Corriere del Mezzogiorno (Campania)
De Magistris vuole sfidare De Luca
Lo stallo al Comune, il centrodestra ancora senza candidato, la scelta del M5S di correre solo e l’impossibilità di sostenere il governatore inducono l’ex pm a valutare la discesa in campo
Mai come in questi giorni Luigi de Magistris sta riflettendo sulla possibilità di sfidare Vincenzo De Luca nella corsa alla presidenza della Regione. «E stavolta», spiegano nel suo ristrettissimo giro di amici e confidenti, ci pensa «davvero».
Mai come in questi giorni de Magistris sta riflettendo sulla possibilità di sfidare De Luca nella corsa alla presidenza della Regione Campania. «E stavolta», spiegano nel suo ristrettissimo giro di amici e confidenti, «davvero». Il sindaco di Napoli sta confrontandosi con i suoi fedelissimi, cominciando da suo fratello Claudio. E la tentazione di scendere in campo, pur con tutti i rischi del caso, è davvero forte. Al primo cittadino il suo alleati hanno anche ricordato i tempi del 2011, quando, a decidere sulla candidatura a sindaco di Napoli, c’erano pochi intimi: lui, Antonio Di Pietro, suo fratello Claudio e qualche esponente di Rifondazione comunista. Stop. Sembrava una sfida impossibile, invece la città al momento del voto puntò su di lui, fresco ex pm, abbandonando i candidati dei partiti tradizionali. Altri tempi, altre logiche, altre dinamiche. Sono passati nove anni e molte, moltissime cose sono cambiate. Oltre al fatto che la città che de Magistris amministra non ha certo fatto passi avanti.
In questi giorni il primo cittadino napoletano ha avuto anche molti incontri romani: pare abbia parlato con Dario Franceschini, coordinatore dei ministri pd del governo; e anche con Roberto Fico, uno dei leader del M5s oltre che presidente della Camera. Due potenziali alleati. Ma solo potenziali. Perché de Magistris
— questo è il ragionamento che viene fuori col passare dei giorni — da sindaco di Napoli non pensa di fare da sostenitore di un candidato presidente ma, al limite, come accaduto con Bassolino, immagina di essere lui l’anti-De Luca.
«Se il centrodestra è così diviso e ancora senza candidato, e i Cinquestelle corrono da soli perché temono di non arrivare al 10 per cento se alleate con altre liste civiche, perché Luigi non dovrebbe pensare di essere lui a far parte della partita contro il governatore uscente?», spiega uno dei più vecchi iscritti di Dema che chiede però di non essere citato «perché — dice — è comunque il sindaco, soltanto lui, che può e deve comunicare cosa vuol fare del futuro suo e di Dema». In effetti, la legge elettorale che stabilisce che se si corre da soli basti il 3 per cento per entrare in Consiglio regionale (il 2 con la coalizione vincente, il 10 invece se si è perdenti ma alleati con altre liste civiche), induce de Magistris a fare molte valutazioni. Tanto più — e qui scatta la seconda riflessione — se entro luglio il Consiglio comunale di Napoli non riuscirà ad approvare il bilancio di previsione, con il sindaco che allo stato non può contare né su una maggioranza né, paradossalmente, su un’opposizione con il voto al Bilancio 2020 assolutamente a rischio. Anche se non approvare il primo bilancio post-Covid è una bella responsabilità che i partiti si prendono. Ma in caso di mancata approvazione il Comune si scioglie e de Magistris si candida, sfruttando sia il ruolo di vittima «della vecchia politica», come dice lui e molti dei suoi; sia l’autunno caldo che si profila per il governo nazionale e per i governatori, tutti, chiamati a ricandidarsi quando si andrà al voto con la crisi economica — che prevedono tutti gli osservatori — sulle spalle e la paura che una nuova ondata del Coronavirus possa affacciarsi non solo su Napoli ma sul resto dell’Italia.
A riprova di un cambio di atteggiamento di de Magistris, nelle stanze del Municipio fanno notare anche «l’intenso, quasi forsennato
show sulle tv nazionali» del primo cittadino napoletano in questi mesi lascia trasparire una sorta di new deal anche nel modo di comunicare: si parla di un lavoro di immagine fatto per ora dalla poltrona di sindaco, rivolgendosi però ad una platea ben più ampia di quella soltanto napoletana. E a questo de Magistris sta prestando molta attenzione, «proprio perché — ribadiscono in Municipio — si prepara per le Regionali». E rimarcano: «Proprio come nel 2011, quando lui intanto si avviò a fare la campagna elettorale, poi pian piano si accodarono in tanti». Allo stato, nonostante i discorsi con pezzi del Pd siano esistenti (nei giorni scorsi Claudio de Magistris ha incontrato il segretario provinciale Dem, Marco Sarracino, e un dialogo con Zingaretti è atteso a breve) così come con i Cinquestelle, le valutazioni del primo cittadino in queste ore sono tutte su date (se il Comune decade entro il 27 luglio Palazzo San Giacomo va al voto insieme alla Regione e de Magistris, col ferro ancora caldo, può anche dire la sua su un eventuale candidato alla successione) e su percentuali di voto da raggiungere con la sua ipotetica lista per riuscire a portare a Palazzo Santa Lucia un raggruppamento di sinistra. Una lista con dentro esponenti della società civile, consiglieri e assessori comunali, presidenti di Municipalità e rappresentanti dei movimenti e dei centri sociali candidati, con de Magistris che dovrebbe esserne sia il candidato presidente che il capolista. Non è detto però che il rebus si sciolga presto. Perché è vero che sciogliendosi entro il 27 luglio si manderebbe il Comune di Napoli al voto insieme alle regionali in autunno. Ma è vero pure che il sindaco, che non è candidabile se in carica, ha di tempo per dimettersi e correre alle regionali fino al giorno della presentazione delle liste, cioè un mese prima del voto. Anche se poi al Comune di Napoli rimarrebbe un commissario prefettizio fino alla fine di maggio del 2021.