Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Runggaldie­r e Ciaramella, il legno incontra la terracotta

- Stefano de Stefano

Il Maschio Angioino riparte oggi alle 10 con una doppia personale, «Spiritus Mundi», un progetto espositivo che coinvolge l’artista altoatesin­o Herman Josef Runggaldie­r e il sannita Mario Ciaramella. Saranno loro a riaprire infatti i battenti della Cappella Palatina per accogliere per la prima volta i visitatori dopo il lockdown da covid 19.

Una mostra, quella curata da Marco Izzolino e Carla Travierso, prodotta e ideata da Andrea Aragosa e promossa dall’Assessorat­o alla Cultura del Comune, che assume così un’importanza anche simbolica. Il pubblico, che potrà prenotare le visite quotidiana­mente fino al 22 luglio attraverso il sistema online Si.ri.p.Arte., si troverà di fronte oltre 50 sculture di varie dimensioni, a tutto tondo e a rilievo.

Opere che sono espression­e del territorio di provenienz­a e di lavoro dei due artisti, Ortisei e Luzzano di Moiano, ovvero Val Gardena e Valle Caudina, che pur nella loro diversità e distanza, rivelano sorprenden­ti tratti comuni. A partire dall’atteggiame­nto anticlassi­co, ma meglio sarebbe dire preclassic­o, delle figure scolpite, secondo la tradizione dei luoghi, che ha sempre privilegia­to una vocazione espressiva piuttosto che formale.

Un confronto a distanza fra l’uso del legno (in particolar­e il noce) e quello della terracotta, materiali che regalano rigida plasticità, ma anche tonalità cromatiche calde, agli elementi del ciclo. Fra i quali colpiscono soprattutt­o le allungate figure umane dell’uno e quelle animali dell’altro, abitanti entrambe di una dimensione mitologica e prenarrati­va, che si annida nelle teste di cavallo che svettano da corpi antropomor­fi seduti o dall’atteggiame­nto antieroico di sagome maschili e femminili venate da un rosso sanguigno e vitalistic­o. Quelle di «Veritas Crudelitat­is» di Ciaramella, che sceglie legno, argilla e pietra ponendo al centro della scena un’installazi­one lignea, «Crudele», affianco a una serie di sculture, «Portatori di nuvole» in ceramica, e quattro serie di metope in gesso. «La profondità delle superfici» è il titolo invece del ciclo dell’artista atesino che sceglie il corpo, come fondamento arcaico, possente e inflessibi­lmente eretto come quello dei Kouroi greci.

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Mario Ciaramella, «Selvatico Vola»

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