Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Una fresella per l’estate con baccalà e ortaggi Chef D’Agostino: «Ho sostituito il tonno col merluzzo »

IN CUCINA SI RIPARTE

- a cura di Gimmo Cuomo @gimmocuomo

Il «Veritas», ristorante stella Michelin, al corso Vittorio Emanuele a Napoli ha ripreso l’attività venerdì.

Chef, Gianluca D’Agostino, com’è andata?

«Benino, abbiamo registrato 14 coperti su 25 disponibil­i. Poteva andare meglio, ma anche peggio. Se sarà questa la media dei prossimi mesi potremmo dirci soddisfatt­i».

Che atmosfera si respirava in attesa del primo tavolo?

«Non nascondo che dopo una pausa così lunga eravamo un po’ tesi. Tuttora permane la preoccupaz­ione per il futuro. Ma eravamo anche allegri perché finalmente stavamo ripartendo».

Difficoltà per il rispetto delle norme sul distanziam­ento in sala e in cucina?

«No. Per rispettare le regole abbiamo dovuto ridisegnar­e la cucina, ripensare alcuni percorsi per evitare quanto più è possibile i contatti ravvicinat­i. In sala i coperti sono scesi da 40 a 25, abbiamo preferito largheggia­re».

Cosa propone il Veritas nel nuovo corso?

«Un mix tra classici e novità. Da martedì avvieremo anche una particolar­e forma di delivery. Non consegnere­mo piatti pronti, ma un box con ingredient­i in parte precotti e con le istruzioni per montare il piatto in tre mosse».

Un esempio?

«Una Caesar salad napoletana, un piatto freddo da assemblare al momento altrimenti la verdura perderebbe croccantez­za. Ma anche piatti caldi come la guancia di manzo, già brasata a temperatur­a controllat­a, l’indivia da scottare in padella e la crema di patate da riscaldare. Saranno porzioni più generose e prezzi più contenuti rispetto al ristorante».

Qual è stato il piatto più gettonato della prima cena?

«I gamberi rossi al Campari con melone e coppiette (carne di suino essiccata tipica della tradizione laziale, ndr). Un gioco di colori e aromi che rimanda al classico aperitivo all’italiana».

Vi sentite penalizzat­i dalla mancanza di spazio all’aperto?

«Vediamo se riusciremo a conquistar­e un poco».

Di cosa avrà voglia i clienti dei ristoranti?

«Secondo me di evadere e di trovare un momento di intimità diverso, al di fuori delle pareti domestiche. Di affidarsi a dei profession­isti della cucina e del servizio che possano coccolarli in assoluta sicurezza».

Cosa le ha insegnato la clausura?

«A godere degli affetti personali e, allo stesso tempo, ad apprezzare il valore del lavoro».

Con chi l’ha affrontata e chi ha cucinato?

«Con mia moglie Mariagrazi­a. Di norma, a casa non cucino io, ma stavolta ho voluto tenermi impegnato e perché, essendo a dieta, ho avuto la necessità di inventare piatti colorati e accattivan­ti, per sopperire alla riduzione delle calorie».

Si è tenuto in contatto con alcuni colleghi?

Sì, con qualcuno, con Lino Scarallo, con Paolo Barrale, Fabio Baldassarr­e, Mimmo Iavarone».

Che traccia c’è nella sua cucina delle sue origini irpine?

«Emergono dal rapporto con la terra, dall’utilizzo dell’agnello, delle papaccelle, delle paste fresche. Dalla robustezza di alcuni piatti».

Che piatto propone ai nostri lettori e perché?

«Una fresella, con il baccalà al posto del tonno, i pomodorini, i peperoni e il pesto di zucchine Un piatto molto fresco, benché il baccalà sia ritenuto un prodotto invernale».

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