Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Parthenope, prof censurato per consulenze Nuovi ricorsi
La censura è certamente la meno grave tra le sanzioni che una Università può irrogare ad un professore di ruolo. Alla Parthenope, però, in merito a questa sanzione è in corso da 4 anni una disfida che contrappone i vertici dell’ateneo al professore Vincenzo Sanguigni, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese e titolare di uno studio di consulenza aziendale e tributaria. Antefatto è una inchiesta della Corte dei Conti che ha coinvolto una decina di docenti, accusati di avere assunto incarichi extrauniversitari senza avere chiesto la necessaria autorizzazione al loro ateneo. Sanguigni era tra questi. In Appello nel 2017 era stato prosciolto perché la sua condotta, secondo i magistrati contabili, si era caratterizzata per «colpa semplice e non grave». Scrivevano: «La posizione particolare del professore Sanguigni ha risentito del comportamento ondivago e certamente non lineare tenuto dall’Università che ha contribuito, da un lato, a creare incertezza intorno allo status effettivamente rivestito dall’odierno appellante e, dall’altro, a generare una sorta di legittimo affidamento del docente sulla vincolatività dell’opzione manifestata per il tempo definito in data 30 ottobre 2004 e sulla propria legittimazione a svolgere l’attività professionale di dottore commercialista». Nel 2016, però, l’ateneo aveva già avviato un’azione disciplinare nei confronti del suo docente ed il collegio di disciplina, che era composto dai professori Marco Esposito ed Ugo Grassi – quest’ultimo poi eletto in Senato con i 5Stelle e da alcuni mesi transitato nella Lega – si era pronunciato per l’irrogazione della pena della censura. Poca cosa, se paragonata ad un’altra sanzione per analoghi addebiti che la Parthenope aveva comminato a Sanguigni il 25 gennaio 2013 e che era stata annullata dal Tar Campania undici mesi più tardi. Quanto è bastato, tuttavia, per indurre il professore ad un secondo ricorso, finalizzato stavolta ad ottenere dai giudici amministrativi la cancellazione anche del provvedimento di censura. Questa volta, però, il Tar gli ha dato torto. L’entità della sanzione, argomentano tra l’altro le toghe amministrative, è proporzionale alla colpa semplice e non grave che, secondo i giudici di Appello della Corte dei Conti, ha caratterizzato il comportamento del docente. Sanguigni, che intanto dovrà pagare 3000 euro di spese di lite alla sua Università, potrà ricorrere al Consiglio di Stato per chiedere la riforma della sentenza e la cancellazione della censura.