Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Più sostegno alle imprese e meno burocrazia

- Di Giovanni Tricchinel­li

Man mano che passano i giorni, è sempre più evidente la drammatici­tà della situazione provocata da questo terribile virus. La pandemia sta generando paura e incertezza nelle nostre vite personali e nella quotidiani­tà delle nostre famiglie, nei ritmi sconvolti e nelle nostre città.

Stiamo verificand­o ogni giorno di più che l’emergenza non è solo quella sanitaria, ma investe con sempre maggiore durezza l’economia, il lavoro, il futuro dei nostri figli. Difronte a questo nemico subdolo e invisibile, però, non dobbiamo cedere né al catastrofi­smo né all’isteria collettiva.Ora più che mai ci dobbiamo affidare alla scienza e, per chi crede, all’intercessi­one dei santi, che in altre epoche venivano invocati per debellare la peste, questo terribile male che, periodicam­ente, semina morte e lutti a non finire. I nostri padri, ma ancor più i nostri nonni, ricordano bene la potenza distruttri­ce della «spagnola». Un’epidemia che, nel biennio 1919/20 provocò oltre 50 milioni di morti, molti di più di quelli che provocò la prima guerra mondiale. Eppure nonostante il male, la povertà e la morte, il mondo si riprese.

Avvenne per tanti paesi europei, ma soprattutt­o per l’Italia. Nel secondo dopoguerra, difronte ai lutti e alle macerie, nessuno si perse d’animo e tutti contribuir­ono, il Nord, il Centro e il Sud, alla rinascita e al riscatto del nostro Paese. Certo, la situazione che stiamo vivendo in questi giorni è molto diversa. Ma le insidie e i pericoli che porta con sé non vanno assolutame­nte sottovalut­ati. Nel giro di pochi mesi siamo precipitat­i in una crisi, che è considerat­a e vissuta come la più grave crisi della nostra storia repubblica­na. Con lo sguardo rivolto all’emergenza economica vorrei alcuni dati che ci ha fornito la Svimez (l ‘Associazio­ne per lo sviluppo del Mezzogiorn­o).

Sono cifre impietose! Il cosidetto lockdown (l’isolamento) costa, a ciascuno di noi, 7 88 euro al mese. Ogni 30 giorni l’ltalia perde 47 miliardi.

E non è finita. Il Pil del 2020, se il motore produttivo non riprende a girare, si potrebbe ridurre dell”8,4%. Di fatto, dopo l’8 marzo, si sono fermati 2,5 milioni di lavoratori autonomi, oltre tutto il comparto della Pubblica Amministra­zione Insomma, siamo in presenza di uno shock senza precedenti.

Se entriamo poi nel dettaglio vediamo che la «chiusura» del Paese costa, come detto, 47 miliardi al mese: 37 al Centro-Nord e 10 al Sud. Ammesso, come tutti ci auguriamo, che l’economia riprenda a girare nella seconda parte dell’anno, il Pil nel 2020, comunque, potrebbe ridursi dell’8,5 per cento per il Centro-Nord e del 7,9 per cento per il Mezzogiorn­o.

L’epidemia in Italia, ha praticamen­te fermato circa 2,5 milioni di lavoratori indipenden­ti: oltre 1,2 milioni al Nord, oltre 500 mila al Centro, quasi 800 mila nel Mezzogiorn­o. Si tratta in larga parte di autonomi e partite Iva: oltre 2,1 milioni, di cui 1 milione al Nord, oltre 400 mila al Centro e quasi 700 mila nel Mezzogiorn­o.

Ebbene in questo scenario da incubo in cui il virus ci ha sospinto lo scorso 8 aprile, in una interessan­te intervista al Corriere della Sera, il presidente della Confcooper­ative, Maurizio Gardini, ha lanciato il suo grido d’allarme. Le misure del contenimen­to del coronaviru­s, solo nel suo settore (che raggruppa oltre 18 mila imprese), ha «bruciato» 1.321 miliardi di euro. Una somma che è pari al 42,4 del totale del fatturato dell’industria e dei servizi. Siamo di fronte ad uno shock epocale ha spiegato Maurizio Gardini perché a rischiare sono soprattutt­o le piccole e medie imprese. Quelle stesse imprese, aggiungo io, che rappresent­ano l’ossatura del sistema produttivo, non solo al Centro-Nord ma soprattutt­o al Sud.

Senza una massiccia iniezione di liquidità, ha spiegato ancora Gardini, rischiano di

chiudere un milione di imprese. Ecco allora l’urgenza di provvedime­nti tempestivi ed

efficaci. Le banche dovranno accelerare nell’istruttori­a delle pratiche, mentre la Pubblica Amministra­zione dovrà, non al trotto ma al galoppo,

saldare i suoi debiti con le imprese: debiti che ammontano alla bellezza di 53 miliardi di euro.

Se vogliamo poi fare un ragionamen­to di prospettiv­a, mai come ora serve un patto tra Nord e Sud per la ricostruzi­one del Paese. Lo Stato, le Regioni, gli imprendito­ri, così come le grandi banche e le istituzion­i finanziari­e, tutti insieme dovranno posizionar­si ai primi posti di combattime­nto.

In tutto questo scenario, però, non possiamo dimenticar­le “Europa e l’Unione Europea che dovrà fare la parte del leone. E lo dovrà fare con una politica solidale e cooperativ­a, attivando strumenti finanziari nuovi e originali mai sperimenta­ti nel passato. Ecco perché l’invito di Mario Draghi ad agire sulla leva del debito pubblico dovrà incrociare, pena la stessa sopravvive­nza dell’Unione, strumenti di sostegno all’economia degli Stati membri, come gli Eurobond o altri titoli espressame­nte dedicati a questa emergenza, mai vissuta nella storia dell’Europa Unita.

Su questo delicatiss­imo tasto è intervenut­o con tutta la sua autorità e il prestigio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per la Confindust­ria si è fatto sentire il Presidente Boccia, mentre, sul fronte del Credito, divenuto cruciale per la nostra economia, sono scesi in campo autorevoli personalit­à come Giovanni Bazoli, già Presidente del Consiglio di sorveglian­za di Intesa San Paolo, Carlo Messina, amministra­tore delegato del Gruppo Isp e Giuseppe Castagna, Amministra­tore delegato del Banco Popolare di Milano. Tutti accomunati da un solo obiettivo: ridare ossigeno alla nostra economia e sostenere il mondo dell’imprese e quello del lavoro. Ma più di ogni altra cosa dobbiamo incalzare l’Europa. Ora più che mai dovrà mettere in campo tutti gli strumenti possibili e immaginabi­li per la rinascita dell’Italia di tutti gli altri paesi europei duramente colpiti da questo flagello.

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