Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Due ricercatori salernitani «padri» della lampadina che inattiva il coronavirus
Ela luce ammazza-Covid fu. Potente e disinfettante. Pronta a battere sul tempo, come sistema di difesa dall’aggressione del contagio, il tanto agognato vaccino. I primi a restare «trasecolati» per l’esito del test più che favorevole sono stati proprio Rosario Valles e Carmelo Cartiere, i due ricercatori salernitani che tre anni fa hanno inventato il dispositivo illuminante di sanificazione, brevettato e unico al mondo. La loro azienda, la Nextsense di Battipaglia, è citata nel comunicato stampa diramato ieri dal Ministero della Difesa.
Ma perché proprio il ministero di Palazzo Baracchini? Ce lo spiega lo stesso Valles: «Alcuni mesi fa, prima che scoppiasse la pandemia, mettemmo a disposizione del Dipartimento Scientifico del Policlinico Militare di Roma alcuni nostri dispositivi, come le lampadine battericide Biovitae, per farli testare contro la febbre gialla. In precedenza avevamo cominciato a lavorare anche su un virus presente sugli animali, per poterlo debellare».
La luce emessa dalla lampadina, di colore bianco naturale, mentre è letale per i microrganismi,agendo su determinate molecole (porfirine), è sicura per l’uomo e i mammiferi, non agisce sul Dna e consentirebbe una sanificazione degli ambienti in maniera continua nel tempo. Già tre anni fa, quando il Corriere del Mezzogiorno se ne occupò, la lampadina ammazza-virus fu riconosciuta come dispositivo medico di classe prima, disponibile nella forma più comune, con l’attacco a vite E27, installabile su tutti i sistemi di illuminazione senza alcun bisogno di modifica.
Nessuno però avrebbe potuto mai immaginare che oggi quell’invenzione sarebbe tornata più che utile nella lotta contro il coronavirus. «È stata una grande sorpresa - riconosce Valles - apprendere che la Biovitae ha superato brillantemente l’esame. Secondo le prime evidenze scientifiche portate a termine nei laboratori del Dipartimento, come anche è scritto nella nota del ministero, la luce Biovitae in 60 minuti inattiverebbe del 99,8% la presenza del virus SarsCov2 in condizioni sperimentali. È
una cosa più grande di noi, ci lusinga e ci emoziona. Noi siamo una piccola start up, siamo solo in dieci e adesso sentiamo tutto il peso e la responsabilità di questo momento».
In calce ai risultati pubblicati in lingua inglese tra le altre firme ce n’è una ben nota al pubblico televisivo, quella del professore Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione presso il Ministero della Salute, dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità ed epidemiologo. Un vero e proprio «battesimo» per i due ricercatori che tre anni fa si lamentavano dei tempi troppo lenti della burocrazia.
«I test attualmente in corso su questo dispositivo a favore della salute pubblica, in collaborazione con l’azienda Nextsense - continua il comunicato del ministero della Difesa assumono particolare importanza considerata la necessità di controllare la diffusione del virus sterilizzando e sanificando gli ambienti. Trattandosi di una luce «visibile» (all’apparenza normali lampade a led) piò essere collocata in qualsiasi luogo rendendo più immediato l’utilizzo di questa tecnologia negli spazi in cui è installata».
E adesso cosa succederà? Il primo step è lo stesso ministero a comunicarlo: «attualmente sono in corso i successivi e necessari test di conferma e ulteriori prove verranno condotte nell’ambito di uno studio multicentrico che coinvolgerà laboratori italiani ed europei, tra i quali i laboratori militari di Germania e Svezia, sotto il coordinamento del Dipartimento Scientifico del Policlinico Militare di Roma». Altra inevitabile domanda: ma le lampadine sono già disponibili? E quanto costano?
«Non sono ancora sul mercato risponde Valles - ma il prezzo non dovrebbe superare i trento euro per quelle standard, di uso domestico. Per tutti gli altri dispositivi medici che invece saranno destinati agli ospedali o alle residenze per anziani il costo si aggirerà sui cinquecento euro ».
L’ultima considerazione risale al 2017 e letta oggi ha il triste sapore del presagio: «C’è un’emergenza ormai planetaria - affermò allora Valles - i batteri sono diventati farmaco resistenti e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha previsto che, se non si corre ai ripari con un’efficace piano di prevenzione, dal 2050 si avranno nel mondo 10 milioni di vittime all’anno per infezioni». Da qui partì l’idea della luce ammazza-batteri e ora anche virus. Anzi, si accese una lampadina.