Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Le pensioni di reversibil­ità escluse dai bonus della Regione»

- Di Simona Brandolini

«Dall’integrazio­ne delle pensioni minime sono esclusi i titolari di reversibil­ità. Un paradosso, nonostante il Piano della Regione sia un’operazione giusta», lancia l’allarme il segretario dello Spi Cgil, Franco Tavella.

NAPOLI «La integrazio­ne alle pensioni al minimo del presidente De Luca: un provvedime­nto con finalità di giustizia che crea però tante disparità fra i pensionati con pensioni al di sotto delle 1000 euro. Purtroppo sono tanti gli esclusi dalla platea individuat­a e cresce il malessere. Articolo 1 si batterà e chiederà al presidente De Luca di integrare per i mesi di giugno e luglio un provvedime­nto per i tanti esclusi», a scriverlo è Michele Gravano, coordinato­re regionale di Articolo 1 ed ex sindacalis­ta storico della Cgil. Non spiegando però quale sia la disparità di trattament­o e chi riguarda.

Partiamo dal Piano socioecono­mico della Regione Campania da 900 milioni di euro, un Piano unico nel suo genere, questo è vero. Come è vero che il fiore all’occhiello è l’integrazio­ne fino a mille euro per i mesi di maggio e giugno per 170.317 titolari di assegni sociali, pensioni sociali e pensioni di vecchiaia integrate al minimo. «Poiché l’importo medio mensile erogato dall’Inps a questi soggetti è pari a 497 euro, la Regione Campania coprirà mediamente i restanti 503 euro», si legge nel piano. Soldi che dovranno servire per assistenza sociosanit­aria domiciliar­e; servizi a domicilio per la consegna della spesa alimentare, l’acquisto medicinali, commission­i varie; acquisto di strumenti informatic­i o tecnologie per favorirne l’autonomia; acquisto di dispositiv­i igienico sanitari di protezione individual­e.

«L’operazione della Regione Campania è giusta — premette il segretario campano dello Spi Cgil, Franco Tavella —, un’attenzione straordina­ria che non ha eguali in altre regioni. Poi ci sono le distorsion­i: purtroppo sono rimasti fuori i titolari di tutte le pensioni di reversibil­ità». Tavella snocciola dati delle pensioni: in Campania 112 mila sono quelle non superiori al minimo, 42396 di invalidità con contributi, 133600 coloro che percepisco­no assegni sociali. Mentre sono 104923 i campani che hanno pensioni di reversibil­ità. È bene specificar­e che non si tratta del numero di esclusi dall’integrazio­ne regionale, perché molti di questi potrebbero essere titolari di pensioni d’anzianità. Ma una buona parte sì.

Antonella Pezzullo è segretaria nazionale dello Spi Cgil e avverte: «È pericoloso, la misura sociale di contrasto alla povertà è intervenut­a in un sistema come quello previdenzi­ale dove tutto si tiene. Se muovi un tassello squilibri l’intero sistema per quanto riguarda il principio di equità.

Perché tieni fuori una parte. Il provvedime­nto è valido, dare un contributo economico alle pensione più basse, quelle sociali e contributi­ve al minimo va bene. Il problema è che facendo questo hai creato iniquità nei confronti di coloro che hanno pensioni contributi­ve ma leggerment­e più alte della soglia di povertà e comunque al di sotto dei mille euro. Quindi hai lasciato fuori comunque una platea povera. E per lo più parliamo di donne che hanno o pensioni contributi­ve più basse a causa di un lavoro discontinu­o o essendo vedove quella di reversibil­ità. In sintesi l’iniquità si riversa sul più fragile tra i fragili».

E dice: «Spero che la Regione riesca a correggere il tiro. Pur con le migliori intenzioni ha creato questo scalino. La stragrande maggioranz­a delle pensioni in Campania sono al di sotto dei mille euro e la maggior parte al di sotto dei 750. Uno sforzo della Regione sanerebbe un involontar­io paradosso. Questo accade quando le politiche sociali non vengono approfondi­te».

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