Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Salute, se conta più il Cap del Dna
Igeni e i fattori biologici rappresentano solo il 2030 per cento della salute di una persona. Il resto è determinato da una serie di fattori sociali e comportamentali, che possono teoricamente essere cambiati dagli individui e dalle istituzioni che li servono. In altri termini, il codice postale (cap) di una persona è più importante del suo codice genetico (dna) quando si tratta di salute e longevità. Secondo quanto elaborato dall’Istituto per la Salute della Popolazione dell’Università del Wisconsin (Usa), l’aspettativa di vita degli americani sarebbe condizionata per un 10 per cento dall’ambiente (qualità dell’aria, dell’acqua e dell’abitazione), per un 20 per cento dal sistema sanitario (accesso e qualità delle cure mediche), per un 30 per cento dai comportamenti individuali (usi di alcol, droghe, dieta, esercizio, attività sessuale) e per un 40 per cento da fattori sociali ed economici (educazione, lavoro, reddito, supporto sociale e familiare, sicurezza nella comunità).
Il potere di questi fattori sociali e comportamentali è enorme rispetto al potere dell’assistenza sanitaria di contrastarli. La «mappa della metropolitana» dell’aspettativa di vita è una metafora calzante e immediata per la durata prevista della vita delle persone che risiedono nelle vicinanze di una fermata della metro. A New York City, dal centro di Manhattan al South Bronx, in tutto venti minuti di percorso, l’aspettativa di vita diminuisce di 10 anni: 6 mesi per ogni minuto in metropolitana. Tra il
Chicago Loop (centro storico della zona finanziaria) e il lato ovest della città, la differenza di aspettativa di vita è di 16 anni. Chicago detiene il più grande divario di aspettativa di vita, secondo una nuova analisi delle più grandi 500 città degli Stati Uniti elaborata dalla Scuola di Medicina dell’Università di New York: i residenti nella comunità di Streetervill, per esempio, vivono per 90 anni, ma a soli 9 miglia di distanza a Englewood, i residenti vivono solo per 60 anni. Queste enormi differenze di aspettativa di vita si verificano più frequentemente nelle città che hanno livelli più elevati di segregazione razziale ed etnica. Gli Stati Uniti rappresentano il paese dei contrasti esagerati: a fronte di un’élite plurimilionaria, si contano 40 milioni di persone che hanno fame, quasi 600000 senzatetto, 2,3 milioni in carceri e prigioni con servizi sanitari minimi (il 70 per cento dei quali soffre di malattie mentali o abuso di sostanze), 40 milioni in condizioni di povertà e anziani (40 per cento) in solitudine.
La metafora della metropolitana è operativa anche al di qua dell’oceano atlantico. A Londra, nella zona di Oxford Circus si registra la più alta aspettativa di vita tra i residenti (96 anni), per scendere intorno ai 79 anni in quartieri meno agiati. Le tendenze sono correlate principalmente con la ricchezza.
A un alieno apparirebbe illogico il modo di comportarsi dell’uomo per la salvaguardia della propria vitalità e longevità. Nelle nazioni benestanti, tra cui l’Italia (speriamo sia ancora così), la scienza individua le cause sociali come maggiori determinanti per la salute, ma la maggior parte delle risorse messe in campo trascurano queste cause. A fronte di vaste e costose officine di riparazione (centri medici e servizi di emergenza) sono disponibili strutture minime per la prevenzione. Alcuni sostengono che il lavoro dei medici dovrebbe rimanere concentrato sul tradizionale: prendersi cura delle malattie. Altri (noi tra loro) ritengono che sia importante e appropriato espandere il ruolo dei medici e delle organizzazioni sanitarie nel propagandare la cause sociali e comportamentali della salute, sostenendo una riforma della società in tal senso. Essendo i fattori sociali ed economici così importanti per la longevità, dovrebbero essere ormai considerati determinanti morali della salute, che includono un forte senso di solidarietà sociale. Anche Papa Francesco parla di solidarietà sociale, specialmente in questi giorni del contagio che stanno mettendo in ginocchio economico interi paesi, ma soprattutto la popolazione più vulnerabile.
Parafrasando quanto detto da Santa Teresa di Calcutta nell’atto di ricevere il Nobel per la Pace (1979), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha decretato che la povertà, in tutti i suoi aspetti, è di per sé una malattia. A questo punto, la nota locuzione latina «senectus ipsa est morbus» (la vecchiaia è per sé una malattia) dello scrittore latino P. Terenzio Afro nella commedia Phormio (160 a. C.), potrebbe essere cambiata nella più attuale locuzione «paupertas ipsa est morbus» (la povertà è di per sé una malattia), anche considerando la quantità di persone che raggiungono oggi in Italia un invecchiamento di successo.
Metropolitana
La durata prevista della vita varia in base alla vicinanza a una delle fermate