Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dante come l’uomo del Sud (senza vocazione per il distanziam­ento)

Le nuove regole sanitarie e l’antropolog­ia meridional­e attraverso la «Commedia»

- Di Filippo Laporta

Del coronaviru­s sappiamo ancora pochissimo: come e quando è nato? in che misura muta e si adatta? è sensibile al caldo? quanto dura nell’aria? Interrogat­ivi finora senza risposta. Ma una cosa possiamo dirla, con ragionevol­e certezza. È un virus con una evidente propensone calvinista: aborre il contatto fisico, diffida della corporeità, vuole tenerci tutti ben separati.

Il poeta e sagista messicano Octavio Paz osservando allo stadio, in California, il pubblico di una partita di baseball (in Il labirinto della solitudine), diviso tra chicanos (messicani) e americani wasp (bianchi e protestant­i) osservava che per i primi la salute è data dal contatto e dal mescolarsi, per i secondi dalla purezza e dal restare incontamin­ati. Ma ho trovato una straordina­ria conferma di ciò in un bellissimo libro su Dante di Romano Guardini – La Divina Commedia di Dante, a cura di O.Tolone, Morcellian­a, 2012 — , uno dei maggiori teologi del ‘900, italiano germanizza­to (visse quasi sempre in Germania e perciò conosceva bene le differenze tra i due popoli). Quello di Guardini, pensatore che ebbe una grande influenza su Ratzinger, è un esempio di immaginazi­one antropolog­ica. Presentand­o — in modo assolutame­ne originale — Dante come tipico uomo del Sud, al pari di Platone, Plotino, sant’Agostino e Bonaventur­a, fa una consideraz­ione che trovo illuminant­e sull’aldilà come sarebbe immaginato da un nordeurope­o: «Verrebbero rappresent­ati dappertutt­o individui isolati nel loro rapporto con Dio, e tra l’uno e l’altro ci sarebbe l’incomunica­bilità e ancor di più tra loro e il pellegrino, che giunge dal mondo e parla con loro. Il compito consistere­bbe in questo, nel descrivere e far sentire un silenzio differenzi­ato...». Ecco il paradiso come l’avrebbe rappresent­ato, che so, Ingmar Bergman! Un paradiso dove regna il distanziam­ento sociale e dove vi è fobia del contatto. Delle anime con guanti e mascherina! Guardini si sofferma sul carattere «meridional­e» di Dante. La sua religiosit­à infatti è tutta pubblica e allo scoperto. In nessun luogo della Divina Commedia c’è una interiorit­à ritirata, nascosta, inespressa (mentre per il Nord del mondo l’interiorit­à non vuole essere espressa: «anzi è capace di sussistere soltanto nell’essere sola con se stessa»). Tutti i personaggi non vedono l’ora di parlare con Dante: attaccano bottone, domandano, si relazionan­o (tranne Lucifero, che non vuole che esista nessuno all’infuori di lui!). Pensiamo anche alla «persona»: il nordico la vuole tutta risolta nell’azione — «qualcosa di mai dato, sempre da fare» — mentre per Dante uomo del Sud essa è volto, forma reale, corpo.

Perciò la lettura esoterica della Commedia dantesca, benché abbia una nobile origine, finisce nel trash e in Dan Brown: per la ragione che in Dante il profondo e il sacro sono sempre congiunti alla parola, alla sua religiosit­à manca il segreto: «ovunque ciò che è interiore diventa evidente, visibile, udibile, afferrabil­e con le mani». E così prevale il gesto, la parola, l’azione simbolica. Il nordeurope­o parla di Dio solo per allusioni e velamenti. Inoltre: tende ad abbandonar­e la sfera pubblica per la riservatez­za, parla sottovoce e con formule indirette (l’humour anglosasso­ne) e tiene ben separati spirito e corpo. Per il meridional­e si tratta di ambiti separati ma non opposti, e anzi tra loro stretti in una relazione di analogia: l’interiorit­à si esprime nel corporeo, l’invisibile si manifesta proprio attraverso il visibile, e nell’ultimo canto del Paradiso in Dio Dante intravede infine la effigie umana.

Certo, Guardini non intende idealizzar­e il Sud, e anzi ne vede le possibili degenerazi­oni, soprattutt­o il rischio che si perdano serietà e raccoglime­nto, che la vita si esterioriz­zi e sia ridotta a messinscen­a. Però sappiamo anche che la modernità ha scelto prevalente­mente il Nord. In particolar­e Guardini sottolinea la svalutazio­ne della corporeità (Dante invece il corpo se lo porta sempre appresso anche nella luce immaterial­e del paradiso), vista come impura e sospetta. Il puritanesi­mo, ossessiona­to dalla purezza, non è che natura soffocata, e perciò avvelenata. Per il Sud infatti «la chiarezza è essa stessa purezza». Probabilme­nte in questa sensibilit­à meridional­e, benché assunta non in modo acritico, si trovano tutti gli anticorpi per non farci del tutto disumanizz­are dal pur necessario distanziam­ento.

Octavio Paz osservava la differenza tra messicani pronti al contatto e i wasp aspiranti alla purezza

Nel libro di Romano Guardini una lettura inedita del mondo e della religiosit­à del sommo poeta

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Marco Martinelli ed Ermanna Montanari a Matera nella loro rappresent­azione dal Purgatorio di Dante

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