Corriere del Mezzogiorno (Campania)
SI PARLA POCO DI GIUSTIZIA
Nel dibattito sulla fase 2 c’è un grande assente: la giustizia. Qualche timido cenno riguarda la giustizia penale. Quest’ultima, si sa, è la risposta violenta dello Stato alle azioni che mettono in pericolo la convivenza civile. Di conseguenza è impossibile farne a meno (ma sarebbe necessario che lo Stato ne facesse uso con molta moderazione e prudenza soprattutto in relazione alle condotte connotate da sola colpa). Per il resto la sensazione è che l’attività giudiziaria possa essere sospesa a tempo indeterminato senza che la collettività ne abbia a risentire. Coloro che operano nel settore della giustizia, preoccupandosi della loro incolumità e pretendendo che essa sia garantita al 100% prima che si torni al lavoro, accreditano l’idea della sospensione e giustificano le iniziative di coloro i quali, in assenza dello Stato, progettano come fare da soli.
Fa discutere (e infiamma i social) la possibilità che nelle prossime settimane il processo penale possa svolgersi da remoto: l’emergenza non è ancora alle spalle e dunque è impensabile riaprire i tribunali sic et simpliciter. Ma i penalisti mettono le mani avanti e fanno sapere: non accetteranno mai un processo «dematerializzato». Tra le ultime voci che si sono levate contro il processo telematico, auspicato dalla presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo, per ridurre i rischi di contagio (una delle prime era stata quella di Bruno Botti), c’è quella della onlus «Il carcere possibile», che esprime «fermo dissenso al simulacro di processo che, con il pretesto del periodo emergenziale, il nostro governo ed una parte consistente della magistratura anela come modello normativo anche per il futuro. Siamo consapevoli dell’eccezionalità del momento e dell’esigenza di conciliare la tutela del diritto alla salute con il funzionamento della Giustizia. Certamente anche per noi sarebbe conveniente celebrare il processo comodamente dalle nostre abitazioni, ma ci battiamo e ci batteremo finché avremo forza perché questo non accada. Significherebbe estromettere l’avvocato dalle udienze svilendone la natura e ruolo». Toni accesi, dunque, in vista della ripresa dell’attività giudiziaria, fissata per il 12 maggio. Ma la polemica infuria già da giorni: era già stato organizzato, infatti, un flash mob per il prossimo 5 maggio davanti all’ingresso principale del Palazzo di Giustizia. Tra i promotori c’è l’avvocato Raffaele De Cicco, che è tra i più determinati: «Il 5 maggio del 1860 mille uomini conquistarono l’Italia per renderla unita. Il 5 maggio 2020, 1.000 avvocati penalisti partiranno da Napoli con un gesto di protesta contro il processo da remoto e cercheranno di sensibilizzare tutti i fori d’Italia».