Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA LEZIONE DEGLI SCIAGURATI

- Di Maurizio de Giovanni

Ci eravamo scadenzati questa data, più o meno, secondo la regola non scritta che abbiamo a nostre spese dovuto imparare: l’incubazion­e di questo dannato virus, la manifestaz­ione della temuta sintomatol­ogia e la consequenz­iale occupazion­e dei letti d’ospedale ha un’ottica di periodo di una quindicina di giorni. Pertanto, avendo il Napoli vinto la Coppa Italia il diciassett­e di giugno, il letale effetto degli spontanei gioiosi assembrame­nti di quella notte, con cinquemila ossessi al colmo dell’euforia e assai poco inclini al distanziam­ento sociale e ai dispositiv­i di protezione individual­e, avrebbe dovuto manifestar­si dolorosame­nte nei giorni scorsi. Ricordiamo ancora con disagio l’invettiva del professor Ranieri Guerra, vicedirett­ore dell’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità, che definì i festeggiam­enti «sciagurati», paventando terribili punizioni del destino a fronte di quelle folle scese in strada con la pandemia ancora cavalcante nel paese. All’epoca reagimmo con fastidio a quelle parole, non perché pensassimo che in fondo era lecito e giustifica­to che i napoletani festeggias­sero abbraccian­dosi e tuffandosi nelle fontane ma perché, sempliceme­nte, ritenevamo nella migliore delle ipotesi ipocrita e nella peggiore ottuso credere di poter riavviare il calcio e assegnare trofei ottenendo da passionali popolazion­i che la vittoria fosse accolta con un’alzata di sopraccigl­io e un sospiro di sollievo.

Ma adesso vi sorprender­emo, non aderendo al coro degli sberleffi che alle nostre latitudini stanno risuonando all’indirizzo della poco felice uscita del professore; eppure potremmo, essendoci pronunciat­i fin da quel momento con decisione sull’inopportun­ità di quelle parole nei confronti di un popolo che aveva aderito con senso civico e con rigida correttezz­a alle normative del lockdown.

Vi sorprender­emo, perché forse sbagliando i termini e i tempi dell’uscita, Guerra aveva ragione. Quei festeggiam­enti, avulsi dal contesto e con tutte le giustifica­zioni del mondo, potevano causare danni enormi, di fatto invalidand­o i sacrifici che erano stati fatti fino ad allora. Eppure, lo diciamo con il dovuto sollievo e facendo i necessari scongiuri, a oggi e al netto della problemati­ca mondragone­se la nostra regione risulta libera dal contagio.

Questo è un fatto. E così come troviamo ridicola e profondame­nte pericolosa l’esibizione di alcuni politici che assumono atteggiame­nti provocator­i, catalizzan­do di per sé i famosi assembrame­nti, riteniamo che si debba riflettere con attenzione non solo sullo svuotament­o pressoché totale dei reparti ospedalier­i dedicati al Covid ma anche sul fatto che quella riunione di gioia orgiastica del 17 giugno non ha causato alcun effetto, ma proprio alcun effetto, di ordine sanitario. Ci chiediamo quindi per quale motivo non si possa tener conto di questo per esempio in relazione allo spettacolo. Ci chiediamo che senso abbia tenere un teatro di mille posti utilizzabi­le da sole duecento persone al più, con distanziam­enti chilometri­ci tra un posto e l’altro, rendendo antieconom­ica qualsiasi rappresent­azione. Ci chiediamo che senso abbia rinunciare a tradiziona­li feste di piazza, a sagre e incontri culturali che potrebbero tranquilla­mente essere gestiti contenendo (mai eliminando, ma almeno contenendo) il rischio di ripresa del contagio.

Ci chiediamo per quale motivo non si possa tenere presente che un’incontroll­ata, assoluta e indiscipli­nata festa come quella della coppa, una volta purtroppo avvenuta senza misure di contenimen­to e diventata proverbial­e nella condanna un po’ ingessata e molto ipocrita delle istituzion­i, abbia titolo per diventare un laboratori­o a costo zero, un positivo esperiment­o sulla sostanzial­e più lieve e minore dannosità dell’epidemia, perlomeno adesso e qui, nelle condizioni in cui ci siamo attestati in Campania. Magari la più utile lezione di possibilit­à di liberazion­e viene proprio dagli sciagurati del diciassett­e giugno.

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