Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Addio a Bianchino, nocchiere dei molti vip Da Bardot a Churchill
Ricordato a Capri Antonio Gargiulo
Era stata una notte ventosa, all’alba il libeccio ancora soffiava forte, le onde alzavano corolle di spuma intorno allo Scoglio delle Sirene, alla Marina Piccola di Capri. Schizzi salmastri arrivavano sino al terrazzo di casa mia, che affaccia proprio lì, tra l’approdo di Ulisse e la piccola spiaggia pietrosa.
Uscito su quel mio piccolo belvedere al richiamo dello spettacolo della natura che si ribella alla quiete dell’estate, mi apparve in primo piano uno di quegli orribili cabinati di plastica a forma di ferro da stiro che attaccato di prora alla tenue cima di un’àncora mal calata scarrozzava paurosamente verso gli speroni aguzzi dello Scoglio. Non si scorgeva nessuno a bordo, l’incauto che c’era forse se la dormiva sottocoperta, malgrado l’altalena delle onde sballottasse lui e lo scafo. Ed ecco che a riva qualcuno arma remi un minuscolo barchino, che più piccolo è difficile immaginare, vi salta dentro e cavalca le onde, spinge, arretra, si avvicina alla fiancata del battello e comincia a batterla col manico del remo, urlando «pericolo!», «allarme!» mentre i rostri di roccia erano ormai a una bracciata. Finché un Tizio dal volto stravolto fece capolino sul ponte, afferrò i comandi, mise in moto e d’un balzo il ferro da stiro si allontanò di quel tanto che bastava a non incagliarsi. Ma l’àncora che aveva fatto cilecca ora resisteva, il Tizio s’impappinava tra marcia avanti e marcia indietro, mentre le onde sollevavano e abbassavano l’orribile imbarcazione. Ed ecco di nuovo l’uomo in equilibrio sul suo guscio di noce, governato dall’abile postura delle gambe e dei piedi sul pagliolo, afferrare la cima con la sinistra e tagliarla d’un sol colpo con un coltello impugnato nella destra. «Jate a ghi’ fora», urlò, «e l’onne pigliatele ‘e mascone!» (“andate al largo e affrontate le onde con la parte della fiancata più vicina alla prua”).
Ill natante liberato imballò il motore e via verso i Faraglioni accompagnato dal rumore convulso dei colpi di mare sulla carena. A riva non c’era nessuno, accolsi dal terrazzo con un applauso l’uomo che da solo tirava a secco il barchino: «Ma almeno vi ha ringraziato?», chiesi. Mi rispose con un’alzata di spalle e un gesto per significare che il Tizio era sbronzo. Era fatto così Antonio Gargiulo, detto Bianchino, storico marinaio della Marina Piccola, scomparso nel silenzio deldi
l’emergenza anti-Covid e che soltanto nel trigesimo ha ricevuto il conforto postumo del saluto dei parenti e di una messa in suffragio. Bianchino fu personaggio assai in vista negli anni in cui l’Italia tutta viveva la sua miracolosa rinascita e Capri era al centro della dolce vita internazionale. D’estate smetteva di andare a pesca con i suoi colleghi della spiaggia, il gruppo dei fratelli Lembo capitanati dal primogenito Capa Janca — nomignolo che ha fatto da scudo perenne al vero nome di battesimo — per mettersi al timone del suo Riva, un gioiello di motoscafo in mogano che nessun altro marinaio dell’Isola possedeva, con cui portare in gita solo clienti vip. Vestiva sempre di bianco – di qui il soprannome – dai pantaloni lunghi o corti, alla camicia o la polo e precocemente incanutite erano le tempie e poi i capelli tutti, pettinati a spazzola, come Curzio Malaparte, suo cliente ed amico.
Oltre che un bell’uomo era molto elegante e questo lo rendeva una eccezione tra quanti facevano il suo mestiere. I lussuosi yacht che ancoravano in rada lasciavano agganciati i loro tender, per servirsi di Bianchino e del suo Riva per sbarcare i loro passeggeri. E così il Nostro ebbe a bordo Soraya e la Callas, la Bardot e la Kennedy Onassis e Faruk e persino Churchill e la principessa Margaret. Ma di questi e degli altri vip mai si era vantato, a lui piaceva piuttosto raccontare storie di mare, perché di salvataggi non aveva fatto soltanto quello di cui ero stato spettatore, togliere dai guai i diportisti della domenica era una sua specialità. Col cambio di marcia della società e del modo di vivere le vacanze, Bianchino aveva sostituto il Riva con un lancione lento e da molti posti, chiamato “Scirocco”, ma il turismo di massa non era per lui.
Si era ritirato a coltivare carciofi nel suo orto («Non sono un marinaio, sono un contadino», amava schermirsi) ma puntuale scendeva all’ora giusta alla spiaggia per fare da mozzo di terra ai discendenti di Capa Janca e aiutarli malgrado l’età e il malanno che l’affliggeva a tirare a secco le barche da noleggio. Con lui è uscito di scena — scusate la retorica, ma è così — un personaggio niente affatto minore di quello straordinario palcoscenico che Capri è stata, che ha affascinato il mondo e che oggi si racconta nei libri o si rivive nei ricordi di qualche maturo superstite.