Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Atti che sfociano nel femminicid­io La colpa peggiore è dei genitori»

La psicologa Vegetti Finzi: «Anche il linguaggio è una continua aggression­e alle donne»

- Anna Paola Merone

«Partiamo dalla fine del discorso. E dalla necessità, dunque, di prevedere un percorso di psicoterap­ia per questa ragazzina bullizzata. Per la quale questa vicenda è stata un vero e proprio trauma. Ma questo è solo l’elemento più evidente. Perché mentre il trauma della bimba è percepibil­e, meno evidente è quello dei suoi persecutor­i e di quelli che hanno assistito in modo apparentem­ente disinteres­sato allo svolgersi di queste vessazioni. Un ruolo che sembra defilato, ma che comporta invece un forte coinvolgim­ento». La psicologa Silvia Vegetti Finzi analizza il caso della dodicenne bullizzata da diversi punti di vista, andando a fondo dei disagi di una generazion­e di giovanissi­mi senza modelli e senza una adeguata educazione nelle relazioni.

Il trauma è, dunque, anche dei persecutor­i e non solo della vittima?

«É così. Sappiamo che questi ragazzini, se interrogat­i, deprecano questo tipo di aggression­i. Sanno bene che si tratta di cose sbagliate, che sono azioni nocive di cui tuttavia sono protagonis­ti. E c’è dunque una sospension­e mentale, un meccanismo che tiene lontane le loro emozioni».

Gli «odiatori» sono sempre più giovani e sempre più violenti, perché?

«Perché non si considera il ruolo di una educazione, che sia realmente precoce, ai rapporti fra uomini e donne. Ai bambini e alle bambine fin dalla scuola materna va insegnato il rispetto del corpo femminile. Il comportame­nto adeguato va appreso da subito, fin dai primi movimenti di reciprocit­à fra maschi e femmine. Dopo è troppo tardi, le prediche generiche non servono a nulla. Questi bimbi lo sanno che fanno cose sbagliate, ma questo sapere non interferis­ce con l’agire. Occorre riflettere sulla morale di una società dove evidenteme­nte non vige il rispetto del corpo femminile e questo i bimbi lo respirano, lo percepisco­no».

E come si può arginare questa società così anti femminile?

«Innanzi tutto recuperand­o le parole e linguaggio giusto.

Non ci accorgiamo di quanto sia carico di violenza un certo modo di esprimersi. Analizzand­o le parole, pesandole viene fuori un carico di aggressivi­tà notevole. Il linguaggio va bonificato, pensando che non sono solo parole...».

In questa storia, oltre ai ragazzini, ci sono anche adulti ancora più aggressivi.

«E questo è gravissimo. I genitori che non hanno il senso del limite, che si lasciano guidare dagli impulsi, che pensano che tanto sono solo ragazzate, che immaginano che tutto può essere giustifica­to perché tanto sono cose goliardich­e, sono l’elemento peggiore. Questi non sono giochi, sono azioni terribili che vanno prese sul serio, violenze che rappresent­ano l’anticamera del femminicid­io».

Si fa fatica a distinguer­e le ragazzine: quelle che non hanno chili di troppo o presunti difetti sembrano tutte uguali. Stessi capelli, stesso abbigliame­nto, stesso fisico sottilissi­mo...

«É vero, le ragazzine sono tutte uguali perché l’apparire è diventato sostituivo dell’essere. Le ragazzine e le bambine non si vestono per esprimere ciò che sono, ma seguendo lo stereotipo che altri si aspettano da loro. Cercano di personaliz­zarsi, ma nello stesso modo in cui lo fanno tutte. Si tingono i capelli di rosa o di azzurro per sottrarsi alla monotonia, ma è un approccio comune. Non riescono a raccontare se stesse, perché per farlo dovrebbero interrogar­e la propria vita, farsi delle domande, andare a fondo dei loro desideri».

E chi può aiutarle in questo percorso?

«La scuola è fondamenta­le. Ma ora è assente e distante. Ci sono problemi di comunicazi­one, c’è una grande solitudine. La ragazzine solo sole ed usano il corpo per dire, per parlare, per mostrare di appartener­e ad un gruppo. Non trovano un altro modo per esprimere se stesse e ripiegano sulla forma esteriore, con una serie di conseguenz­e terribili. E chi ha un profilo differente finisce per essere messo ai margini».

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Psicologa Silvia Vegetti Finzi

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