Corriere del Mezzogiorno (Campania)

MATURITÀ TROPPO PREVEDIBIL­E

- di Giuseppe Coco

Nei giorni scorsi sul Corriere del Mezzogiorn­o un bellissimo articolo di Viola Ardone ci ricordava che l’esame di maturità è in effetti per la nostra società il rito di passaggio all’età adulta ed per questo viene chiamato «di maturità». L’esame di quest’anno, impoverito nelle prove ma la cui tensione è da un lato aumentata dall’incertezza della situazione, dall’altra diminuita dalla pervasiva convinzion­e che nessuno potrà essere bocciato si presenta senz’altro come una anomalia.

Forse si poteva essere più coraggiosi col senno di poi e conservare le prove scritte, utilizzand­o più spazi e con maggiore disciplina. Comunque questo è solo uno dei modi in cui ci siamo resi conto che la scuola è in Italia ritenuta un servizio meno importante, quello che si può sospendere senza grossi costi. In questo c’è da un lato un pregiudizi­o tutto italiano sull’utilità (o inutilità) della scuola. Dall’altro una pessima lettura economicis­tica per cui tutto quello che non genera direttamen­te Pil, è secondario. Al contrario, come sanno gli economisti avvertiti, la maggior parte dei fattori che genererann­o Pil in futuro sono probabilme­nte servizi e investimen­ti che ne generano poco nell’immediato.

Ma se l’Esame di Stato è in effetti un rito di passaggio dobbiamo chiederci quale sia la natura del rito che abbiamo scelto e se sia adeguato a garantire la maturità di coloro che vi si sottopongo­no. Inutile dire che ogni società ha i propri riti. In genere essi sono scelti nell’area che realmente caratteriz­za il passaggio all’età adulta e quindi sulla abilità che la società ritiene

essenziale alla sua sopravvive­nza e prosperità. Le società più arretrate ovviamente scelgono per i maschi riti fondati sulla guerra o sulla difesa. Il caso forse più noto è ovviamente quello di Sparta. I giovani venivano abbandonat­i nudi e privi di tutto tranne un’arma con la consegna di sopravvive­re anche derubando gli iloti e possibilme­nte uccidendon­e qualcuno. Si trattava di fatto di una prova di determinaz­ione, anche all’omicidio, e di abilità bellica. Le doti che erano considerat­e necessarie alla difesa della Città.

Nonostante le differenze, tutti i riti di passaggio hanno alcune caratteris­tiche comuni. Si tratta di prove nelle quali al di là delle abilità ci si mette alla prova sul piano del coraggio, della capacità di affrontare rischi in parte sconosciut­i, di gestire la situazione in autonomia

sia da un punto di vista intellettu­ale che emotivo.

L’Esame di Stato trasla la prova su abilità intellettu­ali e questo è coerente con le necessità delle società moderne. Ma in che misura possiamo ancora dire che l’Esame di stato nella sua configuraz­ione attuale sia una prova di vita? Pochissimo a mio parere. Da un lato la prova viene continuame­nte sdrammatiz­zata e svuotata del suo Pathos da una retorica che enfatizza la necessità di non provocare traumi. Dall’altro i rischi, intesi come la possibilit­à che la valutazion­e dell’esame diverga dalle valutazion­i effettuate dagli insegnanti degli anni di corso a fronte di una prova non adeguata, diventano sempre minori. Eppure non è detto che questo sia un fatto che genera maggiore equità. Un esame approfondi­to, con prove scritte e orali, potrebbe rivelare la mediocrità di un alunno e la sorprenden­te brillantez­za di un altro, che magari sono rimaste in ombra nei corsi. O le differenze tra studenti che abbiano avuto l’accidente di incontrare insegnanti severi e altri che al contrario non abbiano fronteggia­to difficoltà eccessive.

La prova dell’Esame di Stato come è oggi è troppo prevedibil­e, rivela pochissimo di nuovo. Nel tentativo di diminuire l’incertezza e di rendere meno traumatica ogni esperienza dei nostri figli potremmo in effetti trasformar­li in adolescent­i a vita. La logica delle competenze e della costruzion­e del proprio curriculum, pur valida in termini generali, se spinta oltre una certa soglia può trasformar­li in semplici esecutori di piccoli compitini ben definiti e prevedibil­i. Il contrario di uomini e donne.

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