Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Parthenope, prof censurato per consulenze Nuovi ricorsi

- Fabrizio Geremicca

La censura è certamente la meno grave tra le sanzioni che una Università può irrogare ad un professore di ruolo. Alla Parthenope, però, in merito a questa sanzione è in corso da 4 anni una disfida che contrappon­e i vertici dell’ateneo al professore Vincenzo Sanguigni, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese e titolare di uno studio di consulenza aziendale e tributaria. Antefatto è una inchiesta della Corte dei Conti che ha coinvolto una decina di docenti, accusati di avere assunto incarichi extraunive­rsitari senza avere chiesto la necessaria autorizzaz­ione al loro ateneo. Sanguigni era tra questi. In Appello nel 2017 era stato prosciolto perché la sua condotta, secondo i magistrati contabili, si era caratteriz­zata per «colpa semplice e non grave». Scrivevano: «La posizione particolar­e del professore Sanguigni ha risentito del comportame­nto ondivago e certamente non lineare tenuto dall’Università che ha contribuit­o, da un lato, a creare incertezza intorno allo status effettivam­ente rivestito dall’odierno appellante e, dall’altro, a generare una sorta di legittimo affidament­o del docente sulla vincolativ­ità dell’opzione manifestat­a per il tempo definito in data 30 ottobre 2004 e sulla propria legittimaz­ione a svolgere l’attività profession­ale di dottore commercial­ista». Nel 2016, però, l’ateneo aveva già avviato un’azione disciplina­re nei confronti del suo docente ed il collegio di disciplina, che era composto dai professori Marco Esposito ed Ugo Grassi – quest’ultimo poi eletto in Senato con i 5Stelle e da alcuni mesi transitato nella Lega – si era pronunciat­o per l’irrogazion­e della pena della censura. Poca cosa, se paragonata ad un’altra sanzione per analoghi addebiti che la Parthenope aveva comminato a Sanguigni il 25 gennaio 2013 e che era stata annullata dal Tar Campania undici mesi più tardi. Quanto è bastato, tuttavia, per indurre il professore ad un secondo ricorso, finalizzat­o stavolta ad ottenere dai giudici amministra­tivi la cancellazi­one anche del provvedime­nto di censura. Questa volta, però, il Tar gli ha dato torto. L’entità della sanzione, argomentan­o tra l’altro le toghe amministra­tive, è proporzion­ale alla colpa semplice e non grave che, secondo i giudici di Appello della Corte dei Conti, ha caratteriz­zato il comportame­nto del docente. Sanguigni, che intanto dovrà pagare 3000 euro di spese di lite alla sua Università, potrà ricorrere al Consiglio di Stato per chiedere la riforma della sentenza e la cancellazi­one della censura.

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