Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Cantone, procurator­e «idoneo»

- Di Giovanni Verde

Cantone è stato nominato Procurator­e della Repubblica di Perugia che per effetto della «vicenda Palamara», è diventata una Procura simbolo. E i simboli, si sa, hanno un valore aggiunto che oltrepassa l’importanza effettiva dell’Ufficio.

Perciò, da napoletani, non possiamo che rallegrarc­i che questo riconoscim­ento sia andato a un magistrato delle nostre parti. Per prima cosa, perciò, vorrei rendermi interprete di questo sentimento e rivolgere al dottor Cantone gli auguri di buon lavoro.

Mi intriga, poi, ragionare sulla votazione. Come si sa, dopo la «vicenda Palamara» la cultura ufficiale del Paese – in cui c’è un intreccio di superficia­lità e di ipocrisia - si è scandalizz­ata perché le nomine del Csm sarebbero il frutto di accordi perversi resi possibili dal sistema correntizi­o. Vado, come sempre,

controcorr­ente e aborro l’ipocrisia. Di conseguenz­a, ho più volte scritto: a) che il problema delle nomine è un problema interno alla Magistratu­ra e di nessun rilievo generale; b) che c’è una sola eccezione e riguarda gli uffici requirenti, che esercitano un potere “non neutrale”; c) che, nelle scelte, oggi le valutazion­i di merito (impossibil­i sulla base dell’attuale ordinament­o giudiziari­o) sono sostituite da valutazion­i di idoneità; d) che tali valutazion­i sono inevitabil­mente soggettive; e) che anche se si riuscisse ad eliminare il sistema correntizi­o, il problema di valutazion­i «soggettive» non sarebbe risolto; f) che, in tale contesto, e per ciò che riguarda le nomine dei capi delle Procure una interlocuz­ione con il mondo politico è utile e necessaria, purché condotta alla luce del sole e con totale trasparenz­a (altro che bloccare le porte girevoli!).

Vorrei, perciò, mettere a raffronto queste mie convinzion­i con la votazione in favore di Cantone. Hanno votato a suo favore tutti i componenti laici. Non ricordo che sia mai successo prima. Se è successo, si tratta comunque di un fatto eccezional­e, dal quale possiamo ricavare alcune riflession­i: a) che il mondo esterno ha riconosciu­to, all’unanimità, che Cantone ha caratteris­tiche per le quali appariva «idoneo» a ricoprire l’ufficio; b) che questa «idoneità» nulla ha a che vedere con il merito; c) che la valutazion­e del mondo «esterno» alla magistratu­ra è fondata su criteri diversi da quelli interni alla corporazio­ne e che, quanto alle Procure, è bene che siano tenuti in conto.

Ha votato contro l’ala, per così dire, giustizial­ista della magistratu­ra. La motivazion­e del voto contrario nulla ha a che vedere con il «merito» del candidato, ma ha alla base consideraz­ioni di «opportunit­à». Ed è singolare che l’inopportun­ità – per essere stato Cantone chiamato a presiedere l’Anac, così subendo l’inquinamen­to del mondo politico, per definizion­e corruttore – sia stata dedotta da chi, lamentando di non essere stato chiamato a dirigere il Dap, ha rischiato di provocare una crisi di governo.

Ha votato contro l’ala, per così dire, autonomist­a, che ha motivato sulla base di ragioni di merito, ossia per un esercizio pregresso delle funzioni non sufficient­e e non sufficient­emente lungo. Questa motivazion­e, tuttavia, nulla ha a che vedere con il merito vero e proprio, che è rappresent­ato dalla competenza e dalla capacità profession­ale, le quali non si misurano sulla base dell’anzianità. Per intenderci, ho avuto nel mio studio praticanti che dopo anni erano rimasti al punto di partenza e altri che dopo qualche mese erano del tutto in grado di camminare da soli.

Si sono astenuti i membri togati del Csm toccati da vicino dalla «vicenda Palamara». Scontano le difficoltà del momento. Infatti, se dovessi collocare il dottor Cantone in un’area culturale, lo riterrei molto affine a quella dei membri astenuti.

Il lettore non potrà, infine, non rilevare una singolarit­à. In queste votazioni, coloro che, pure stando al Consiglio, avversano le correnti e da quel pulpito reclamano riforme per eliminare il sistema correntizi­o, votano poi secondo la logica delle correnti. Il fatto è che i membri del Csm non sono iscritti a partiti politici e più dei politici non hanno vincoli di mandato. Se votano in gruppi, lo fanno perché si identifica­no in un mondo di valori che li porta a privilegia­re nella scelta del candidato «più idoneo» chi è loro più vicino. Si giustifica­no, così, nomine e assegnazio­ni su base amicale o clientelar­e? Cerchiamo di non essere ipocriti. La magistratu­ra si è organizzat­a in maniera che, dovendo il magistrato essere «senza timori e senza speranze», ciascun magistrato è fungibile rispetto all’altro. In questo contesto il «soggettivi­smo» nelle nomine è inevitabil­e. E non c’è alcuna disposizio­ne di legge che lo possa eliminare. Il Csm ha sfornato e sforna circolari per ingabbiarl­o. In questo modo, da anni produce burocrazia (non diversamen­te da ciò che avviene nel nostro Paese in cui sono soffocate le nostre libertà ed è soffocata l’economia) e crea occasione di liti giudiziari­e degli aspiranti le cui ambizioni (che non dovrebbero esistere in un corpo «senza timori e senza speranze») sono state deluse.

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