Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Con «Asylum» di Raia torna l’avanguardia jazz, ma è 2.0
Nuove note aleggiano sulla città. Sono quelle di un’avanguardia jazzistica che torna rinverdendo la sperimentazione legata all’impegno anni ’70. E se allora fu il sax di Mario Schiano ad aprire quella ricerca che si ispirava alle scelte del Free afroamericano, ora tocca a un altro sassofonista, Antonio Raia, dimostrare possibile la nascita di un post-avanguardia 2.0. La prova è Asylum, disco realizzato insieme all’ingegnere del suono Renato Fiorito, risultato di un percorso acustico con un solo strumento in presa diretta nell’ex Asilo Filangieri con dieci microfoni nello spazio circostante per l’effetto ambientale. E così il mood del cd pubblicato dalla portoghese Clean Feed Records, colloca questa opera prima nel clima dell’avant-jazz contemporaneo, che strizza l’occhio alla libertà espressiva della New thing nera degli anni ‘60’-’70, ma con una maggiore leggibilità melodica, tutta partenopea. Come dimostra la scaletta di dodici tracce, divise fra composizioni originali, brani come Dicitencello vuje e Torna a Surriento e uno standard americano come
Misty, scritto da Erroll Garner nel 1954. Motivi famosi che il sax tenore esegue prima linearmente, rispettando così il tema anche se con energia graffiante, per poi ravvivarlo con l’estemporaneità di note acute e lunghe o basse e brevi. Ma è nei pezzi autografi che emerge la vena più autentica di Raia, a partire dalla vocazione politica e sociale evidente in Refugees e latente nell’intimo To Giulia, l’evocativo The children in the yard, l’avvolgente Lullaby, il narrativo The lights insight Scream e il
cinematografico Fire on
heart, introdotto da un fischio morriconiano, che ricorda le soundtrack degli anni ’60.