Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Palazzo d’Avalos, ripartiti i lavori E martedì riapre la Floridiana
Ripartite le operazioni di bonifica degli ambienti da parte della società controllata da Ferlaino Il soprintendente La Rocca: si supera il degrado
La quarantena, almeno quella da Covid-19, è finita anche per Palazzo d’Avalos. La Vasto srl della famiglia Ferlaino, attualmente proprietaria della storica dimora, ha comunicato la ripresa dei lavori alla Soprintendenza all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio guidata da Luigi La Rocca. «Si tratta per il momento di operazioni di bonifica degli ambienti abbandonati al degrado — dice — bonifica iniziata a fine febbraio e interrotta al principio del lockdown».
È singolare, infatti, riguardando le foto di Kontrolab, che i primi a indossare mascherine e tute, non a causa del Covid-19, ma per la normativa sui lavori, erano stati il 26 febbraio scorso proprio gli operai «di stanza» a Palazzo.
Dopo una lunga controversia legale e lo sfratto di Andrea d’Avalos, ultimo ed unico erede della casata (messo fuori con l’anziana madre il 9 gennaio scorso, dopo 500 anni di continuità abitativa della sua famiglia), oltre i nobili muri non rimanevano che oggetti di poco conto di cui i Ferlaino dovevano liberarsi per poter procedere nel restauro.
Gli arredi vincolati, a partire dal leggendario letto cosiddetto di Vittoria Colonna, sono stati infatti trasferiti a Palazzo Reale, nei depositi della soprintendenza, mentre l’Archivio d’Avalos, di incommensurabile valore storiografico e documentale per l’intera Europa, è custodito dall’Archivio di Stato, richiesto e accolto dalla direttrice Candida Carrino. In un padiglione di Agnano, invece, restano alcune porte originali del Palazzo sotto vincolo - che aspettano di essere riportate in via dei Mille - e gli arredi non sottoposti a vincolo dell’erede che, giustamente, aspira presto di rientrane in possesso: persa la casa, gli si ridiano le cose. E dalla soprintendenza assicurano che in tempi brevi anche questa «fase 3» sarà portata a termine.
Il tutto è avvenuto e avverrà sotto la lente del Corriere del Mezzogiorno che aveva sollevato il «caso» arrivato sin nelle stanze del Ministero dei Beni culturali con il diretto intervento di Dario Franceschini, attraverso il direttore generale Salvatore Nastasi. Risultato, è bene ricordarlo, la richiesta da parte del Mibact alla Vasto srl di realizzare - in base al codice dei Beni culturali - a sue spese i lavori di restauro dei piani nobili, rispettando i vincoli e conservando negli spazi e nelle decorazioni l’assetto originario.
Il progetto di recupero partirà, dopo la sanificazione, dagli interventi strutturali del tetto, radix omnium malorum. Sono state infatti le infiltrazioni mai sanate - nonostante gli appelli dei principi a ridurre gli ambienti blasonati che avevano ospitato anche la regina Elisabetta e sua sorella Margaret in saloni fatiscenti.
Ora, dunque, si riparte seguendo anche un nuovo fronte, quello del giardino con boschetto delle camelie, ultimo frammento di verde di una grande tenuta prima ancora dei d’Avalos di proprietà della Certosa di San Martino. Procede, infatti, il lavoro dei comitati Gazebo Verde e Portosalvo che hanno proposto l’utilizzo pubblico dello spazio naturalistico in pieno centro. Stanno redigendo un progetto di recupero da sottoporre alla stessa soprintendenza. Immaginate potersi fermare all’ombra delle camelie o presentare un libro sotto la nobile verzura?