Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Palazzo d’Avalos «Ora salviamo l’antico Giardino delle camelie»
Il Gardino della camelie, preziosa area verde all’interno di Palazzo d’Avalos, ha oggi perso lo splendore d’un tempo. Ecco perché due associazioni culturali, il «Comitato Gazebo Verde» — che si occupa della tutela e della valorizzazione dei giardini storici — e l’attivo «Comitato di Portosalvo», lanciano la proposta di un utilizzo pubblico dello spazio naturalistico: «L’obiettivo è quello di sviluppare un progetto che possa permettere la fruizione di questo giardino per finalità culturali».
I boccioli sono già tutti in rigoglio nel Giardino delle
camelie di Palazzo d’Avalos. La prima fioritura dopo più di cinquecento anni senza che vi sia un principe a rimirar quel rosso passione in mezzo al verde. La natura non conosce tribunali, cause kafkiane né atti di proprietà: in questa primavera senza marchesi del Vasto ci sono solo erbacce a soffocare i fiori e i resti degli eleganti arredi.
Quello che un tempo era un aristocratico giardino, prima ancora dei d’Avalos di pertinenza della Certosa di San Martino che possedeva la collina fino al mare, ora al pari del Palazzo è un ginepraio in abbandono. Dopo l’ultimo atto, lo sfratto del principe Andrea d’Avalos e della sua anziana madre, la storica magione aspetta di rinascere. E lo farà grazie all’intervento del ministro Dario Franceschini, attraverso il suo direttore generale Salvo Nastasi, dopo una lunga e fruttuosa campagna giornalistica portata avanti dal
Corriere del Mezzogiorno.
Il Mibact, infatti, per fare un riepilogo post-lockdown, in base al codice dei Beni culturali ha intimato alla società Vasto della famiglia Ferlaino — che ne detiene oggi la proprietà dopo una lunga causa con i d’Avalos — di provvedere al restauro dei piani nobili in base a un progetto conservativo, mantenendone intatta la pianta e i decori. La bonifica riguarderà necessariamente anche il giardino che è l’unico esistente e di pertinenza di una dimora aristocratica in via dei Mille. Questa sua unicità ha suggerito a due associazioni culturali, il “Comitato Gazebo Verde” che si occupa della tutela e della valorizzazione dei giardini storici e l’attivo “Comitato di Portosalvo”, la proposta di un utilizzo pubblico dello spazio naturalistico: «L’obiettivo è quello di sviluppare un progetto che possa permettere la fruizione di questo giardino per finalità culturali con un accordo tra le nostre associazioni, la soprintendenza e la proprietà», dice Antonio Pariante. E Maria Teresa Ercolanese di “Gazebo verde” racconta: «È uno dei giardini storici più importanti di Napoli. Tra quelli annessi ai palazzi nobiliari è, dai dati che abbiamo a disposizione, l’unico che riporta la stessa forma a croce che ritroviamo nel giardino della Chiesa di Santa Chiara, il quale, com’è noto, è tra i più antichi della città.
Stiamo parlando, infatti, di un giardino con il boschetto con le camelie che era il vanto del palazzo stesso. È evidente che la sua disposizione cinquecentesca fosse differente con pozzi e grandi agrumeti. Altro pregio, il suo degradare ancora oggi su una terrazza panoramica sul mare. Il nostro obiettivo è che, dopo l’importante serie di articoli con i quali il Corriere del Mezzogiorno ha reso un alto servizio alla collettività e alla cultura della città, e il conseguente intervento del Mibact, i lavori di recupero riguardino anche il giardino. Stiamo mettendo a punto un progetto di recupero dell’area verde storica da presentare alla soprintendenza e al Comune. Il tutto finalizzato a un’eventuale possibilità di fruirlo».
«È una bella idea» commenta il soprintendente all’Archeologia, Belle arti e paesaggio Luigi La Rocca. «In futuro e in linea di massima perché non conosco ancora il progetto, credo che sia una strada praticabile. I beni culturali vincolati, come lo stesso appartamento storico, vanno sottoposti a una politica di massima pubblicizzazione. Varrà la pena valutare la serietà dei progetti. Benché sia un bene privato, Palazzo d’Avalos con il suo giardino, è una testimonianza importante della storia di Napoli e, in quanto tale, fa parte anche dei beni comuni. Senza contare che in via di Mille sarebbe l’unico polmone verde: vale senz’altro la pena provarci».
Il binomio cinquecentesco palazzo-giardino è ricordato da Patrizia Spinelli Napoletano nel suo I giardini di Napoli (Liguori): «È giunto intatto un incantevole bosco. Di pianta quadra, colonne giallo pallido ornate di piperno, scandiscono l’andamento delle mura perimetrali, la cui spaziatura è ornata da vasche di marmo in cui fioriscono differenti specie. Clivie africane dal fiore rosso, kenthiae, i cui ventagli si aprono sui rampicanti di vite e gelsomino, philodendrum selloum, geranei, aralie e aspidistra...». Le rivedremo?
Ercolanese
È l’unico che riporta la stessa forma a croce del parco di Santa Chiara