Corriere del Mezzogiorno (Campania)
UNA «SCUOLA» PER NUOVI LEADER
Èun’occasione storica, come ha sottolineato Enzo d’Errico nell’editoriale di ieri. Un’occasione da non perdere. Nella fase del postCovid, Napoli, la Campania e il Mezzogiorno hanno dinanzi a sé due strade. O percorrere sentieri già battuti, affidandosi a una forma di neo-assistenzialismo, senza riuscire a «suscitare e provocare la partecipazione dei meridionali» (per riprendere quel che ha scritto Giuseppe De Rita ne Il lungo Mezzogiorno, edito da Laterza). È, questo, il rischio cui si sta esponendo, con i suoi recenti provvedimenti, il Governatore De Luca, che ha gestito con determinazione ed efficacia la drammatica fase del lockdown, ma che ora, al di là di una forse eccessiva esuberanza mediatica, sembra stia inciampando in scelte di stampo preelettoralistico.
Poi, c’è l’altro sentiero. Vivere questo momento di difficoltà come un’opportunità straordinaria. Non per rivaleggiare con una capitale generosa e ora ferita a morte come Milano. Ma finalmente per pensare davvero in grande. Sarebbe necessario abbandonare gli inutili duelli rusticani che da anni contrappongono due personalità «novecentesche» come il Presidente della Regione De Luca e il Sindaco de Magistris. Come scacchisti che provano a giocare in un videogame, potremmo dire riprendendo un’immagine utilizzata da Alessandro Baricco. Dunque, occorrerà portarsi al di là delle liturgie adottate da coloro che intendono la politica non come un discorso alto condotto tra cittadini entro una comunità, ma come mestiere per perseguire e amministrare il potere. In che modo? Trasformando Napoli nel laboratorio per la formazione di una nuova classe dirigente per il nostro Paese e per il Meridione. Una classe dirigente che abbia quelle qualità di cui ha parlato qualche giorno fa Ernesto Galli della Loggia sulle colonne del Corriere della Sera: disinteresse personale; capacità di «assumersi responsabilità» e di prendere decisioni; e soprattutto visione complessiva dell’Italia, «condizione indispensabile per immaginare un suo futuro, per immaginare il tipo di società, di valori e d’interessi che esso deve cercare d’incarnare».
Non solo. In questa fase complessa ma esaltante, si avverte il bisogno di una classe dirigente diversa rispetto a quelle attive nei decenni scorsi. Più laica, più aperta, più dinamica. Un’utopia? No. Esiste un luogo che, ha ricordato d’Errico, potrebbe diventare il migliore incubatore per la creazione di questa classe dirigente. La Scuola Superiore Meridionale, nata come costola della Federico II, per volontà dell’ex Rettore Gaetano Manfredi, con il sostegno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Non una «classica» scuola superiore, basata su modelli talvolta anacronistici, accademici e «fermi», ancorati a un approccio verticale alle discipline tradizionali. Una factory delle intelligenze e dei talenti, nella quale si saldino le humanities con le technologies, le discipline umanistiche, sociali ed economiche con quelle mediali-comunicative e scientifico ingegneristiche. Si esplorino connessioni tra culture non contigue, muovendosi in una prospettiva orizzontale, in linea con le esigenze di una civiltà come la nostra, che tende a integrare l’amore per l’ approfondimento con la volontà di far affiorare inattese connessioni tra territori distanti e differenti. Sempre in dialogo con le esigenze del mondo «di fuori».
Infine, senza paura di misurarsi con una piattaforma di e-learning d’eccellenza come Federica. Queste intenzioni erano all’origine del progettoScuola Superiore Meridionale elaborato nel 2018 con rigorosa visionarietà da Manfredi.
Dinanzi al teatro della politica regionale e cittadino che da vent’anni ripropone stancamente sempre gli stessi attori e dinanzi ad amministratori che, pur con esiti diversi, sembrano inclini a gestire la quotidianità, presidi come la Scuola Superiore Meridionale hanno una «missione» anche civile: provare a volare alto, guardare oltre la cronaca, lavorare per costruire scenari futuri, assolvendo a un ruolo democratico, non solo formativo. Diventando il centro di un sistema culturale plurale, diffuso e articolato, di cui dovrebbero fare parte anche il Distretto tecnologico di Napoli Est e la Scuola di cinema.
Sarebbe un segnale importante se la rinascita di Napoli, della Campania e del Sud partisse proprio dall’Università e soprattutto da una Scuola di alta formazione. E da una classe dirigente non portata a riproporre modelli e comportamenti «novecenteschi», ma adeguata alle domande, alle sfide, alle contraddizioni del nostro tempo.