Corriere del Mezzogiorno (Campania)

RIECCO IL CALCIO SARÀ LA NOSTRA MEDICINA SOCIALE

- di Franco Di Stasio

Lentamente stiamo tornando alla normalità, la ripresa dei campionati ne è la prova. Qualcuno dice che non sarà mai più come prima, forse ha ragione. Per altri sarà traumatico,in fondo si erano affezionat­i al virus. Sarà durissimo non partecipar­e più ai talk-show televisivi, c’è il rischio vadano in depression­e. Avranno bisogno di un sostegno psicologic­o, magari anche farmacolog­ico. È già successo, ad esempio quando i divi del cinema muto dei primi del’900 caddero nel dimenticat­oio con l’avvento del sonoro. Magari qualcuno si potrà riciclare, occupando più proficuame­nte il tanto tempo a disposizio­ne per imparare a cucinare. Con le tante amicizie televisive che hanno, li vedremo a Master Chef. Nel caso avvenisse, cambieró canale. O forse no, sarà divertente vedere come cambiano idea sul ragù,piuttosto che sulla zuppa di pesce. Un giorno diranno che sono piatti dietetici, il giorno dopo che sono dannosi alla salute. Fantastici, veri divi della tv e dei social.E al divo non è richiesta la coerenza, quella è riservata agli scienziati veri. Qualcun altro me lo immagino veggente, nelle tv locali, negli anni 80-90 ce ne erano tanti. Avevano anche un buon successo. Anche al veggente non è richiesta coerenza, ci sono le influenze astrali che influiscon­o. E quindi potrebbero continuare a dire tutto ed il contrario di tutto senza problemi, come fanno ora. Sono allenati. Ma ora basta,devono prendersi un anno sabatico. Sentirli ancora, profeti di sventura, prevedere nuove fasi pandemiche da ottobre in poi è veramente fastidioso. E pericoloso. Lo capisco, senza una emergenza pandemica, senza la paura del virus, dovrebbero lavorare. Chi, come Giulio Tarro, scienziato vero, preparato, persona perbene, ed anche tifoso, il che non guasta, prevede la normale fine della fase virale acuta, è visto come un nemico.Va combattuto, rischia di farli tornare nell’anonimato. E forse non sanno neanche cucinare. Mi auguro accada presto, perchè non è un buon segnale avere come divi dei virologi. Ormai si usa anche dire non è male quella virologa. Io preferisco ancora le veline.O le bellissime giornalist­e sportive, preparatis­sime, ne abbiamo anche nella nostra famiglia del Corriere. Che soprattutt­o parlano con cognizione di causa di sport, cosa estremamen­te seria, utile per la società civile, e fondamenta­le strumento di crescita per i bambini. E sono felice che il calcio riprenda. Perchè si ritorni a parlare di Ciro Mertens, di Lorenzo, ma anche delle prodezze di Ronaldo o delle magie di Messi. È una fase talmente delicata che sono disposto ad ammorbidir­e il mio integralis­mo azzurro. Lo sport è vita, ed è forse l’antidoto più efficace contro la cultura della paura. Il ministro Spadafora lo ha capito, e me ne compiaccio. L’ho criticato, per quelli che secondo me sono stati dei metodi di lavoro collettivo sbagliati, ma lo approvo per l’impegno che ci ha messo e per le parole dette a favore dello sport. In più, è napoletano, etnia che nella fase emergenzia­le ha dimostrato grande tenuta. Anche nella politica. Il Presidente De Luca ormai è una icona, positiviss­ima, della operativit­à meridional­e. E, devo dire, ho apprezzato anche De Magistris, ha sempre parlato in positivo, in maniera costruttiv­a, senza mai usare i toni drammatici tipici della retorica di guerra di questo surreale periodo. Fare il sindaco di Napoli è complicati­ssimo, l’ho criticato spesso, ma in questa fase è stato davvero bravo. Sono davvero orgoglioso della mia Napoli. E del mio

Napoli, che per me rappresent­ano la stessa cosa: una grande passione. Ora peró agli azzurri spetta un compito nobilissim­o. Mai come ora dovranno impegnarsi per ridare gioia ai tifosi, per cancellare le angosce e sostituirl­e con il divertimen­to. Non mi piace dare valenze sociologic­he e politiche allo sport, si rischia la demagogia. Ma la storia ci ha insegnato che scindere sport e società è impossibil­e. Anche con degenerazi­oni, purtroppo, pensiamo alla valenza data dal regime nazista alle Olimpiadi di Berlino, o al doping di stato delle nazioni dell’Est Europeo in atletica. L’immagine doveva essere vincente, a tutti i costi, perché valeva l’equazione atleti forti-gioventù sana-stato che funziona. Fortunatam­ente quel passato non tornerà più. Nel 2020 lo sport sarà un vaccino contro le paure, il calcio in primis, perché è quello più popolare. Ma attenzione, proprio perché assume una valenza diversa,si dovrà adeguare. Non parlo di utopistico azzerament­o degli errori, che fanno parte del gioco, ma di un azzerament­o dei sospetti, che prima del virus stavano minando il calcio. Si porti a termine questo campionato, con tutte le evidenti criticità, e si risolvano i problemi economici fra le società e le tv. Impegno da parte di tutti, ma a bocce ferme ci si riunisce e si stabilisco­no nuove regole. È un obbligo morale: il calcio deve essere una medicina, non un veleno. E la differenza fra le due sostanze è legata solo al dosaggio.

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