Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cotugno, il medico degli Incurabili che capì l’importanza del vaccino
Scienziato di intelligenza fuori dall’ordinario, venne ammirato in Italia ma anche all’estero Studiò le infezioni e fu maestro di anatomia
Ai suoi tempi, a Napoli, si diceva che nessuno poteva morire senza il suo permesso. Fu uno straordinario scienziato in un’epoca di rivoluzioni scientifiche e sociali. Egli stesso fu un rivoluzionario della medicina a cui diede un moderno sviluppo, basato sulla ricerca e l’analisi clinica, preso poi a modello in Italia e in Europa. Fu medico di corte e tra i primi in Europa a capire l’importanza delle vaccinazioni e a praticarle nel Regno di Napoli. Oggi il suo nome è legato all’omonimo ospedale, in prima linea contro le infezioni come quella del Coronavirus. Stiamo parlando di Domenico Cotugno.
Nella prefazione a un volume del 2007 sulla storia dell’ospedale Cotugno, il grande autore siciliano Andrea Camilleri scrive: «La scheda su di lui che i lettori troveranno all’interno del libro, asserisce con una certa discrezione che egli si mantenne agli studi “in maniera modesta”. No, si mantenne a pane e fichi secchi, letteralmente. Sveniva talvolta per la fame. E riuscì a diventare un luminare della medicina, le sue pubblicazioni divennero testi fondamentali per gli studiosi europei».
Cotugno nasce a Ruvo di Puglia (Bari) nel 1736 da genitori di modeste condizioni che però, vista la sua spiccata intelligenza, con grandi sacrifici riescono a mandarlo a Molfetta a studiare latino. Ma Domenico sente forte il richiamo della scienza e a soli dodici anni, tornato a Ruvo, si mette a studiare logica, matematica, fisica e scienze naturali. I primi passi nella medicina li muove sotto la guida del dottor Guerna, un medico pugliese molto stimato.
La svolta arriva però nel dicembre del 1753 quando va a Napoli per studiare medicina all’università. È brillante e instancabile e dopo solo un anno vince il concorso per un posto di «pratico degl’Incurabili» al famoso ospedale napoletano, all’epoca uno dei migliori d’Italia.
Inizia così a guadagnarsi da vivere e continua a studiare ma la fatica è tale che la salute ne risente. Colpiti dalla serietà del giovane, i rettori dell’ospedale gli aumentano il compenso e gli trovano un’abitazione migliore e così, nel 1756, Cotugno si laurea alla famosa Scuola medica di Salerno. Da quel momento si dedica alla ricerca e la sua attività non conosce soste.
Nel 1765, desiderando conoscere i migliori medici d’Italia, parte per un viaggio che racconterà poi in una sorta di diario. A Padova, ad esempio, incontra il famoso Morgagni, titolare della cattedra di anatomia all’università, mentre a Pavia rinuncia alla stessa cattedra che accetta, invece, l’anno seguente all’università di Napoli.
Ormai è uno scienziato affermato e quando nel 1780 a Napoli viene fondata la Reale Accademia delle Scienze, è tra i primi soci. Soprattutto nell’anatomia (di cui terrà per moltissimi anni la cattedra) restano memorabili i suoi contributi come la prima descrizione degli acquedotti del vestibolo e della chiocciola nell’orecchio, descritti in un’opera di ben novantaquattro capitoli e dieci illustrazioni incise su rame. Fu anche il primo a riportare l’osservazione microscopica del nervo sciatico e a distinguere le cause della sua infiammazione e il primo a dimostrare la presenza dell’albumina nelle urine.
La fama di Cotugno è tale che diventa medico di Ferdinando IV e della regina; sviluppa la prima commissione per la salute pubblica nella storia di Napoli, realizza il Ricettario Farmaceutico Napoletano e, in pratica è il primo a separare la carriera di farmacista da quella di medico. Come esponente di spicco della società napoletana conosce e frequenta molti nomi legati alle vicende rivoluzionarie del 1799: Gennaro Serra di Cassano, Eleonora de Fonseca Pimentel, Domenico Cirillo, Francesco Caracciolo, Antonio Genovesi e altri. Tuttavia, come ricorda il suo biografo Antonio Jatta: «Vivendo per la scienza, egli non s’interessò del movimento politico da essi promosso; […] e perciò in prosieguo […] egli si ebbe la stima e la più alta considerazione del governo francese, e continuò a prestare anche sotto di questo segnalati servizi al paese nel campo scientifico».
Nel 1807, infatti, Giuseppe Napoleone lo nomina membro del Comitato Centrale di Vaccinazione, ma anche allora Cotugno non dimentica i suoi doveri verso la famiglia reale, curando per corrispondenza la regina esiliata a Palermo. Una fedeltà pericolosa perché sarà scoperto e processato per i rapporti con i Borbone. Si salverà dimostrando la natura strettamente professionale della sua corrispondenza, senza mai svelare l’identità della paziente, dando uno dei primi esempi di segreto professionale tra medico e ammalato.
Cotugno muore a Napoli nel 1822, famoso e rispettato in tutta Europa, lasciando i suoi cospicui beni all’ospedale degli Incurabili che lo aveva accolto giovanissimo e dove aveva sostenuto di tasca propria molti giovani medici. La sua fu una vita dedita alla medicina di cui disse, con grande modestia: «E’ una cognizione, una intuizione, non una scienza da imparare. L’ha prodotta la natura e solo lei la conosce davvero».
A Napoli si diceva: nessuno può morire senza il suo permesso