Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Rischiamo di restare fuori dalla storia»
Il docente: non si può immaginare la «Fase 2» se non diversificando e partendo laddove l’intensità è più bassa. Se si sbaglia in Lombardia è la catastrofe
Nella guerra tra Nord e Sud, tra improvvise aperture e prudenti chiusure, il rischio per Luigi Mascilli Migliorini è che «il Sud, ancora una volta, resti fuori dalla storia. Perché in questo momento le più fortunate o virtuose regioni meridionali sono lasciate sole. Senza interlocutori».
Professore anche la pandemia sta dividendo il Paese? Perché?
«Non mi sorprende. Da osservatore, da uomo che sta in casa e legge, credo che la situazione sia concentrata, con veemenza, sulla questione Nord e soprattutto sulla Lombardia. Che vive una condizione particolare: un decimo dei morti del pianeta, moltissimi contagi ancora. Ma questo caso particolare non può diventare l’unica guida di condotta di un Paese di 65 milioni di abitanti».
È il caso più grave, però.
«Non è un’argomentazione valida. Non si può costruire una soluzione nazionale sulla base di una sola regione».
Il Nord spinge per riaprire tutto, il Sud si chiude. Mancano una regia e un punto di equilibrio.
«Se in Campania ci sono 37 contagi in un giorno e in Lombardia ancora mille, parliamo di due pianeti diversi. Non si può immaginare la Fase 2 se non diversificando. Ma partendo laddove l’intensità è più bassa».
De Luca si dice pronto a chiudere, invece, la Campania ancora di più.
«De Luca lo capisco. Ha ragione quando dice che non si può ripartire dal cuore del problema. Gli esperimenti li comincerei dalle nostre parti, anche per capire cosa succede. Se sbagliamo in Lombardia è la catastrofe. Il Sud non sarà la locomotiva d’Italia ma ci sono settori strategici come il turismo, che è in grave sofferenza, e avrebbe bisogno di un accudimento. Se lo deve pensare il singolo governatore o sindaco è sbagliato. Non può diventare una ripicca regionale, deve essere il governo a concertare le aperture con la Campania o la Sicilia. Che sostenga i presidenti. È come se il Sud fosse invece una grande isola, che tutti ignorano».
E il rischio è quello di rimanere, ancora una volta, fuori dalla storia.
«Esatto come ai tempi della Resistenza, come se l’Italia fosse stata liberata solo dai partigiani del Centro-Nord e noi sappiamo che non è vero. Ma comunque è passata l’idea che da queste parti non si fa la storia. Rischiamo che ricapiti, che un domani nella memoria della pandemia rimarrà che siamo stati a guardare. Non è così».
Non crede che un altro limite che ha fatto emergere la pandemia da Covid 9 è quello del regionalismo?
«Non c’è dubbio. Una personalità come quella di Conte, per quanto discutibile, non ci fa naufragare del tutto, perché è fuori dalle dinamiche dei partiti. Il nostro impianto costituzionale prevede un esecutivo poco difeso rispetto all’ondeggiare delle maggioranze. Quanto alle regioni sono nate male e non è mai stata fatta una riforma seria sulla strada tedesca dei land. Il coronavirus sta facendo uscire il carattere di ognuno di noi, ma anche i limiti nazionali: come un regionalismo imperfetto. Il Titolo V è un pasticcio, Bassanini s’è inventato balocchi costituzionali che alla prima prova seria non hanno retto. Dopo ci sarà molto da fare, anzi rifare».
Il futuro Il pericolo è che nella memoria della pandemia rimarrà che siamo stati a guardare. Non è così
Le Regioni Sono nate male e non è mai stata fatta una seria riforma, il virus ne sta facendo uscire i limiti