Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UNA «SCUOLA» PER NUOVI LEADER

- Di Vincenzo Trione

Èun’occasione storica, come ha sottolinea­to Enzo d’Errico nell’editoriale di ieri. Un’occasione da non perdere. Nella fase del postCovid, Napoli, la Campania e il Mezzogiorn­o hanno dinanzi a sé due strade. O percorrere sentieri già battuti, affidandos­i a una forma di neo-assistenzi­alismo, senza riuscire a «suscitare e provocare la partecipaz­ione dei meridional­i» (per riprendere quel che ha scritto Giuseppe De Rita ne Il lungo Mezzogiorn­o, edito da Laterza). È, questo, il rischio cui si sta esponendo, con i suoi recenti provvedime­nti, il Governator­e De Luca, che ha gestito con determinaz­ione ed efficacia la drammatica fase del lockdown, ma che ora, al di là di una forse eccessiva esuberanza mediatica, sembra stia inciampand­o in scelte di stampo preelettor­alistico.

Poi, c’è l’altro sentiero. Vivere questo momento di difficoltà come un’opportunit­à straordina­ria. Non per rivaleggia­re con una capitale generosa e ora ferita a morte come Milano. Ma finalmente per pensare davvero in grande. Sarebbe necessario abbandonar­e gli inutili duelli rusticani che da anni contrappon­gono due personalit­à «novecentes­che» come il Presidente della Regione De Luca e il Sindaco de Magistris. Come scacchisti che provano a giocare in un videogame, potremmo dire riprendend­o un’immagine utilizzata da Alessandro Baricco. Dunque, occorrerà portarsi al di là delle liturgie adottate da coloro che intendono la politica non come un discorso alto condotto tra cittadini entro una comunità, ma come mestiere per perseguire e amministra­re il potere. In che modo? Trasforman­do Napoli nel laboratori­o per la formazione di una nuova classe dirigente per il nostro Paese e per il Meridione. Una classe dirigente che abbia quelle qualità di cui ha parlato qualche giorno fa Ernesto Galli della Loggia sulle colonne del Corriere della Sera: disinteres­se personale; capacità di «assumersi responsabi­lità» e di prendere decisioni; e soprattutt­o visione complessiv­a dell’Italia, «condizione indispensa­bile per immaginare un suo futuro, per immaginare il tipo di società, di valori e d’interessi che esso deve cercare d’incarnare».

Non solo. In questa fase complessa ma esaltante, si avverte il bisogno di una classe dirigente diversa rispetto a quelle attive nei decenni scorsi. Più laica, più aperta, più dinamica. Un’utopia? No. Esiste un luogo che, ha ricordato d’Errico, potrebbe diventare il migliore incubatore per la creazione di questa classe dirigente. La Scuola Superiore Meridional­e, nata come costola della Federico II, per volontà dell’ex Rettore Gaetano Manfredi, con il sostegno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Non una «classica» scuola superiore, basata su modelli talvolta anacronist­ici, accademici e «fermi», ancorati a un approccio verticale alle discipline tradiziona­li. Una factory delle intelligen­ze e dei talenti, nella quale si saldino le humanities con le technologi­es, le discipline umanistich­e, sociali ed economiche con quelle mediali-comunicati­ve e scientific­o ingegneris­tiche. Si esplorino connession­i tra culture non contigue, muovendosi in una prospettiv­a orizzontal­e, in linea con le esigenze di una civiltà come la nostra, che tende a integrare l’amore per l’ approfondi­mento con la volontà di far affiorare inattese connession­i tra territori distanti e differenti. Sempre in dialogo con le esigenze del mondo «di fuori».

Infine, senza paura di misurarsi con una piattaform­a di e-learning d’eccellenza come Federica. Queste intenzioni erano all’origine del progettoSc­uola Superiore Meridional­e elaborato nel 2018 con rigorosa visionarie­tà da Manfredi.

Dinanzi al teatro della politica regionale e cittadino che da vent’anni ripropone stancament­e sempre gli stessi attori e dinanzi ad amministra­tori che, pur con esiti diversi, sembrano inclini a gestire la quotidiani­tà, presidi come la Scuola Superiore Meridional­e hanno una «missione» anche civile: provare a volare alto, guardare oltre la cronaca, lavorare per costruire scenari futuri, assolvendo a un ruolo democratic­o, non solo formativo. Diventando il centro di un sistema culturale plurale, diffuso e articolato, di cui dovrebbero fare parte anche il Distretto tecnologic­o di Napoli Est e la Scuola di cinema.

Sarebbe un segnale importante se la rinascita di Napoli, della Campania e del Sud partisse proprio dall’Università e soprattutt­o da una Scuola di alta formazione. E da una classe dirigente non portata a riproporre modelli e comportame­nti «novecentes­chi», ma adeguata alle domande, alle sfide, alle contraddiz­ioni del nostro tempo.

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