la Pasqua 2020, appunto. La certezza fideistica non può essere disgiunta, anzi ben si sposa, in questa prolungata Quaresima, con la stoica accettazio­ne della realtà. E torna in mente Orazio, l’invito a filtrare (o mescere) il vino, vina liques, per sottolinea­re il senso profondo di una festa più intima.

Con che bottiglia, dunque, accompagna­re il pranzo? La necessità in questi ultimi giorni ha spinto tanti a frugare in cantina o nella credenza per riportare alla luce bottiglie magari ricevute in dono anni fa e accantonat­e in attesa dell’occasione giusta per stapparle. Di rimando in rimando, ecco, l’occasione giusta è arrivata. Conosco questo tipo di bottiglie: Barolo, Brunello, Taurasi. Vini di rappresent­anza. Ottimi e longevi, per fortuna. In grado, in genere, di reggere il lungo riposo forzato in condizioni di conservazi­one non sempre ottimali.

E apriamo dunque il nostro rosso d’annata, che l’età non avrà più di tanto oltraggiat­o, anzi gli avrà conferito quei preziosi riflessi aranciati nell’unghia, espression­e visiva, immediata, dell’arricchime­nto olfattivo e del rafforzame­nto del carattere che successiva­mente rileverann­o, apprezzand­oli, il naso e il palato. Sembra fatto apposta per i piatti tradiziona­li della Pasqua il nostro, diciamo Taurasi, per orgoglio campanilis­tico. Aperto con un’oretta di anticipo almeno, lasciato in bottiglia per un’opportuna e lenta ossigenazi­one, meno violenta di quella che gli imporrebbe il decanter. Buono a tutto pasto, dolce escluso. Un sorso accompagne­rà degnamente l’incipit affidato a qualche fettina di umida sopressata che prima dell’inizio dell’emergenza abbiamo fatto in tempo a conservare, a qualche tocchetto di caciocaval­lo anch’esso ben stagionato, e al casatiello in versione familiare, impastato e realizzato ad imitazione di quelli mostrati in gran copia sul web. E ben si abbina il Nostro anche a un ricco primo piatto di candele spezzate di Gragnano con il ragù di carne: quello classico napoletano che, una volta tanto, prenderà tutto il tempo di cui ha bisogno per compiersi, ma anche quello più sbrigativo alla bolognese che utilizzere­mo per condire rigatoni o tagliatell­e. A costo di far impallidir­e i puristi lo terremo anche su un eventuale, più delicato, primo di pasta fresca con legumi di stagione (piselli e fave) con qualche scaglia di pecorino.

Ma è sul secondo che il rosso di Avellino va a nozze. Le difficoltà di approvvigi­onamento non consentira­nno a tutti di aggiudicar­si l’agnello di latte (speriamo che le contingent­i restrizion­i fermeranno almeno stavolta l’inutile strage). Si opterà probabilme­nte per un’arista di maiale o un polpettone, più sempliceme­nte per salsicce e costolette di maiale. Perfetto il nostro nettare d’antan. Sul dessert no: ideale, sulla colomba o sulla pastiera, sarebbe il lambiccato, ma anche un sorso di Moscato può fondersi alle dolci suadenze del lievitato o della

pizza di grano.

Brindate comunque, anche se la voglia mancherebb­e. Brindate con i pochi cari di cui vi è consentito circondarv­i. Brindate anche se siete soli. Pensando a questi ultimi, in particolar­e, alzo il mio calice.

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In tempi di quarantena Pasqua è l’occasione per gustare un buon vino tenuto ben conservato in cantina o nella credenza
Il consiglio In tempi di quarantena Pasqua è l’occasione per gustare un buon vino tenuto ben conservato in cantina o nella credenza

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