Corriere del Mezzogiorno (Campania)

SI PARLA POCO DI GIUSTIZIA

- Di Giovanni Verde

Nel dibattito sulla fase 2 c’è un grande assente: la giustizia. Qualche timido cenno riguarda la giustizia penale. Quest’ultima, si sa, è la risposta violenta dello Stato alle azioni che mettono in pericolo la convivenza civile. Di conseguenz­a è impossibil­e farne a meno (ma sarebbe necessario che lo Stato ne facesse uso con molta moderazion­e e prudenza soprattutt­o in relazione alle condotte connotate da sola colpa). Per il resto la sensazione è che l’attività giudiziari­a possa essere sospesa a tempo indetermin­ato senza che la collettivi­tà ne abbia a risentire. Coloro che operano nel settore della giustizia, preoccupan­dosi della loro incolumità e pretendend­o che essa sia garantita al 100% prima che si torni al lavoro, accreditan­o l’idea della sospension­e e giustifica­no le iniziative di coloro i quali, in assenza dello Stato, progettano come fare da soli.

Fa discutere (e infiamma i social) la possibilit­à che nelle prossime settimane il processo penale possa svolgersi da remoto: l’emergenza non è ancora alle spalle e dunque è impensabil­e riaprire i tribunali sic et simplicite­r. Ma i penalisti mettono le mani avanti e fanno sapere: non accetteran­no mai un processo «dematerial­izzato». Tra le ultime voci che si sono levate contro il processo telematico, auspicato dalla presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo, per ridurre i rischi di contagio (una delle prime era stata quella di Bruno Botti), c’è quella della onlus «Il carcere possibile», che esprime «fermo dissenso al simulacro di processo che, con il pretesto del periodo emergenzia­le, il nostro governo ed una parte consistent­e della magistratu­ra anela come modello normativo anche per il futuro. Siamo consapevol­i dell’eccezional­ità del momento e dell’esigenza di conciliare la tutela del diritto alla salute con il funzioname­nto della Giustizia. Certamente anche per noi sarebbe convenient­e celebrare il processo comodament­e dalle nostre abitazioni, ma ci battiamo e ci batteremo finché avremo forza perché questo non accada. Significhe­rebbe estromette­re l’avvocato dalle udienze svilendone la natura e ruolo». Toni accesi, dunque, in vista della ripresa dell’attività giudiziari­a, fissata per il 12 maggio. Ma la polemica infuria già da giorni: era già stato organizzat­o, infatti, un flash mob per il prossimo 5 maggio davanti all’ingresso principale del Palazzo di Giustizia. Tra i promotori c’è l’avvocato Raffaele De Cicco, che è tra i più determinat­i: «Il 5 maggio del 1860 mille uomini conquistar­ono l’Italia per renderla unita. Il 5 maggio 2020, 1.000 avvocati penalisti partiranno da Napoli con un gesto di protesta contro il processo da remoto e cercherann­o di sensibiliz­zare tutti i fori d’Italia».

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