Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’università nata per studiare l’economia collegata al mare

Le origini restano salde: ora il polo di ricerca al porto

- Di Angelo Lomonaco

L’Università Parthenope nacque nel 1920 con il nome di Regio Istituto Superiore Navale (poi Istituto Universita­rio Navale), come eredità del Reale Istituto d’Incoraggia­mento di Napoli. Il fondatore, il vice ammiraglio e ingegnere Pasquale Leonardi Cattolica, aveva voluto la nascita di un centro superiore di cultura in cui il mare venisse «studiato in quanto è, in quanto produce e in quanto mezzo di scambio» e che, accanto allo sviluppo della cultura scientific­a, preparasse le menti alla «consapevol­e valorizzaz­ione dei problemi economici relativi al mare». Il decreto 1157 del 30 maggio 1920 istituì il Regio Istituto con due sezioni:

Magistero e Armamento. Tra il 1930 e il 1931 la prima trasformaz­ione in istituto universita­rio a ordinament­o speciale, con le facoltà di Economia marittima e Scienze nautiche. Tra il 1939 e il 1940 il cambio di nome in Istituto Universita­rio Navale. Si trattava ancora di un centro di studi e di ricerca che poteva contare pochi docenti e alcune decine di studenti. Nei successivi 50 anni, l’Istituto si guadagnò fama di centro d’eccellenza, unico in Italia per le discipline relative alla navigazion­e marittima e aerea. In questo lungo periodo vi furono anche rettori e capiscuola di grande prestigio, come Giuseppe Simeon, vero pioniere della navigazion­e marittima e aerea, Leanza, Guerriero, Sposito, poi De Maio.

Dopo i primi 60 anni, è cominciata quella che può essere considerat­a la seconda fase storica del

Navale. Una fase segnata dai tre rettori che ne hanno guidato i cambiament­i e la crescita. A cominciare da Gennaro Ferrara, eletto nel 1986 e rimasto in carica addirittur­a fino al 2010. Al suo fianco come prorettore, Claudio Quintano gli è subentrato dal 2010 ed è rimasto al vertice fino al 2016. Successiva­mente Alberto Carotenuto, che a sua volta era stato vice di Quintano. Perché questo periodo è stato così significat­ivo? Perché si sono succeduti alcuni eventichia­ve. Nel ‘90, innanzitut­to, il Navale stava per entrare nel nascente Secondo Ateneo di Napoli, oggi Università Vanvitelli, del quale avrebbe dovuto costituire il nucleo centrale. Fu però deciso che ne avrebbe fatto parte una delle due grandi facoltà di Medicina della Federico II. Ferrara ritirò quindi la propria adesione e cambiò la politica del Navale, avviando la trasformaz­ione in università generalist­a: nel 1999 alle due storiche facoltà di Economia e Scienze Nautiche (poi denominata Scienze e Tecnologie) sono state affiancate Giurisprud­enza, Ingegneria e Scienze Motorie, nel 2001 ha cambiato nome in Università degli Studi Parthenope ed è gradualmen­te passato dai 1.000 studenti che aveva nel 1985 ai circa 10.000 attuali. Dal luglio 2013 è stato introdotto il nuovo modello organizzat­ivo dell’offerta formativa basato sui dipartimen­ti che sviluppano attività di ricerca e di didattica. La trasformaz­ione non ha tuttavia fatto perdere all’ateneo il proprio carattere.

Lo dimostra l’accordo con Porto di Napoli, che ospiterà il polo di ricerca sull’economia del mare della Parthenope. Un progetto avviato da Quintano e portato avanti dal successore. Due anni fa, alla firma dell’accordo con l’Autorità Portuale, il rettore Carotenuto sottolineò che «con questa iniziativa la Parthenope torna alle radici della sua storia, vale a dire a quell’Istituto Navale che ha costituito una specializz­azione fondamenta­le per la formazione della classe dirigente sull’economia del mare». I lavori sono in corso, tra due anni il polo sarà una realtà.

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Dagli archivi Una foto d’epoca della Parthenope

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