Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cantone, procuratore «idoneo»
Cantone è stato nominato Procuratore della Repubblica di Perugia che per effetto della «vicenda Palamara», è diventata una Procura simbolo. E i simboli, si sa, hanno un valore aggiunto che oltrepassa l’importanza effettiva dell’Ufficio.
Perciò, da napoletani, non possiamo che rallegrarci che questo riconoscimento sia andato a un magistrato delle nostre parti. Per prima cosa, perciò, vorrei rendermi interprete di questo sentimento e rivolgere al dottor Cantone gli auguri di buon lavoro.
Mi intriga, poi, ragionare sulla votazione. Come si sa, dopo la «vicenda Palamara» la cultura ufficiale del Paese – in cui c’è un intreccio di superficialità e di ipocrisia - si è scandalizzata perché le nomine del Csm sarebbero il frutto di accordi perversi resi possibili dal sistema correntizio. Vado, come sempre,
controcorrente e aborro l’ipocrisia. Di conseguenza, ho più volte scritto: a) che il problema delle nomine è un problema interno alla Magistratura e di nessun rilievo generale; b) che c’è una sola eccezione e riguarda gli uffici requirenti, che esercitano un potere “non neutrale”; c) che, nelle scelte, oggi le valutazioni di merito (impossibili sulla base dell’attuale ordinamento giudiziario) sono sostituite da valutazioni di idoneità; d) che tali valutazioni sono inevitabilmente soggettive; e) che anche se si riuscisse ad eliminare il sistema correntizio, il problema di valutazioni «soggettive» non sarebbe risolto; f) che, in tale contesto, e per ciò che riguarda le nomine dei capi delle Procure una interlocuzione con il mondo politico è utile e necessaria, purché condotta alla luce del sole e con totale trasparenza (altro che bloccare le porte girevoli!).
Vorrei, perciò, mettere a raffronto queste mie convinzioni con la votazione in favore di Cantone. Hanno votato a suo favore tutti i componenti laici. Non ricordo che sia mai successo prima. Se è successo, si tratta comunque di un fatto eccezionale, dal quale possiamo ricavare alcune riflessioni: a) che il mondo esterno ha riconosciuto, all’unanimità, che Cantone ha caratteristiche per le quali appariva «idoneo» a ricoprire l’ufficio; b) che questa «idoneità» nulla ha a che vedere con il merito; c) che la valutazione del mondo «esterno» alla magistratura è fondata su criteri diversi da quelli interni alla corporazione e che, quanto alle Procure, è bene che siano tenuti in conto.
Ha votato contro l’ala, per così dire, giustizialista della magistratura. La motivazione del voto contrario nulla ha a che vedere con il «merito» del candidato, ma ha alla base considerazioni di «opportunità». Ed è singolare che l’inopportunità – per essere stato Cantone chiamato a presiedere l’Anac, così subendo l’inquinamento del mondo politico, per definizione corruttore – sia stata dedotta da chi, lamentando di non essere stato chiamato a dirigere il Dap, ha rischiato di provocare una crisi di governo.
Ha votato contro l’ala, per così dire, autonomista, che ha motivato sulla base di ragioni di merito, ossia per un esercizio pregresso delle funzioni non sufficiente e non sufficientemente lungo. Questa motivazione, tuttavia, nulla ha a che vedere con il merito vero e proprio, che è rappresentato dalla competenza e dalla capacità professionale, le quali non si misurano sulla base dell’anzianità. Per intenderci, ho avuto nel mio studio praticanti che dopo anni erano rimasti al punto di partenza e altri che dopo qualche mese erano del tutto in grado di camminare da soli.
Si sono astenuti i membri togati del Csm toccati da vicino dalla «vicenda Palamara». Scontano le difficoltà del momento. Infatti, se dovessi collocare il dottor Cantone in un’area culturale, lo riterrei molto affine a quella dei membri astenuti.
Il lettore non potrà, infine, non rilevare una singolarità. In queste votazioni, coloro che, pure stando al Consiglio, avversano le correnti e da quel pulpito reclamano riforme per eliminare il sistema correntizio, votano poi secondo la logica delle correnti. Il fatto è che i membri del Csm non sono iscritti a partiti politici e più dei politici non hanno vincoli di mandato. Se votano in gruppi, lo fanno perché si identificano in un mondo di valori che li porta a privilegiare nella scelta del candidato «più idoneo» chi è loro più vicino. Si giustificano, così, nomine e assegnazioni su base amicale o clientelare? Cerchiamo di non essere ipocriti. La magistratura si è organizzata in maniera che, dovendo il magistrato essere «senza timori e senza speranze», ciascun magistrato è fungibile rispetto all’altro. In questo contesto il «soggettivismo» nelle nomine è inevitabile. E non c’è alcuna disposizione di legge che lo possa eliminare. Il Csm ha sfornato e sforna circolari per ingabbiarlo. In questo modo, da anni produce burocrazia (non diversamente da ciò che avviene nel nostro Paese in cui sono soffocate le nostre libertà ed è soffocata l’economia) e crea occasione di liti giudiziarie degli aspiranti le cui ambizioni (che non dovrebbero esistere in un corpo «senza timori e senza speranze») sono state deluse.