Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Più sostegno alle imprese e meno burocrazia
Man mano che passano i giorni, è sempre più evidente la drammaticità della situazione provocata da questo terribile virus. La pandemia sta generando paura e incertezza nelle nostre vite personali e nella quotidianità delle nostre famiglie, nei ritmi sconvolti e nelle nostre città.
Stiamo verificando ogni giorno di più che l’emergenza non è solo quella sanitaria, ma investe con sempre maggiore durezza l’economia, il lavoro, il futuro dei nostri figli. Difronte a questo nemico subdolo e invisibile, però, non dobbiamo cedere né al catastrofismo né all’isteria collettiva.Ora più che mai ci dobbiamo affidare alla scienza e, per chi crede, all’intercessione dei santi, che in altre epoche venivano invocati per debellare la peste, questo terribile male che, periodicamente, semina morte e lutti a non finire. I nostri padri, ma ancor più i nostri nonni, ricordano bene la potenza distruttrice della «spagnola». Un’epidemia che, nel biennio 1919/20 provocò oltre 50 milioni di morti, molti di più di quelli che provocò la prima guerra mondiale. Eppure nonostante il male, la povertà e la morte, il mondo si riprese.
Avvenne per tanti paesi europei, ma soprattutto per l’Italia. Nel secondo dopoguerra, difronte ai lutti e alle macerie, nessuno si perse d’animo e tutti contribuirono, il Nord, il Centro e il Sud, alla rinascita e al riscatto del nostro Paese. Certo, la situazione che stiamo vivendo in questi giorni è molto diversa. Ma le insidie e i pericoli che porta con sé non vanno assolutamente sottovalutati. Nel giro di pochi mesi siamo precipitati in una crisi, che è considerata e vissuta come la più grave crisi della nostra storia repubblicana. Con lo sguardo rivolto all’emergenza economica vorrei alcuni dati che ci ha fornito la Svimez (l ‘Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno).
Sono cifre impietose! Il cosidetto lockdown (l’isolamento) costa, a ciascuno di noi, 7 88 euro al mese. Ogni 30 giorni l’ltalia perde 47 miliardi.
E non è finita. Il Pil del 2020, se il motore produttivo non riprende a girare, si potrebbe ridurre dell”8,4%. Di fatto, dopo l’8 marzo, si sono fermati 2,5 milioni di lavoratori autonomi, oltre tutto il comparto della Pubblica Amministrazione Insomma, siamo in presenza di uno shock senza precedenti.
Se entriamo poi nel dettaglio vediamo che la «chiusura» del Paese costa, come detto, 47 miliardi al mese: 37 al Centro-Nord e 10 al Sud. Ammesso, come tutti ci auguriamo, che l’economia riprenda a girare nella seconda parte dell’anno, il Pil nel 2020, comunque, potrebbe ridursi dell’8,5 per cento per il Centro-Nord e del 7,9 per cento per il Mezzogiorno.
L’epidemia in Italia, ha praticamente fermato circa 2,5 milioni di lavoratori indipendenti: oltre 1,2 milioni al Nord, oltre 500 mila al Centro, quasi 800 mila nel Mezzogiorno. Si tratta in larga parte di autonomi e partite Iva: oltre 2,1 milioni, di cui 1 milione al Nord, oltre 400 mila al Centro e quasi 700 mila nel Mezzogiorno.
Ebbene in questo scenario da incubo in cui il virus ci ha sospinto lo scorso 8 aprile, in una interessante intervista al Corriere della Sera, il presidente della Confcooperative, Maurizio Gardini, ha lanciato il suo grido d’allarme. Le misure del contenimento del coronavirus, solo nel suo settore (che raggruppa oltre 18 mila imprese), ha «bruciato» 1.321 miliardi di euro. Una somma che è pari al 42,4 del totale del fatturato dell’industria e dei servizi. Siamo di fronte ad uno shock epocale ha spiegato Maurizio Gardini perché a rischiare sono soprattutto le piccole e medie imprese. Quelle stesse imprese, aggiungo io, che rappresentano l’ossatura del sistema produttivo, non solo al Centro-Nord ma soprattutto al Sud.
Senza una massiccia iniezione di liquidità, ha spiegato ancora Gardini, rischiano di
chiudere un milione di imprese. Ecco allora l’urgenza di provvedimenti tempestivi ed
efficaci. Le banche dovranno accelerare nell’istruttoria delle pratiche, mentre la Pubblica Amministrazione dovrà, non al trotto ma al galoppo,
saldare i suoi debiti con le imprese: debiti che ammontano alla bellezza di 53 miliardi di euro.
Se vogliamo poi fare un ragionamento di prospettiva, mai come ora serve un patto tra Nord e Sud per la ricostruzione del Paese. Lo Stato, le Regioni, gli imprenditori, così come le grandi banche e le istituzioni finanziarie, tutti insieme dovranno posizionarsi ai primi posti di combattimento.
In tutto questo scenario, però, non possiamo dimenticarle “Europa e l’Unione Europea che dovrà fare la parte del leone. E lo dovrà fare con una politica solidale e cooperativa, attivando strumenti finanziari nuovi e originali mai sperimentati nel passato. Ecco perché l’invito di Mario Draghi ad agire sulla leva del debito pubblico dovrà incrociare, pena la stessa sopravvivenza dell’Unione, strumenti di sostegno all’economia degli Stati membri, come gli Eurobond o altri titoli espressamente dedicati a questa emergenza, mai vissuta nella storia dell’Europa Unita.
Su questo delicatissimo tasto è intervenuto con tutta la sua autorità e il prestigio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per la Confindustria si è fatto sentire il Presidente Boccia, mentre, sul fronte del Credito, divenuto cruciale per la nostra economia, sono scesi in campo autorevoli personalità come Giovanni Bazoli, già Presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo, Carlo Messina, amministratore delegato del Gruppo Isp e Giuseppe Castagna, Amministratore delegato del Banco Popolare di Milano. Tutti accomunati da un solo obiettivo: ridare ossigeno alla nostra economia e sostenere il mondo dell’imprese e quello del lavoro. Ma più di ogni altra cosa dobbiamo incalzare l’Europa. Ora più che mai dovrà mettere in campo tutti gli strumenti possibili e immaginabili per la rinascita dell’Italia di tutti gli altri paesi europei duramente colpiti da questo flagello.