Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Capodimont­e, le opere di Calatrava per riaprire la chiesa di San Gennaro

Il direttore Sylvain Bellenger e l’assessore de Majo presentano il nuovo corso per la stagione post-Covid

- Natascia Festa

Capodimont­e anno domini

NAPOLI 2020, era post Covid del «decennio francese» targato Bellenger. Il direttore Sylvain, mascherina pop sul viso, riapre l’intero sito con una battuta: «Due Papi e una pandemia: usciamo da questo Medioevo!». Capodimont­e, in perenne trasformaz­ione, continua a essere una «real fabbrica» di opportunit­à: mostre, riallestim­enti e finanche la possibilit­à di andare a messa nel bosco. In autunno, infatti, sarà riaperta al culto la chiesa di San Gennaro che aveva chiuso i battenti alla fine del 1969. E sarà Santiago Calatrava «a installare nella parrocchia almeno quattro grandi opere, sperimenta­ndo per la prima volta la porcellana, come omaggio alla tradizione di Capodimont­e» dice Walter de Bartolomei­s, dirigente del Caselli-De Sanctis, i cui allievi lavorerann­o proprio con l’architetto spagnolo.

Un’estate nel bosco è quello che ci vuole dopo il lockdown. «Oltre alla proroga fino al 10 gennaio 2021 delle mostre Calatrava nella luce di

Napoli e Napoli Napoli, di lava, porcellana e musica fino a Pasqua - dice Bellenger - avremo tanti eventi in questo che è l’unico giardino storico d’Italia a ingresso gratuito. E gratuite saranno le rassegna di cinema all’aperto tra agosto e settembre, il Festival di musica popolare e il nostro Luglio musicale con le domeniche sul Belvedere. Unico obbligo la prenotazio­ne. E per la prima volta i cortili di Capodimont­e ospiterann­o spettacoli del Napoli Teatro Festival Italia (con biglietto ndr)».

La Reggia cambia anche il suo volto. «Si potrà ammirare, infatti, un nuovo allestimen­to della collezione Farnese». Che svela l’idea portante, la nuova (antica) visione di Capodimont­e sempre più reggia «totale». Il primo passo Bellenger lo ha mosso nella Galleria degli Emiliani (un tempo Armeria) con una nuova sistemazio­ne di opere di Corregteca. gio, Parmigiani­no, Michelange­lo Anselmi, Garofalo, Dosso Dossi e Lelio Orsi; e nella successiva sala dei dipinti lombardi, con Luini, Giovanni di Agostino da Lodi, fino a Cesare da Sesto e Procaccini e altre coeve. Peccato manchino ancora le didascalie: «Le stiamo riscrivend­o integralme­nte spiega - ogni sala avrà una scheda tematica e una spiegazion­e a ogni opera». Nuova la scansione degli spazi e l’illuminazi­one delle sale con luci «d’accento», coni d’ombra tra fasci di luce che scivolano sul nuovo colore delle pareti, «sangue secco» o «terra di Siena bruciata» che riprende una tonalità degli affreschi originali ancora visibili nel fregio più alto.

Alcune delle opere dopo la mostra Depositi di Capodimont­e. Storie ancora da scrivere non sono più tornate «al buio»: «Per tre, quattro anni voglio provare l’allestimen­to a mo’ di galleria. Capodimont­e ritroverà la sua dimensione di Reggia non solo nell’appartamen­to reale ma anche nella parte consacrata alla pinaco

In futuro non avremo divisioni, ma una grande “Casa Reale” con una importante collezione». Non solo tele alle pareti dunque. «L'obiettivo è far dialogare le arti: scultura, porcellane non solo pittura come negli anni Settanta. In questa ottica i depositi avranno un grande ruolo, perché è lì che si trovano testimonia­nze di storia delle civiltà e antropolog­ia».

Il concetto di Galleria prevede l’esposizion­e non lineare ma giustappos­ta delle opere, come in un salotto per intenderci. «Ristruttur­eremo presto anche le finestre sulle quali torneranno tende realizzate a San Leucio». La tensione filologica del ritorno alla Reggia anima tutti gli aspetti. Ma non secondaria è la spinta innovativa, dalla nuova App Capodimont­e, attiva da ieri sul sito Coop Culture, che offre servizi gratuitame­nte, dalle prenotazio­ni all’audioguida (quelle tradiziona­li sono state abolite dalle norme anti-Covid) alle fonti di energia rinnovabil­i: «Ogni anno paghiamo 580mila euro di bollette solo di elettricit­à, molto di più di quanto si paghi a Parigi perché l’Italia acquista l’energia proprio dalla Francia.Lì, però, non c’è il sole di Napoli. Così sto studiando un modo per sfruttare gli edifici del complesso per installare fonti rinnovabil­i e magari vendere noi energia ad altri».

Con l’assessore comunale alla cultura Eleonora de Majo, anche lei ad accogliere i primi visitatori (soprattutt­o studentess­e, anziani e coppie) hanno sottoscrit­to una sorta di patto per la segnaletic­a: «Quando si arriva in città il museo non è ben indicato: l’impegno del Comune è sopperire finalmente a questa mancanza per meglio orientare i turisti che grazie alla programmaz­ione a lungo termine di Bellenger sono invogliati a venire» dice l’assessore.

Ed eccole le novità di settembre: «Da Parigi torneranno a Napoli due grandi mostre dedicate a Gemito e Luca Giordano. Entrambe, però, avranno un riallestim­ento e una nuova lettura tutta partenopea». Quale? «La prima narrerà le donne, i grandi amori di Gemito; la seconda insisterà sul rapporto tra pittura, architettu­ra e arti decorative a Napoli, ma si avvale di prestiti importanti anche dalla Spagna: a Madrid Giordano riuscì a rendere gioioso anche l’Escorial, e non era cosa facile. Il percorso al museo si interseche­rà con quello nelle tante chiese cittadine affrescate dal pittore. Seguirà la mostra Capodimont­e ringrazia la Sanità di Paolo La Motta, autore dei ritratti di Genny, ragazzo ucciso a 16 anni nel rione. Tema: l’infanzia, sale di arte contempora­nea. Un’altra sarà dedicata a Emblema che a maggio 2021 farà installazi­oni nel bosco come un grande dono a Capodimont­e. E ancora una personale del trentenne Diego Cibelli, per il ciclo Incontri sensibili: è un talento della stampa su porcellana, capace di farci perdere in grandi mondi ma in un piccolo spazio».

Esperiment­o

Per tre o quattro anni voglio provare l’allestimen­to a mo’ di galleria, avremo una grande Casa reale con una collezione

Visione

Sempre più Reggia totale, senza divisioni tra appartamen­ti storici e pinacoteca: le divisioni appartengo­no agli anni ‘70. Torniamo alle origini

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Sylvain Bellenger ed Eleonora de Majo

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