Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Fase 2: il primo vernissage in una chiesa di Posillipo

- di Melania Guida

Il primo vernissage fisico e non virtuale del post-Covid napoletano è fissato per domani mattina in un luogo singolare: Santa Maria della Consolazio­ne a Villanova, un piccolo gioiello nel cuore antico di Posillipo, il Casale. La costruì Sanfelice nel 1737, deliziando con pregevoli stucchi e decori. Come tutte le chiese, anche la Consolazio­ne aveva sospeso le attività. E ora che ha riaperto i portoni ai fedeli, presenta una singolare novità. Un’opera di Marco Abbamondi, napoletano, classe 1974, nato come ama dire «in un posto diviso tra fuoco e acqua». Che è poi il fuoco del Vesuvio, «ad un tempo protettore e tiranno di tutti i napoletani – e l’acqua del Mediterran­eo che si insinua rassicuran­te nel sinuoso Golfo». Fuoco e acqua: due elementi che hanno giocato un ruolo dominante nella sua formazione. La calma, la limpidezza e il calore del mare da una parte, l’oscurità, la forza e la paura del Vulcano, dall’altra. Contrasti decisi e forme biomorfe per forgiare e impastare, da tempo, la materia e i concetti. Sempre sul crinale della fragilità dell’esistenza. Succede anche con Lands Pure Pigment, un grosso disco magmatico appena ingabbiato all’interno della nicchia della navata che con il suo intenso blu abbaglia mentre la leggera venatura oro richiama gli orpelli posti sull’altare. Un’opera circolare (quasi un unicum nella produzione dell’artista) in dialogo con il fonte battesimal­e sottostant­e e che Don Carlo Ballicu, sensibile al mondo dell’arte, leggendovi un forte messaggio evocativo e spirituale, presenterà nella messa delle 12. L’opera, concessa in comodato d’uso, è al centro dell’iniziativa sostenuta dal gallerista Andrea Ingenito il quale, durante lo stop imposto dalla pandemia, è riuscito a portare a termine il progetto avviato in precedenza, che vede l’inusuale connubio tra antico e moderno, tra sacro e profano. Un sodalizio ben sperimenta­to nei secoli scorsi, capace di costituire un vero e proprio immaginari­o iconografi­co universale. Efficace strumento del credere e del sentire.

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