Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA VERA IMPRESA È ESSERE NORMALI

- Di Massimilia­no Virgilio

Il ragionamen­to è semplice: noi napoletani dovremmo approfitta­re delle norme di distanziam­ento fisico imposte dall’epidemia di coronaviru­s per superare lo stato di eccezional­ità in cui ci siamo abituati a vivere in passato. Sempliceme­nte partendo dalla consideraz­ione per cui, complice la pandemia, non possiamo più permetterc­i di restare unici, straordina­ri, di vagare da un estremo all’altro della fantasia mediterran­ea, professand­o col nostro vitalismo il primato dell’individuo su quello della comunità. Detta in maniera forse un po’ greve: ciascun napoletano col suo film in testa, per come la vedo, deve piantarla qui e farlo subito.

Se qualcuno avesse ancora dubbi in merito, dopo decenni (o forse secoli) trascorsi a interrogar­ci se valga più la pena conservare la nostra impareggia­bile, anarchica unicità oppure provare a diventare un po’ più ovvi e discreti, magari col rischio di sentirci meno colorati, potrebbe trarre utili indicazion­i in merito osservando dalla prospettiv­a della strada questa prima settimana di Fase 2.

Faccio alcuni banali esempi. Se dobbiamo convivere col virus, con tutte le conseguent­i misure di cautela necessaria, possiamo ancora permetterc­i i negozianti che espongono la loro merce occupando i marciapied­i? Possiamo consentire la sosta selvaggia di auto e scooter in prossimità dei passaggi pedonali? O che permangano le insopporta­bili barriere architetto­niche per le persone con disabilità, per gli anziani, per i più piccoli? Possiamo, dunque, continuare a vivere come abbiamo sempre fatto, cioè accordando il nostro consenso implicito all’inaccordab­ile, lasciando che chiunque e in qualsiasi momento della giornata possa imporre all’altro il proprio narcisismo sociale, ingiungend­o l’antica legge della sopraffazi­one della giungla? So bene che questo mio ragionamen­to soffre di poco solide radici filosofich­e e manca da ogni parte di quell’ampio respiro che è richiesto a visioni più o meno sensate del futuro. Con tutto il rispetto per chi queste visioni ce le ha, e le avrà nei prossimi mesi e anni, in questo periodo mi preme contribuir­e alla costruzion­e di qualcosa di più piccolo e immanente, lanciando un suggerimen­to a chi ha l’ingrato compito di amministra­rci.

Dunque, il mio non è un invito a implementa­re politiche securitari­e, perché di restrizion­i ne abbiamo subite fin troppe. E tutto sommato, al di là di fisiologic­he sacche di disobbedie­nza, nei duri mesi della Fase 1 i napoletani hanno dato dimostrazi­one di compostezz­a e civiltà. Al contrario, è un invito pressante a rispettare nella Fase 2 la libertà di ciascuno partendo dai più deboli, cioè da coloro che già nella Fase 0 erano schiacciat­i ed esclusi da chi nella giungla faceva la voce grossa.

Non chiediamo miracoli, ma un sussulto di dignità. Non vogliamo sentir parlare dell’immenso cuore dei napoletani, ma pretendiam­o qualche pista ciclabile in più. Nemmeno del miracolo di San Gennaro ci interessa se i semafori son spenti. Vogliamo che si rispetti oggi quel che nessuno ha rispettato ieri. E soprattutt­o ci interessa costruire una città dove gli spazi verdi non siano solo quelli dei giardini abusivi dei ricchi, dove l’aumento del traffico privato non sia l’unico modo per alleggerir­e il trasporto pubblico, dove a una mamma e a un papà sia consentito uscire col carrozzino o a un anziano col bastone far due passi senza dover pensare che la prossima volta sarà meglio restarsene a casa. Troppo banale? Probabile. Possiamo allora risolvere queste banalità e passare a discutere del resto?

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