Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Clan e politica, la fine dei Cesaro
Arrestati tre fratelli del senatore di FI (che è indagato). Lui: sbalordito, dimostrerò la mia estraneità
«L’attività di indagine ha fatto emergere una desolante oltre che preoccupante realtà dei fatti. È stata accertata l’esistenza di uno storico rapporto tra la famiglia Cesaro ed il clan Puca, originato da comuni investimenti territoriali...». In queste poche righe il gip Maria Luisa Miranda sintetizza l’enorme massa di dati (verbali, intercettazioni, relazioni di servizio) contenuti nelle 1498 pagine di cui si compone l’ordinanza notificata ieri a 59 persone, tra cui Antimo, Raffaele ed Aniello Cesaro, fratelli di Luigi, senatore di Forza Italia e già presidente della Provincia di Napoli. Il quale si è detto «sbalordito» dalla portata delle accuse.
«L’attività di indagine ha fatto emergere una desolante oltre che preoccupante realtà dei fatti. È stata accertata l’esistenza di uno storico rapporto tra la famiglia Cesaro ed il clan Puca, originato da comuni investimenti territoriali... È certo ed è purtroppo emerso a chiare lettere che il Comune di Sant’Antimo è da anni afflitto da un inquietante mercimonio di voti tale da fare venire meno uno dei princìpi cardine su cui si fonda la nostra democrazia, ovvero quello della libera consultazione elettorale. Le indagini hanno infatti dimostrato che vi è stata una reiterata e massiccia vendita di voti da parte di elettori, a fronte di pagamento di somme di denaro, che hanno scelto di abdicare al loro diritto/ dovere costituzionale di esprimere un voto
personale, eguale, libero e segreto». In queste poche righe il gip Maria Luisa Miranda sintetizza l’enorme massa di dati (verbali, intercettazioni, relazioni di servizio) contenuti nelle 1498 pagine di cui si compone l’ordinanza notificata ieri a 59 persone, tra cui Antimo, Raffaele ed Aniello Cesaro, fratelli di Luigi, senatore di Forza Italia e già presidente della Provincia di Napoli. I pm Giusy Loreto e Antonella Fratello, che indagano con il coordinamento dell’aggiunto Rosa Volpe, contestano loro il concorso esterno in associazione camorristica. Antimo, medico imprenditore che i boss intercettati chiamavano con il soprannome di «penniello», è in carcere; ufficialmente è suo il notissimo centri Igea di Sant’Antimo; Raffaele ed Aniello, già arrestati nell’ambito dell’inchiesta sul Piano di investimento produttivo (Pip) di Marano, sono ai domiciliari. La Procura ha chiesto l’arresto anche per Luigi, ma il gip ha subordinato la decisione alla possibilità di utilizzare le intercettazioni ambientali nelle quali il parlamentare è casualmente incappato; la decisione spetta al Senato. Solo poche settimane fa una richiesta di arresto era stata inviata a Palazzo Madama nell’ambito di un’altra inchiesta, quella della Procura di Torre Annunziata sulla speculazione nell’area un tempo occupata dallo stabilimento Cirio a Castellammare.
Gli indagati per la vicenda di Sant’Antimo sono ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione camorristica e concorso esterno in associazione camorristica, corruzione elettorale, tentato omicidio, porto e detenzione di armi da fuoco e di esplosivo, danneggiamento, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, minaccia, turbata libertà degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, favoreggiamento personale, rivelazione di segreti d’ufficio, tutti reati commessi al fine di agevolare le attività dei clan camorristici Puca, Verde e Ranucci. Tra i destinatari delle misure ci sono due marescialli dei carabinieri, uno dei quali già ai domiciliari, accusati di avere divulgato notizie segrete e di avere depistato le indagini.
Il rapporto tra i Cesaro e il clan Puca, scrive il gip, è stato «originato da comuni investiliari menti imprenditoriali in società occulte con il capoclan Pasquale Puca ed individuati nel centro polidiagnostico Igea e nel centro commerciale Il Molino (da ieri sotto sequestro assieme a molti altri immobili, ndr), attività economiche ufficialmente intestate ai fratelli Cesaro ma partecipate in forma occulta da Pasquale Puca, il quale, detenuto ininterrottamente dal 2009, si è avvalso dei suoi più stretti famiSant’Antimo per interagire con i propri “soci”». Il sistema è dunque lo stesso utilizzato dai Cesaro a Marano con il clan Polverino, messo a nudo dall’inchiesta madre. In entrambi i casi le indagini erano delegate ai carabinieri del Ros, guidati dal colonnello Gianluca Piasentin. La bomba lanciata nel 2014 contro il centro Igea, è emerso, fu la punizione riservata dai Puca adAntimo Cesaro, che aveva rifiutato di pagare ai «soci» una quota più sostanziosa.
Il rapporto tra i Cesaro e i Puca, si legge ancora nell’ordinanza, «neanche particolarmente dissimulato in alcuni frangenti, si è consolidato nel tempo tramite anche l’inquinamento della vita politica di ed il controllo dell’amministrazione comunale, operato tramite propri referenti nel consiglio al fine di indirizzare le scelte dell’ente verso i propri illeciti interessi». Interessi che, ancora una volta, erano relativi all’edilizia: «Il comprovato controllo dell’ente comunale si è sostanziato prevalentemente nell’inquinamento dell’attività dell’Ufficio tecnico, che ha dato vita ad una serie di clientele attraverso le quali è stato possibile assegnare lavori pubblici a ditte riconducibili al clan Puca nonché rilasciare autorizzazioni in favore di imprenditori facenti capo al consorzio criminale».
Il controllo sull’Ufficio tecnico «veniva in ogni modo “tutelato” quando era a rischio
Il senatore indagato
«Sono esterrefatto nell’apprendere da notizie di stampa il mio presunto coinvolgimento in pratiche di raccolta del consenso non regolari e addirittura oggetto di ipotizzato accordo con ambienti riconducibili a consorterie criminali»
anche con l’utilizzo di modalità tipicamente mafiose come le minacce a mano armata». Le manovre sono proseguite fino a che, nel luglio dell’anno scorso, in seguito alle pressioni fortissime fatte su alcuni consiglieri, l’amministrazione guidata dal sindaco di centro sinistra Aurelio Russo è stata sfiduciata.
Questo il commento di Luigi Cesaro: «Sono esterrefatto nell’apprendere da notizie di stampa il mio presunto coinvolgimento in pratiche di raccolta del consenso non regolari e addirittura oggetto di ipotizzato accordo con ambienti riconducibili a consorterie criminali. Nel corso della mia lunga esperienza mi sono più volte cimentato in campagne elettorali, da quelle europee a quelle nazionali, provinciali e comunali: sempre il consenso sulla mia persona è stato raccolto in modo assolutamente trasparente ed i suffragi ricevuti sono stati frutto esclusivamente del mio impegno a sostegno delle nostre comunità»