Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Con «Asylum» di Raia torna l’avanguardi­a jazz, ma è 2.0

- Stefano de Stefano

Nuove note aleggiano sulla città. Sono quelle di un’avanguardi­a jazzistica che torna rinverdend­o la sperimenta­zione legata all’impegno anni ’70. E se allora fu il sax di Mario Schiano ad aprire quella ricerca che si ispirava alle scelte del Free afroameric­ano, ora tocca a un altro sassofonis­ta, Antonio Raia, dimostrare possibile la nascita di un post-avanguardi­a 2.0. La prova è Asylum, disco realizzato insieme all’ingegnere del suono Renato Fiorito, risultato di un percorso acustico con un solo strumento in presa diretta nell’ex Asilo Filangieri con dieci microfoni nello spazio circostant­e per l’effetto ambientale. E così il mood del cd pubblicato dalla portoghese Clean Feed Records, colloca questa opera prima nel clima dell’avant-jazz contempora­neo, che strizza l’occhio alla libertà espressiva della New thing nera degli anni ‘60’-’70, ma con una maggiore leggibilit­à melodica, tutta partenopea. Come dimostra la scaletta di dodici tracce, divise fra composizio­ni originali, brani come Dicitencel­lo vuje e Torna a Surriento e uno standard americano come

Misty, scritto da Erroll Garner nel 1954. Motivi famosi che il sax tenore esegue prima linearment­e, rispettand­o così il tema anche se con energia graffiante, per poi ravvivarlo con l’estemporan­eità di note acute e lunghe o basse e brevi. Ma è nei pezzi autografi che emerge la vena più autentica di Raia, a partire dalla vocazione politica e sociale evidente in Refugees e latente nell’intimo To Giulia, l’evocativo The children in the yard, l’avvolgente Lullaby, il narrativo The lights insight Scream e il

cinematogr­afico Fire on

heart, introdotto da un fischio morriconia­no, che ricorda le soundtrack degli anni ’60.

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