Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Dante come l’uomo del Sud (senza vocazione per il distanziamento)
Le nuove regole sanitarie e l’antropologia meridionale attraverso la «Commedia»
Del coronavirus sappiamo ancora pochissimo: come e quando è nato? in che misura muta e si adatta? è sensibile al caldo? quanto dura nell’aria? Interrogativi finora senza risposta. Ma una cosa possiamo dirla, con ragionevole certezza. È un virus con una evidente propensone calvinista: aborre il contatto fisico, diffida della corporeità, vuole tenerci tutti ben separati.
Il poeta e sagista messicano Octavio Paz osservando allo stadio, in California, il pubblico di una partita di baseball (in Il labirinto della solitudine), diviso tra chicanos (messicani) e americani wasp (bianchi e protestanti) osservava che per i primi la salute è data dal contatto e dal mescolarsi, per i secondi dalla purezza e dal restare incontaminati. Ma ho trovato una straordinaria conferma di ciò in un bellissimo libro su Dante di Romano Guardini – La Divina Commedia di Dante, a cura di O.Tolone, Morcelliana, 2012 — , uno dei maggiori teologi del ‘900, italiano germanizzato (visse quasi sempre in Germania e perciò conosceva bene le differenze tra i due popoli). Quello di Guardini, pensatore che ebbe una grande influenza su Ratzinger, è un esempio di immaginazione antropologica. Presentando — in modo assolutamene originale — Dante come tipico uomo del Sud, al pari di Platone, Plotino, sant’Agostino e Bonaventura, fa una considerazione che trovo illuminante sull’aldilà come sarebbe immaginato da un nordeuropeo: «Verrebbero rappresentati dappertutto individui isolati nel loro rapporto con Dio, e tra l’uno e l’altro ci sarebbe l’incomunicabilità e ancor di più tra loro e il pellegrino, che giunge dal mondo e parla con loro. Il compito consisterebbe in questo, nel descrivere e far sentire un silenzio differenziato...». Ecco il paradiso come l’avrebbe rappresentato, che so, Ingmar Bergman! Un paradiso dove regna il distanziamento sociale e dove vi è fobia del contatto. Delle anime con guanti e mascherina! Guardini si sofferma sul carattere «meridionale» di Dante. La sua religiosità infatti è tutta pubblica e allo scoperto. In nessun luogo della Divina Commedia c’è una interiorità ritirata, nascosta, inespressa (mentre per il Nord del mondo l’interiorità non vuole essere espressa: «anzi è capace di sussistere soltanto nell’essere sola con se stessa»). Tutti i personaggi non vedono l’ora di parlare con Dante: attaccano bottone, domandano, si relazionano (tranne Lucifero, che non vuole che esista nessuno all’infuori di lui!). Pensiamo anche alla «persona»: il nordico la vuole tutta risolta nell’azione — «qualcosa di mai dato, sempre da fare» — mentre per Dante uomo del Sud essa è volto, forma reale, corpo.
Perciò la lettura esoterica della Commedia dantesca, benché abbia una nobile origine, finisce nel trash e in Dan Brown: per la ragione che in Dante il profondo e il sacro sono sempre congiunti alla parola, alla sua religiosità manca il segreto: «ovunque ciò che è interiore diventa evidente, visibile, udibile, afferrabile con le mani». E così prevale il gesto, la parola, l’azione simbolica. Il nordeuropeo parla di Dio solo per allusioni e velamenti. Inoltre: tende ad abbandonare la sfera pubblica per la riservatezza, parla sottovoce e con formule indirette (l’humour anglosassone) e tiene ben separati spirito e corpo. Per il meridionale si tratta di ambiti separati ma non opposti, e anzi tra loro stretti in una relazione di analogia: l’interiorità si esprime nel corporeo, l’invisibile si manifesta proprio attraverso il visibile, e nell’ultimo canto del Paradiso in Dio Dante intravede infine la effigie umana.
Certo, Guardini non intende idealizzare il Sud, e anzi ne vede le possibili degenerazioni, soprattutto il rischio che si perdano serietà e raccoglimento, che la vita si esteriorizzi e sia ridotta a messinscena. Però sappiamo anche che la modernità ha scelto prevalentemente il Nord. In particolare Guardini sottolinea la svalutazione della corporeità (Dante invece il corpo se lo porta sempre appresso anche nella luce immateriale del paradiso), vista come impura e sospetta. Il puritanesimo, ossessionato dalla purezza, non è che natura soffocata, e perciò avvelenata. Per il Sud infatti «la chiarezza è essa stessa purezza». Probabilmente in questa sensibilità meridionale, benché assunta non in modo acritico, si trovano tutti gli anticorpi per non farci del tutto disumanizzare dal pur necessario distanziamento.
Octavio Paz osservava la differenza tra messicani pronti al contatto e i wasp aspiranti alla purezza
Nel libro di Romano Guardini una lettura inedita del mondo e della religiosità del sommo poeta